Dopo più di due anni, Christopher Nolan, uno dei registi più amati e discussi degli ultimi anni, torna al cinema con il film bellico Dunkirk.
In questo articolo NON sono presenti spoiler.
Dunkirk è il decimo film del regista britannico Christopher Nolan. Prodotto da Warner Bros. e dalla casa di produzione dello stesso regista, Syncopy. Come direttore della fotografia ritroviamo Hoyte van Hoytema, alla seconda collaborazione con il regista dopo Interstellar, il montaggio è di Lee Smith e la colonna sonora del sempre presente Hans Zimmer. Tra il cast Tom Hardy e Cillian Murphy, attori abituali di Nolan, ai quali si sono aggiunti Kenneth Branagh, Mark Rylance, James D’Arcy, Fionn Whitehead, Aneurin Barnard e Harry Styles.
Il molo, il cielo, il mare. Tre luoghi, tre tempi, tre punti di vista. Nolan divide così la storia di Dunkirk. Come già fatto in quasi tutti i suoi film, il regista sceglie di intrecciare i tempi, rendendo più intricata una storia che all’apparenza sembra lineare. La complessità della trama, marchio di fabbrica dello sceneggiatore, però in Dunkirk non va oltre al tempo di narrazione, perché il film si limita a raccontare in maniera basilare gli eventi a cui è ispirato, ovvero il tentativo di tornare a casa da parte dei soldati inglesi, conseguente all’assedio e accerchiamento dell’esercito tedesco nella spiaggia di Dunkerque, in Francia, durante la Seconda Guerra Mondiale. Al molo seguiamo dei giovanissimi soldati semplici che fanno di tutto per poter salire a bordo di una nave che possa portarli a casa; in cielo vediamo il punto di vista di alcuni piloti chiamati a proteggere le navi inglesi sotto continui attacchi; in mare prendiamo le parti di una piccola famiglia di civili che dirige la sua imbarcazione verso la spiaggia, nel tentativo di poter aiutare la marina e la sua carenza di navi. Una sinossi di questo tipo corre l’enorme rischio di sembrare eccessivamente patriottica, come accade troppo spesso con i film bellici. Christopher Nolan però ha fatto il possibile per non scadere in inutili sentimentalismi, e il risultato è una sceneggiatura quasi interamente priva di becera retorica. Non esiste realmente un dualismo “buoni contro cattivi”, almeno non in maniera troppo palese. In 1 ora e 46 minuti di pellicola, infatti, non si vede un singolo soldato tedesco: il regista ci impedisce quindi di dare un volto al nemico, rendendolo qualcosa di poco tangibile e di conseguenza viene a mancare un forte sentimento d’odio nei suoi confronti. Con l’assenza di un nemico ben identificabile, il cattivo concreto ha spazio e tempo per annidarsi nel profondo dei protagonisti, degli eroi, rivelandosi a causa della situazione disperata e disumana in cui si trovano. Nolan infatti dimostra anche come delle personalità che vengono generalmente intese come positive possano cambiare, oppure mostrare momentaneamente il vero lato negativo di se stessi, nel momento in cui le circostanze siano estreme. La profondità della sceneggiatura del film però si ferma qui, perché la trama prosegue seguendo un filo classico e poco d’impatto, con un’eccessiva ripetizione di scene che finiscono per accompagnare lo spettatore verso una fine troppo naturale. Non troppo naturale per la storia del film basata su eventi realmente accaduti, ma troppo naturale per essere una sceneggiatura di Christopher Nolan. Il regista britannico ci ha abituato negli anni a delle trame complesse, originali e imprevedibili, e vedere un suo film con un taglio così tradizionale lascia spiazzati all’uscita dalla sala. Un cambiamento o un’eccezione nella filmografia del regista potrebbe essere una ventata d’aria fresca ma, nonostante la sceneggiatura di Dunkirk sia priva di evidenti difetti o sbavature, non si può fare a meno di pensare che basare la trama su degli eventi reali come quelli di Dunkerque sia uno spreco per le capacità narrative di Nolan.
In Interstellar, era evidente una divisione tra reparto tecnico e sceneggiatura. Il lato regista di Nolan aveva preso talmente tanto spazio da mettere in difficoltà il suo lato sceneggiatore, e il risultato era un film esteticamente sublime ma con una sceneggiatura che non nascondeva qualche difetto. Nel caso di Dunkirk questa divisione è ancora più netta, ma invece che una scrittura in difficoltà, siamo di fronte a una sceneggiatura completamente messa in disparte a favore della regia. L’intera storia del film sembra quasi solo un presupposto per mettere in mostra il livello tecnico a cui è arrivato il regista. Dunkirk è formato da moltissime scene incentrate sul pericolo in cui si trovano i personaggi, e la resa tecnica amplia esponenzialmente questa sensazione, con le musiche angoscianti di Zimmer e le enormi capacità produttive a cui ormai è arrivato Nolan che rendono la visione sul grande schermo un’esperienza oltremodo immersiva e adrenalinica. L’estetica suggestiva del regista britannico questa volta sfocia tutta nelle riprese della spiaggia e in quelle aeree. Nel primo caso, Nolan rappresenta la solitudine e il tormento dei soldati più con le sue inquadrature – tra il mare in tempesta e il vento che sposta la sabbia ma che non riesce a muovere i cadaveri dei soldati caduti – che con i suoi dialoghi. Mentre con le riprese del cielo, l’autore di Dunkirk e il direttore della fotografia Van Hoytema sfruttano pienamente la luce del sole e sono in grado di rendere affascinante e poetico anche un semplice atterraggio di un aereo. Nella sua totalità, dal punto di vista tecnico Dunkirk è una pellicola estremamente ambiziosa, che fa un perfetto uso di tutto ciò che il cinema può offrire.
In molti ritengono che il cinema di Christopher Nolan sia bloccato in un dualismo: stile autoriale contro stile commerciale. Nel corso degli anni la filmografia del regista londinese, con la trilogia del Cavaliere Oscuro a fare da perno del cambiamento, si è allontanata da un polo autoriale, quello di Following, Memento e The Prestige e si è spostata verso il polo opposto, quello più da blockbuster, con film che tengono più conto degli incassi, cercando di accontentare ed essere apprezzati da più persone. Questo polo però Nolan non l’ha raggiunto, perché non ha mai voluto abbandonare la sua vena artistica, e si è fermato dunque nel mezzo. Il risultato sono delle pellicole che inglobano i difetti e soprattutto i pregi di entrambi i modi di fare cinema. Inception e Interstellar sono il perfetto esempio di questo dualismo, e ora nella categoria rientra anche Dunkirk. Se da una parte l’autore prova spesso a utilizzare tecniche cinematografiche più ricercate e a scrivere storie con tematiche più profonde, dall’altra capita anche che utilizzi espedienti narrativi, e a volte registici, già consolidati. Il cinema di Nolan viene definito spesso come “intrattenimento intelligente”: tra i blockbuster degli ultimi anni, film come Inception, The Dark Knight, Interstellar o Dunkirk sono tra il meglio che il cinema di massa possa offrire, e questo è grazie al conflitto interno del regista, che non riesce a non inserire una vena autoriale nei suoi film commerciali, o che non riesce a non rendere commerciali i suoi film autoriali. Anche se questo dualismo a volte crea qualche imperfezione, si tratta di una sperimentazione che ha creato delle opere memorabili. In un panorama in cui il cinema di nicchia ha già i suoi rappresentanti, mentre quello di massa è in un continuo declino artistico e ideologico, forse bisogna essere grati a filmmaker come Christopher Nolan, che ci regalano un intrattenimento intelligente.
Luigi Dalena
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