È iniziata la seconda stagione della serie BBC che ci racconta una inusuale e originale storia di zombie.

 

L’anno scorso la miniserie creata da Dominic Mitchell, con soli tre episodi, aveva conquistato la critica e il pubblico con la commovente storia di Keiren, ragazzo morto e poi tornato in vita afflitto dalla “malattia” PDS (Partially Deceased Syndrome) che lo aveva trasformato in uno zombie mangiatore di carne umana. Il suo rientro nella società, il confrontarsi con amici e parenti, non sono stati semplici, ma alla fine il peggio sembra passato.

In questa seconda stagione, composta da sei episodi, In The Flesh ci mostra infatti un Kieren più sereno, seppur sempre tormentato dal suo passato e dalla sua condizione di PDS guarito, vivere in una società ormai non più in guerra aperta con “gli zombie”.

Le cose si complicano pochi minuti dopo, ma se prima l’attenzione era rivolta esclusivamente a Kieren lasciando, giustamente, sullo sfondo le altre sotto trame, con questa seconda stagione il protagonista sembra passare quasi in secondo piano.

In The Flesh ha perso in questo modo quel fascino romantico che aveva nella miniserie, pur rimanendo nel complesso di alto livello qualitativo. Una trama, quella della seconda stagione, che si focalizza maggiormente sulle ripercussioni politiche e sociali del rientro nella società dei soggetti affetti da PDS. Non più soltanto Kieren, interpretato dal promettente Luke Newberry, ma anche numerosi altri personaggi diventano protagonisti della serie, in un riuscito intreccio narrativo. L’elemento più sorprendente di In The Flesh è il saper reinventare il genere zombie, popolare grazie a The Walking Dead, creando situazioni originali e inaspettate. Un plauso particolare alla fotografia, che regala alla serie quei toni “sporchi” e cupi che perfettamente si adattano alla trama.

In The Flesh torna quindi con una seconda stagione diversa ma convincente, che speriamo si concluda in maniera altrettanto efficace. Ancora nessuna notizia su una possibile terza stagione. Incrociamo le dita.