Curiosità

Westworld: i riferimenti letterari della prima stagione

La tanto attesa prima stagione di Westworld si è conclusa qualche giorno fa, districandosi tra una marea di intrecci, misteri, timeline e riferimenti letterari.

Westworld - promo

Contiene spoiler sulla prima stagione.

Westworld è stata certamente una delle serie più attese dell’autunno televisivo: le menti dietro al progetto, Jonathan Nolan e Lisa Joy alla scrittura insieme a J.J. Abrams alla produzione, avevano già fatto drizzare le antenne a critici TV e appassionati di serie televisive. Per non parlare del cast composto da nomi eccellenti (Anthony Hopkins, Ed Harris, Evan Rachel Wood, James Marsden) mescolati a nuove rivelazioni della TV come Thandie Newton e Jeffrey Wright. E, tra una sparatoria nel selvaggio west e una discussione sui forum elaborando teorie sui misteri del parco, il risultato è stato che la prima stagione di Westworld è stata la più vista di sempre su HBO. Se non altro una dimostrazione che forse c’è ancora vita sul network americano, dopo il fallimento di Vinyl e con alcuni show di punta (Game of Thrones, tra gli altri) che navigano verso una conclusione. Anche se gli standard a cui HBO ci aveva abituato in passato, anche recente, erano un tantino più alti rispetto a prodotti in grado di generare (solo?) discussioni infuocate sui forum dedicati e a solleticare lo spettatore con temi cari all’intelligenza artificiale. Ma meglio che niente.

Digressione a parte, parlare del successo o meno di Westworld non è lo scopo di questo articolo: magari troverete la serie in una delle top 10 di fine anno (brace yourselves!). Guardando lo show una delle cose caratteristiche che più ho apprezzato è stata la volontà, da parte degli sceneggiatori, di inserire tra un mistero e l’altro dei riferimenti alla letteratura più o meno diretti che hanno aggiunto una buona dose di poeticità a un mondo rigido e cinico fatto di circuiti neurali e sparatorie a sangue freddo. Ma non si stratta solo di citazioni provenienti dalla letteratura per se: l’immaginario a cui attinge Westworld spazia dai classici della lettura fino alla psicologia, passando per il teatro e, volendo spingerci ancora più lontano, anche alla musica contemporanea (di cui però non parlerò). Queste citazioni provenienti dalla letteratura andavano intesi come indizi per svelare la cronologia degli eventi della serie? Forse sì, magari no. Proviamo, quindi, a districarci in quest’altro labirinto.

IL TEATRO SHAKESPEARIANO

“These violent delights have violent ends” (Questi piaceri violenti finiscono in violenza). Queste parole vengono pronunciate da Peter Abernathy (Louis Herthum) nell’episodio pilota della serie e riprese successivamente da Bernard (Jeffrey Wright) nel season finale. L’opera di riferimento di queste parole è Romeo e Giulietta, tragedia scritta a fine ‘500 da William Shakespeare. La citazione si riferisce alla scena 5 del secondo atto della tragedia del drammaturgo inglese in cui Lawrence dice a Romeo che l’improvvisa passione che prova per Giulietta probabilmente finirà con la stessa velocità con cui è nata. Ovviamente questa frase in Westworld assume un significato nuovo grazie al contesto in cui è inserita. Il parco “dove tutto è concesso”, per citare il sottotitolo della versione italiana, è un luogo dove i visitatori hanno carta bianca e possono riversare tutti i loro istinti più feroci in grado di innescare delle spirali di violenza. All’inizio della stagione questa stessa frase sembra essere un virus per gli host, un corrispettivo della parola di attivazione per innescare comportamenti a seguito di un lavaggio del cervello: quando Dolores (Evan Rachel Wood) ascolta queste parole dal padre Peter Abernathy (Louis Herthum), improvvisamente sembra diventare autocosciente. La stessa cosa succede poi con Maeve (Thandie Newton) che ascolta le stesse parole da Dolores e inizia a ricordare frammenti delle passate storyline. Nel finale di stagione, invece, è Bernard a ripetere per ben due volte questa frase poco prima che Dolores spari sia a lui che al dottor Ford (Anthony Hopkins). Dolores man mano è diventata cosciente del fatto che possa ribellarsi ai suoi creatori, i quali fino ad ora hanno utilizzato gli host come carne da macello alla mercé dei visitatori del parco.

westworld abernathy 2

Romeo e Giulietta però non è l’unico testo di Shakespeare citato in Westworld e non a caso le altre citazioni provengono per la maggior parte dal personaggio di Peter Abernathy che in una precedente programmazione, una storyline denominata “The Dinner Party”, era stato “il Professore”, il leader di una setta di cannibali che amava citare Shakespeare, John Donne e Gertrude Stein (a questi ultimi due ci arrivo tra poco). Peter Abernathy inizia ad esprimersi con un verso de La Tempesta quando ha un tracollo causato da una fotografia durante uno dei loop che è costretto a vivere: “Hell is empty and all the devils are here” (l’inferno è vuoto e tutti i demoni sono qui). Nell’opera originaria, Ariel dice a Prospero che queste parole furono pronunciate dal figlio del re Alonso mentre cadeva in mare durante una tempesta causata dallo stesso Prospero. In Westworld, Abernathy vuole mettere in guardia Dolores dagli ospiti del parco che porteranno distruzione e violenza. Una disperazione, quella dell’androide, che culmina nel finale dell’episodio pilota con due citazioni, due da Re Lear e un’altra da Enrico IV: “When we are born, we cry that we are come to this great stage of fools” (Quando nasciamo, piangiamo poiché entriamo in questa grande scena di pazzi), dice re Lear a Gloucester sottolineando che il motivo per cui i bambini piangono non appena nascono è perché capiscono di essere entrati a far parte di un mondo fatto di crudeltà. Allo stesso modo Peter Abernathy, guardando quella foto, diventa consapevole del mondo in cui è inserito e per questo motivo è come se nascesse per la prima volta. In un’altra battuta, poi, in cui Peter parla con il dottor Ford, il robot si rivolge al suo creatore mescolando una citazione da Re Lear con una de Enrico IV: “By most mechanical and dirty hand (Enrico IV), I shall have such revenges on you both. That all the world shall, I will do such things. What they are yet I know not, but they shall be the terrors of the earth” (Re Lear). Abernathy capisce di essere una macchina e non vuole più esserlo, al servizio degli ospiti del parco.

Un’ultima citazione shakespeariana prima di passare ad altre opere. Alla fine del settimo episodio, Trompe L’Oeil, il dottor Ford ordina a Bernard di uccidere Theresa Cullen (Sisde Babett Knudsen) e prima dell’omicidio il creatore del parco cita un un verso dell’Amleto: “For in that sleep, what dreams may come (E in quel sonno, quali sogni possano venire). Il verso originale tuttavia è questo “for in that sleep of death, what dreams may come” (E in quel sonno di morte, quali sogni possano venire) e proviene dal soliloquio in cui Amleto cerca di capire se suicidarsi o meno. In riferimento alla serie TV di HBO, le parole sussurrate da Ford possono voler dire che Theresa, essendo umana, non potrà più sognare dopo morta, al contrario degli androidi che muoiono in continuazione ma riescono ad avere ricordi delle vite precedenti sotto forma di sogni o incubi.

GERTRUDE STEIN E MARY SHELLEY

Per razionalizzare la morte di Theresa nell’ottavo episodio, il dottor Ford ricorre invece a Frankenstein di Mary Shelley: “One man’s life or death were but a small price to pay for the acquirement of the knowledge which I sought, for the dominion I should acquire” (La vita o la morte di un uomo non sarebbero che un piccolo prezzo da pagare in cambio della conoscenza che cerco, del dominio che potrei acquisire). Una citazione che si spiega da sola ma che sottolinea come far riferimento a un immaginario letterario non è solo una questione di citazionismo o di tributo, ma diventa essenziale per costruire un quadro dei personaggi secondo emozioni e scopi. Lo so, sta diventando abbastanza articolato come discorso. Del resto è Westworld. Pensate che adesso devo inserire una citazione di Gertrude Stein con cui si riferì a Giulietta del dramma di Shakespeare che al mercato mio padre comprò. Torno serio perché la citazione che il nostro caro Peter Abernathy ci regala proviene dalla poetessa americana e rappresenta un altro tassello che va a comporre il percorso di consapevolezza degli host. Quando Peter Abernathy dice al dottor Ford “A rose is a rose is a rose” probabilmente vuole dire che i cambiamenti apportati agli androidi nel corso del tempo hanno contribuito a crearne una personalità, un’identità che adesso inizia a emergere e che causa dei conflitti interiori agli host. Nell’opera originaria, questo verso è un rimando alla battuta di Giulietta “A rose by any other name would smell as sweet” (Una rosa con qualsiasi altro nome profumerebbe lo stesso) come a dire che il nome è solo un’etichetta e non cambia affatto la natura dell’oggetto. Ecco, proprio perché gli host erano abituati a “pensarsi” in un determinato modo, l’emergere dell’autocoscienza porta con sé dei corto circuiti che li rendono aggressivi ma allo stesso tempo vulnerabili, dal momento che si trovano a doversi realmente adattare all’ambiente.

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LA PSICOLOGIA DI WESTWORLD: LA TEORIA DELLA DISSONANZA E LA MENTE BICAMERALE

A proposito di coscienza e autocoscienza, Westworld orienta la questione in due episodi particolari: Dissonance Theory e The Bicameral Mind. Nel primo, Dolores e Maeve continuano ad avere flashback delle loro storyline passate che non collimano con l’esperienza diretta che stanno vivendo, trovandosi davanti a una dissonanza cognitiva. Senza entrare troppo nel merito della psicologia sociale, la dissonanza cognitiva è una teoria dello psicologo statunitense Leon Festinger e in linea di massima si verifica nel momento in cui le credenze di una persona non sono più logicamente compatibili con il mondo esterno che percepiscono. Nel momento in cui si verifica questa dissonanza, l’individuo cercherà di eliminarla modificando le sue credenze, i suoi comportamenti e la percezione delle proprie azioni: è una forma di adattamento dell’individuo che gli consente di armonizzarsi all’ambiente circostante. Nel caso di Dolores, lei inizia a sentire questa dissonanza nel momento in cui la sua idea di voler vedere la bellezza che sta nel mondo inizia a contrastare con la sensazione di terrore scaturita dal mondo in cui vive: se prima era convinta di non voler far male ad alcun essere vivente (leggi come: far male a una mosca), ad un certo punto si trova a uccidere un altro androide per difendere se stessa. Dolores, da questo momento in poi, cerca di ridurre questa dissonanza cognitiva cercando stabilità e proseguendo su un cammino che la porta ad esperire un concetto inedito per gli androidi: la mortalità.

Un discorso simile si può fare anche con Maeve, che in questo episodio scopre di essere già morta e svela l’esistenza delle “ombre”, gli uomini della manutenzione venerati dai nativi americani. Il che ci porta al Crollo della mente bicamerale e all’origine della coscienza dello psicologo Julian Jaynes richiamato direttamente dal titolo del season finale e citato anche nel terzo episodio della serie. Per spiegare la nascita della coscienza, Jaynes sostiene che in principio il cervello umano era diviso in due parti in cui una letteralmente parlava all’altra, la quale, invece, eseguiva gli ordini: questa voce interiore era considerata come la voce degli dei (leggi come: la voce di Arnold che sentono alcuni host). Nel corso dell’evoluzione, con lo sviluppo del linguaggio e delle pratiche narrative, questa voce interiore è stata rielaborata perdendo lo status di voce divina e assumendo le sembianze di ciò che chiamiamo introspezione, consapevolezza, memoria autobiografica e via dicendo. In Westworld, Maeve è il personaggio che forse più di tutti mette in atto il crollo della mente bicamerale, innanzitutto scoprendo che non c’è alcun dio che parla agli host, centrando nel mondo dei creatori e prendendone consapevolezza e infine capendo che effettivamente è in grado di intraprendere una propria linea narrativa. Ma è davvero così?

maeve

GIOVANNI L’EVANGELISTA E DANTE ALIGHIERI

Se da un lato gli host del parco intraprendono un percorso interiore che li porta all’autocoscienza, dall’altro stiamo pur sempre parlando di robot creati dall’uomo. E, nel caso di Westworld, si tratta di uomini che giocano a fare Dio e che vogliono possedere il destino delle proprie creature. Il dottor Ford non manca di sottolineare questo aspetto quando, parlando con Bernard, cita l’Evangelista Giovanni dicendo: “Call forth Lazarus from his cave” (Richiameremo Lazzaro dalla tomba). Come a dire: anche se tutto dovesse prendere una piega sbagliata, io posso ancora riportare in vita le persone: Arnold/Bernard anyone?

A un disegno divino, però, corrisponde una controparte infernale: se da un lato Ford gioca a fare il creatore, dall’altro il parco da lui creato assume le fattezze di una zona franca in cui poter dar sfogo a tutti gli istinti più ancestrali. A parte il titolo del quinto episodio, Contrappasso, in Westworld sembra non esserci alcun riferimento diretto alla Divina Commedia di Dante Alighieri. Tuttavia possiamo ritrovare una similarità tra la struttura del parco e quella dell’inferno dantesco, organizzati entrambi in cerchio concentrici con Teddy (James Mardsen) che guida gli ospiti nel parco come Virgilio fa con Dante.

MICHAEL CRICHTON, ISAAC ASIMOV, PHILIP K. DICK

A proposito di parchi e di similitudini, se parliamo di un parco a tema con creature nate dall’evoluzione tecnologica, non possiamo non pensare a Jurassic Park di Michael Crichton. Peraltro lo stesso autore statunitense è anche autore della sceneggiatura, nonché regista, del film originale da cui è stato tratto l’adattamento per la TV: Westworld – il mondo dei robot del 1973. E se parliamo di robot non possiamo non parlare di Philip K. Dick e Isaac Asimov. Romanzi come Il cacciatore di androidi (Ma gli androidi sognano pecore elettriche?) e I simulacri echeggiano durante le allucinazioni di Maeve e Dolores, in quei sogni delle vite passate, e che quasi dimenticano di essere delle macchine con un destino già segnato. Ma soprattutto le opere del padre della fantascienza, Isaac Asimov le cui tre leggi della robotica vengono letteralmente stravolte in Westworld. 

dolores wesworld

LA MITOLOGIA GRECA

Se da un lato la produzione letteraria fantascientifica ha contribuito a creare una mitologia di riferimento, Westworld non poteva non prendere in considerazione la mitologia per eccellenza: quella greca. Partiamo dal nome dell’azienda che possiede il parco: Delos. Questo nome è, nella realtà, quello di un’isola greca che costituisce il centro delle’arcipelago delle Cicladi, in Grecia. Storicamente è considerato il luogo in cui nacquero Artemide e Apollo, due delle divinità più importanti della mitologia greca. Spulciando un po’ nella rete per cercare informazioni, ho trovato che l’isola ha assunto quello status di sacralità al punto che l’unica cosa che si può fare a Delos è visitarla e perciò, in un posto di tale importanza, nessuno può nascerci o morirci (la fonte è il sito ufficiale di promozione turistica della Grecia). Un po’ come nel parco di Westworld che non è sacro, ma dove i visitatori non possono essere uccisi durante la loro permanenza. Sull’isola di Delos, inoltre, sono presenti numerosi luoghi di culto dedicati ai due dei sopra citati. E se per Apollo pare non ci siano riferimenti nella serie di Nolanqualche collegamento si può trovare per Artemide, la dea della caccia. Artemide è la protettrice della verginità e amante della bellezza nel mondo. Un po’ come Dolores che coltiva l’idea di voler vedere la bellezza nel mondo ed è refrattaria ad avere rapporti sessuali con i visitatori del parco. Una forzatura? Magari sì. Un po’ meno, però, lo è il riferimento ai serpenti: Ford che ne incanta uno durante una visita al parco; il tatuaggio di Armistice (Ingrid Bolsø Berdal) notato dall’Uomo in Nero (Ed Harris) durante la ricerca del labirinto che si trova “where the snake lays his eggs”, dove i serpenti depongono le uova. Il simbolismo del serpente da un lato richiama alla saggezza e a tutte quelle conoscenze che risiedono sotto terra, non visibili direttamente, dall’altro, in maniera meno diretta, può richiamare all’Uroboro, il serpente che mangia la coda, simbolo di ciclicità, di ripetizione e dell’immortalità degli host di Westworld.

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Un ultimo riferimento non poteva essere che il labirinto stesso. Tutti conosciamo il mito del Minotauro, di Dedalo e del labirinto di Cnosso (un punto di partenza per una rinfrescata la trovate qui). Nell’ottavo episodio (Trace Decay), mentre l’Uomo in Nero è alla ricerca del centro del labirinto insieme a Teddy (James Marsden), i due vengono attaccati da un primitivo che indossa una maschera con le corna. Il Minotauro, per evitare di essere visto, venne rinchiuso nel labirinto insieme a Dedalo e al figlio Icaro in modo che non potessero svelare al mondo l’esistenza della creatura. Il Minotauro fu ucciso successivamente da Teseo: che sia il corrispettivo di Theodore/Teddy? Quello che la serie ci ha mostrato è che il centro del labirinto è sì un luogo fisico ma soprattutto un luogo concettuale, la fine di un percorso verso l’autocoscienza.

ATTRAVERSO LO SPECCHIO: ALICE IN WESTWORLD

Da un labirinto a un altro, quello in cui Alice, nel romanzo di Lewis Carroll, si trova imbrigliata mentre fugge dalla regina di cuori. Alice scappa dalla sovrana in modo da potersi risvegliare dal sogno nel quale si è ritrovata. Allo stesso modo, l’Alice di Westworld è anch’essa alla ricerca di un’uscita da questa sorta di sogno che corrisponde all’autocoscienza. L’Alice di Nolan è Dolores (Evan Rachel Wood) che peraltro è vestita come la protagonista del romanzo di Carroll nelle varie trasposizioni cinematografiche.

alice

Al netto della somiglianza dei costumi e dei personaggi, il libro di Carroll appare direttamente nella serie TV nel settimo episodio, Trompe L’Oeil, in cui Bernard legge la fiaba al figlio: “If I had a world of my own everything would be nonsense. Nothing would be what it is, because everything would be what it isn’t” (Se io avessi un mondo come piace a me, là tutto sarebbe assurdo. Niente sarebbe com’è, perché tutto sarebbe come non è!). E nell’episodio 3, The Stray, quando Bernard fa leggere un passo di Alice nel paese delle meraviglie alla stessa Dolores: “Dear, dear, how queer everything is today. And yesterday, things went on just as usual. I wonder if I’ve been changed in the night” (Povera me! Come ogni cosa è strana oggi! Pure ieri le cose andavano secondo il loro solito. Non mi meraviglierei se stanotte fossi stata cambiata!). Così come Alice si sveglia nel paese delle meraviglie attraverso il sogno e quindi dormendo, Dolores entra in Westworld svegliandosi, ma allo stesso tempo è come se avesse la sensazione di vivere un sogno difficile da distinguere dalla realtà effettiva. Ci sono delle scene durante tutta la stagione in cui le inquadrature si soffermano su Dolores che vede la sua immagine riflessa in uno specchio: se da lontano echeggia il seguito del sopracitato libro di Carroll, Attraverso lo specchio, più verosimilmente Dolores attraversa il labirinto per svegliarsi e trovarsi faccia a faccia con se stessa, con la consapevolezza di sapere chi e cosa effettivamente è. Se il percorso di Alice nel libro di Carroll è dall’interno verso l’esterno, quello di Dolores in Westworld procede in senso inverso, verso quel centro del labirinto che è la sede dell’identità.

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A questi riferimenti letterari, che magari non sono neanche tutti, si affiancano quelli artistici e musicali con Leonardo Da Vinci, I Rolling Stones, i Radiohead. Tra una teoria e un plot twist, dovremo aspettare un po’ per vedere la seconda stagione di Westworld: se qualcuno di voi decidesse di fare un rewatch, magari potrete trovare altri riferimenti che, quasi certamente, possono essere sfuggiti. In ogni caso, fatecelo sapere nei commenti qui sotto.

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givaz

Sul blog di Italiansubs da Febbraio 2016, mentre le serie TV le guardo da molto più tempo. Agli episodi pilota do sempre una chance, soprattutto se di genere drammatico: Mad Men, Treme, Six Feet Under per dirne solo tre. Poche comedy tradizionali, molte più dramedy e black comedy.
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