Dexter

Dexter: felix culpa?!

Più che una recensione da leggere sotto gli ombrelloni di questa estate torrida mi lancio, trafelato, ad analizzare il nostro amato Dexter in merito ad alcuni concetti. Sarò pesantino, lettore avvisato…

L'antico ma moderno concetto di felix culpa è trasformare una colpa, un errore; passare ad un nuovo modo di agire nel quale introduciamo, per mezzo del nostro lavoro personale, una novità che è “a vantaggio dell'umanità”, anche se principalmente una risorsa di chi è riuscito a elaborare l'errore.
Quindi usiamo l'esperienza maturata in anni di angoscianti ripetizioni dell'errore come surplus di capacità disponibile a risolvere i casi della vita.
Ho usato la parola “casi” per entrare nel vivo di queste amichevoli quattro chiacchiere, dato che sto mettendo sotto i riflettori un telefilm che, appunto, tratta di casi polizieschi.
Dexter: telefilm per molti versi raccapricciante, non tanto perché parli e mostri sangue ed efferati delitti, ma perché il suo protagonista è un pulito, affascinante ed educato serial killer.
Abituato, a visionare milioni di ore di programmazioni seriali, sono rimasto colpito a vedere, nel lontano 2007, il pilot di uno dei telefilm più amati. Sì, perché la super bacchettona morale americana ha sfornato un eroe (che per essere politically correct chiama antieroe), che uccide efferatamente mentre aiuta la polizia a scoprire i cattivi.
Certo uccide i cattivi che più cattivi non ce n'è, ma uccide.
La prima puntata della prima serie, ci fa scoprire che il protagonista da piccolo aveva la tendenza irrefrenabile a uccidere animali che, col passare degli anni, si è rafforzata pur avendo due genitori modello. Quindi proprio il papà, poliziotto accreditato in questa dissoluta Miami, gli suggerisce il fattaccio: mettere al servizio della “giustizia” questa sua “dote” di serial killer.
Non sono molto colto nel dire che il papà lo rende la mano sinistra di Dio, visto che proprio da quel romanzo il serial ha preso spunto (comunque il titolo originale è Darkly Dreaming Dexter, come al solito le traduzioni si sprecano in originalità), ma mi soffermo su due o tre cosette.

Primo: il pubblico americano non ha disdegnato, tanto che la rete televisiva Showtime ha finito di mandare in onda la quarta serie. E non sto parlando di seriucole televisive, dato che la suddetta dura ogni puntata 50 minuti.
Secondo: un pensierino sulla redenzione. Trovo molto corretto, come viene descritto, il passaggio della colpa senza fine, senza obiettivo esterno, alla mortificazione o sadismo personale di Dexter, e poi all'uso che questi ne fa per il bene.
Ma il passaggio lo fa per un bene che è mille miglia lontano dalla parola beneficio, quindi è il modo più scorretto ed infido di usare il concetto di redenzione.
Terzo: ci troviamo di fronte a un vendicatore. Come tutti i vendicatori non si trova a tutelare il prossimo, ma a far man bassa del proprio odio verso l'altro, e ciò non può portare che alla catastrofe.

Ora, che questo omino, all'apparenza indifeso, abbia dei difetti, delle idiosincrasie, delle difficoltà che fanno sorridere chi lo osserva, non aiuta a stemperare il fatto che sia un vero e proprio serial killer. Sono trovate che confondono; pongono una patina di gelatinosa melassa sopra al concetto dell'omicidio, che in tal modo diventa di fatto acquisito, senza aver messo giudizio su di esso.
La pena di morte cruenta e fai da te, ci riporta al tempo dei roghi delle streghe, oltre a spostare ancora il problema sul “fai da te” anziché fermarci a pensare alla “pena di morte”.
A noi europei sembra una barbarie, ma se ci chiedono perché sei a sfavore o favore a volte tentenniamo.
È un problema che penso filosofico-barbaro: un tempo era dell'offeso il diritto di punire, poi è stato delegato allo Stato questo diritto alienandolo alla persona, e questo ha sgravato di non poche fatiche l'offeso stesso.
Infatti era (ed è) problematico segregare l'offensore in casa propria per anni. C’era anche la questione che l'offeso poteva essere troppo debole per far giustizia, quindi l'unica soluzione era di uccidere l'offensore.
Ora, anticipando la fine dell'articolo, in qualità di osservatore, noto che lo Stato descritto in questo telefilm è gravemente fallimentare in procedimenti contro i mostri della società, quali le vittime di Dexter; ma la domanda mi viene spontanea: cosa spinge a eleggere ad eroe un vendicatore che uccide?
Andando avanti per questa strada si giunge ad una disquisizione dello Stato di diritto che prenderebbe pagine e pagine, quindi mi limito a tratteggiare una ipotesi che dia una via d'uscita a ciò che ho scritto su.
Mi pare che in questo discorso di morte sia escluso severamente il pensiero paterno, cioè il pensiero che ha la qualità di portare con sé l'opzione di beneficio.
In una realtà dove sia operante un tal pensiero, vi è un rapporto libero tra due parti che apprezzano quella certa offerta (al posto di “certa” mettete l'offerta che più vi aggrada) in vista di un beneficio. Quando questo patto viene infranto, (e in questo telefilm lo è parecchio) chi sanziona nella realtà descritta due paragrafi sopra, sa farsene qualcosa di chi non ha onorato il patto. Non gli verrebbe in mente neanche lontanamente di distruggere la fonte di un possibile apporto di beneficio. Naturalmente in maniera coatta, visto gli atti compiuti del cattivo.
Detto questo assicuro che mi è piaciuto, anche se per problemi di tempo non ho ancora visto la quarta serie. Trovate che i pensierini non siano coerenti con le azioni???

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regy

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