Black Museum chiude in maniera potente ed efficace la quarta stagione di Black Mirror, ma non solo: alimenta anche la teoria (che ormai pare vera e verificata) secondo cui tutti gli episodi della serie appartengono allo stesso universo e abbiano una precisa timeline.
ATTENZIONE: sono presenti spoiler da Black Museum e da altri episodi di Black Mirror.
La serie è sempre stata capace di rendere estremamente realistico il mondo futuristico in cui sono collocate le vicende che ci vengono raccontate. L’ambientazione di questo episodio appare un po’ retrò, almeno fino a quando Nish (la protagonista dell’episodio, interpretata da Letitia Wright), dopo aver posteggiato la sua auto semi scassata nelle vicinanze dell’unico edificio esistente per miglia e miglia, estrae dal bagagliaio un caricabatterie solare per l’auto. Questo oggetto, dal design futuristico, ci fa capire che in realtà siamo in un futuro prossimo non ben precisato. Avendo apparentemente qualche ora libera, Nish decide di entrare nell’edificio, che si rivela essere un museo del crimine tecnologico di proprietà di Rolo Haynes (interpretato da Douglas Hodge).
Siamo solo a inizio episodio, e stiamo aspettando di farci sorprendere dalla storia e dagli spunti di ragionamento che questa serie è in grado di proporci in maniera efficace. Invece veniamo travolti da easter egg riguardanti episodi precedenti: gli artefatti del Black Museum sono in realtà tecnologie o riferimenti a storie viste in passato. Possiamo trovare un’immagine di Victoria Skillane e un completo indossato dai cacciatori nell’episodio White Bear, una delle api robotiche protagoniste di Hated in the Nation, la macchina del DNA usata da Robert Daly per creare gli avatar virtuali in USS Callister (con annesso lecca lecca del piccolo Tommy), il tablet al centro delle vicende di ArkAngel, la vasca da bagno in cui Mia uccide il marito di Shazia in Crocodile, delle immagini che potrebbero provenire da Playtest, armi da fuoco in bacheca che sembrano simili a quelle presenti in Men Against Fire e un manichino impiccato che potrebbe essere un riferimento al suicidio del rapitore della principessa in The National Anthem. A questo punto i fan della serie dovrebbero iniziare seriamente a porsi qualche domanda sull’universo in cui sono narrate le vicende di Black Mirror…
Superata questa prima abbuffata di easter egg, torniamo a concentrarci sulla storia. Rolo decide di mostrare a Nish un primo artefatto, un congegno capace di far provare a una persona le sensazioni provate dal corpo di un’altra (dolore, eccitazione e molto altro), senza che la prima abbia alcun tipo di conseguenza fisica. Apprendiamo che Rolo ha lavorato in passato nel campo della tecnologia medica avanzata all’ospedale San Junipero (riferimento evidente all’omonimo episodio, e non sarà l’unico), mettendo a disposizione del dottor Peter Dawson il congegno. Per spiegarne il funzionamento, Rolo mostra al dottore i due ratti ormai defunti Kenny ed Hector (sono incidentalmente i nomi dei protagonisti di Shut Up and Dance), sui quali sono stati svolti diversi test. Il dottor Dawson inizia a usare il congegno sui pazienti, riuscendo a elaborare diagnosi sempre corrette. Sembra andare tutto bene ma, come capita molto spesso con la tecnologia, dal buon uso si passa all’abuso, scatenato accidentalmente da un incidente: mentre il congegno era attivo, uno dei pazienti del dottore muore, portando Dawson a provare un dolore ineguagliabile e facendolo cadere in una forte dipendenza che lo condurrà alla rovina.
Finito il racconto, Rolo spiega a Nish che la società per cui lui lavorava, la TCKR (altro riferimento a San Junipero) ha perfezionato la tecnologia e l’ha usata per realizzare i cookie (visti in White Christmas). A questo punto, Nish nota una scimmia di peluche e Rolo è pronto a raccontarne la triste storia. Il tutto ruota attorno a un congegno capace di trasferire la coscienza di una persona dentro un’altra. Rolo decide di fare visita a Jack, marito di una donna in coma di nome Carrie, e lo convince a trasferire la coscienza di lei dentro Jack stesso. Inizialmente sembra andare tutto bene per Jack: accudisce e cresce il figlio, legge una graphic novel intitolata Fifteen Million Merits (esplicito riferimento all’omonimo episodio della serie), vive la propria vita senza particolari problemi. Ben presto però Jack si rende conto di non avere privacy e chiede a Rolo di poter bloccare la coscienza della moglie in determinate occasioni; la cosa è possibile e viene attuata. La situazione peggiora quando Jack conosce Emily, la nuova vicina di casa; lui la mette al corrente della situazione e lei inizia a fare pressioni affinché la coscienza di Carrie venga trasferita dentro una scimmia di peluche. Terminata la storia, Rolo rivela a Nish di essere stato licenziato a causa di questo trasferimento, giudicato in seguito illegale. Inoltre, veniamo a sapere che la coscienza di Carrie è ancora all’interno della scimmia, visto che anche cancellare una coscienza è stato dichiarato illegale.
Infine Rolo decide di mostrare a Nish il pezzo forte del suo museo: una proiezione olografica della coscienza di Clayton Leigh, una persona di colore giudicata colpevole di omicidio e condannata a morte. Rolo convinse Clayton a cedere la propria coscienza dopo l’esecuzione sulla sedia elettrica, in modo da poterla riutilizzare nel Black Museum. Qui i clienti possono dare la scossa alla coscienza di Clayton (praticamente giudicarlo da soli) e ricevere in omaggio un portachiavi in cui è rappresentato l’eterno dolore di Clayton. Anche in questo caso, il sadismo delle persone viene a galla: ben presto, i suprematisti bianchi iniziarono a pagare Rolo per infliggere più dolore del consentito. Ma ecco che finalmente arriva il colpo di scena dell’episodio: Nish non è capitata per caso al Black Museum. Lei è la figlia di Clayton ed è in cerca di vendetta: durante la visita, ha avvelenato Rolo e quest’ultimo comincia a stare male. Talmente male che presto muore, permettendo a Nish di estrarne la coscienza, trasferendola all’interno di quella dell’ologramma di Clayton. Ed ecco qui fondersi tutte le storie: il congegno del primo racconto è stato il punto di partenza per lo sviluppo del secondo congegno, utilizzato ora da Nish contro Rolo stesso nel suo stesso museo per compiere la sua vendetta.
Possiamo vedere Black Museum come un omaggio a White Christmas (forse l’episodio più bello dell’intera serie); la struttura narrativa è molto simile e i titoli contengono l’eterna contrapposizione bianco e nero, bene e male. Ma l’episodio è anche un omaggio all’intera serie: il numero di easter egg presente nel museo e i riferimenti meta legano praticamente tutte le storie raccontate nella serie. Abbiamo quindi un unico universo e, grazie ai riferimenti presenti in tutti gli episodi di questa stagione e non solo, è possibile costruire una precisa timeline. In realtà, Black Museum sembra essere anche un perfetto series finale, un commiato della serie che consegna a noi spettatori un messaggio forte: attenzione alla tecnologia, al suo uso e al suo abuso. L’incendio finale che distrugge il museo e le tecnologie presenti al suo interno può essere visto come il simbolo di questo messaggio.
Black Museum ci presenta diverse tematiche su cui ragionare insieme. La prima riguarda la tecnologia e il suo utilizzo. L’uso della tecnologia sicuramente facilita la vita di tutti i giorni, ma dobbiamo essere capaci di non abusarne e dobbiamo essere capaci di non superare certi limiti etici riconosciuti; insomma, dobbiamo imparare da quello che è accaduto al dottor Dawson. La seconda riguarda il momento in cui possiamo affermare che una persona è morta. Carrie è in stato vegetativo difficilmente reversibile; la possiamo considerare una persona viva? Oppure è vivo solo il corpo perché è mantenuto in vita artificialmente? La questione non è di semplice risoluzione. Ciò che lega i due racconti di Rolo ci porta alla terza: la sperimentazione sulle persone di tecnologie attuata unicamente in funzione dei profitti che si potrebbero ottenere in caso di successo. In realtà, tale atteggiamento non porta alla distruzione psicologica delle persone, e genera odio nei confronti dei profittatori. Infine non può di certo mancare il tema principale di Black Mirror: la tecnologia tira fuori il peggio dalle persone e scatena le loro perversioni più oscure. Basti pensare ai suprematisti bianchi che godono nel vedere torturato Clayton o alla facilità con cui Emily minaccia Carrie di cancellare la sua coscienza (e quindi di ucciderla). Ed ecco un altro motivo per cui Black Museum potrebbe essere un perfetto series finale: Charlie Brooker è stato capace di riassumere in un solo episodio un sacco di tematiche affrontate negli episodi passati di Black Mirror, senza dimenticarsi di raccontare nuove storie e senza lesinare sui colpi di scena.
Marco Quargentan
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