Hannibal

Hannibal: Bryan Fuller e l’Arte di uccidere

La seconda stagione di Hannibal ha segnato un punto di svolta considerevole.
Cosa è successo e cosa accadrà nella terza, imperdibile stagione?

Parlerò diffusamente dell’intera seconda stagione. Se non siete in pari, potrebbero esserci spoiler andando avanti con la lettura di questo articolo.

Devo dire che è davvero difficile per me scrivere qualcosa di vagamente sensato e soprattutto obiettivo su Hannibal, dal momento che è una delle serie TV che più ho amato e amo negli ultimi anni. Nonostante questo, cercherò di fare il punto della situazione, in attesa della terza stagione, in onda da questa sera su NBC.

DOVE SIAMO RIMASTI

hannibal s3Siamo rimasti al delirio e non è neanche un’esagerazione. Il finale di stagione dell’anno scorso è stato uno di quei finali da sconvolgimento emotivo e psicofisico. Ciò che era la prima scena del primo episodio di stagione si è rivelato la scena apicale del finale della stessa, un finale che era tanto scontato quanto assolutamente prevedibile, ma che lascia comunque il fiato sospeso. Abbiamo l’agente Crawford (Laurence Fishburne) ferito e sanguinante dopo la violenta colluttazione con Hannibal (Mads Mikkelsen), Alana Bloom (Caroline Dhavernas) in fin di vita, dopo essere stata scaraventata da una finestra, e infine ci sono Will (Hugh Dancy) e Abigail (Kacey Rohl) , agonizzanti sul pavimento della cucina di Hannibal. Ultimi ma non certamente per importanza, troviamo Hannibal e Bedelia Du Maurier (Gillian Anderson) su un aereo diretto in Europa. Un’ultima scena a metà dei credit finali in cui Bedelia si ritrova al fianco del suo paziente/analista/aguzzino. La domanda sorge spontanea: è mai stata una vittima di Hannibal? Lo è ancora?

Il fatto che la seconda stagione si sia conclusa con un finale così esplosivo da un lato mi entusiasma e dall’altro mi spaventa, perché finché Hannibal rimaneva il solito subdolo e organizzato omicida cannibale e nessuno (o quasi) sospettava di lui, c’era quasi un’armonia nel corso della serie, come se nulla potesse o dovesse cambiare. Ora, invece, temo un po’ il “salto dello squalo” che molto spesso inabissa e fa sprofondare anche serie TV di un certo livello. Però – c’è sempre un però – ripongo molta fiducia in Bryan Fuller e credo che saprà sfruttare al meglio questo cambio di location e di narrazione. La storia con Bedelia è una novità forse inaspettata ma che getterà le basi per l’evoluzione dell’intera storia. Come mi succede spesso con le serie che più amo, non riesco a immaginare i possibili avvenimenti per la stagione che andrà in onda stanotte ma, dal momento che non ho ancora avuto il piacere di leggere i libri di Thomas Harris per avere qualche possibile anticipazione, sono ugualmente entusiasmata al pensiero di cosa potrà riservare la terza stagione, a questo punto. Rimango, inoltre, in attesa di poter vedere le scene girate in Italia e sapere che cosa hanno preparato gli sceneggiatori per “omaggiare” le città europee come Firenze e Parigi.

 

L’ARTE DI UCCIDERE SULLO SCHERMO

Lo stile unico di Bryan Fuller in questa serie TV è una delle cose che più apprezzo: non è facile unire l’arte alla morte in maniera così affascinante. Ora, non prendetemi per una matta psicopatica, ma è innegabile che la sua fantasia macabra sia qualcosa di geniale. O ancora l’orribile fantasia cannibalistica di Hannibal, portata in scena in una maniera che dire elegante e sofisticata è dire davvero poco. Questo, poi, è un argomento ancora più complesso e affascinante. Il cibo ha una valenza fondamentale in Hannibal e non soltanto perché si parla di un cannibale, ma perché il cibo è il simbolo stesso di quel desiderio di riempire, non tanto di soddisfare un impulso ma di provare piacere, di onorare e di assimilare l’altro in un atto di elevazione spirituale. La simbologia dietro ai piatti preparati, mostrati e mangiati nella serie si dispiega su più livelli interpretativi, soprattutto nei momenti di “convivialità” tra i protagonisti, in cui sembra che l’uno debba nutrirsi dell’altro per completarsi. La seconda stagione è, di fatto, tutta rivolta a questa smania di conoscere l’altro e saperlo assimilare, dalle sue psicosi ai suoi pensieri più reconditi, fino alla fine, fino all’annientamento.

Come dice Fuller stesso:

Non ho mai separato l’orrore della morte dalla bellezza della vita.
Vanno di pari passo, c’è luce e stranezza ovunque.

Vita e morte, una dicotomia tanto spesso abusata ma che Fuller rappresenta splendidamente, immaginando l’atto di uccidere come una forma di espressione artistica. Sono rimasta affascinata dalle parole che ha usato il creatore di Hannibal in una recente intervista e ciò che colpisce è la sua straordinaria capacità di vedere oltre quello che vedono gli altri. Mads Mikkelsen ha detto:

La sua immaginazione va oltre ogni cosa mai vista. Il suo cervello lavora a un livello inimmaginabile e rende anche gli omicidi più efferati estremamente meravigliosi. È quasi come una composizione musicale, se paragonato a un film horror.

hannibal

Ciò che rende Bryan Fuller un maestro dell’estetica macabra in TV è la sua cura maniacale per i dettagli e il fatto che non lasci nulla al caso, il non accettare compromessi e la generale insoddisfazione che di solito è sinonimo di perfezionismo estremo. Questo aspetto, unito alle tematiche non facili per uno show broadcast, è più unico che raro, dal momento che finora ha avuto carta bianca per poter sconvolgere gli spettatori e rendere Hannibal a tutti gli effetti una delle serie TV più scioccanti e visivamente splendide degli ultimi anni. Forse può sembrare un’esagerazione, ma Hannibal per me è una poesia per gli occhi, nonostante non sia facile gestire alcune scene. Non soltanto a livello visivo ma anche psicologico. L’accuratezza e la bravura di ogni singolo attore rende poi anche le scene più orribili delle opere d’arte.

Voglio che le immagini sulle schermo evochino una risposta emotiva. Se sono bellissime, riescono ad arrivare di più allo spettatore, il quale poi si renderà conto: “È davvero una cosa orrenda quella che sto guardando, ma è così bella che capisco il punto di vista di quella creatura, dell’assassino o del cattivo.

Penso al ritrovamento di Beverly Katz, sezionata e messa in mostra come una riproduzione macroscopica di uno dei suoi vetrini da laboratorio, l’albero umano riempito di fiori e decorazioni meravigliose o ancora l’occhio di Dio, formato da corpi di uomini e donne di diverse tonalità di pelle. Tutto questo è meraviglioso e macabro allo stesso tempo e, se non altro, rende davvero l’idea di fin dove può spingersi la mente (distorta) umana nel pianificare omicidi di queste fattezze.

Cosa vi aspettate da questa terza stagione? Anche voi apprezzate l’estetica del macabro quanto me, nonostante sia terribile il solo pensiero? Qual è stata la morte che più vi è rimasta impressa delle due passate stagioni? Fatecelo sapere con un commento, in attesa dei sottotitoli della première, che arriveranno presto sulla home di ItaSA!

Fonte intervista: Vulture

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Edel Jungfrau

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Traduttrice/dialoghista per professione, blogger appassionata di makeup e serie TV. Più di ogni cosa, preferisco le serie drammatiche e i period drama: più sono cruente e sconvolgenti e più mi piacciono, ma datemi un manzo vichingo con la barba e farete di me una bimba felice. Blogger dal 2012, spietata correttorA di bozze dal 2014 e traduttrice dal 2015, amo Italiansubs come una seconda famiglia e odio in maniera viscerale la parola "disturbante". Non esiste, deal with it.
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