Cinema

L’evoluzione delle colonne sonore: il caso del Marvel Cinematic Universe

Oggi parliamo di colonne sonore e, più precisamente, partiremo da quelle che accompagnano il Marvel Cinematic Universe dall’ormai lontano 2008 per cercare di capire la direzione verso cui stanno andando.

Il punto di partenza è un giochino molto semplice: se una persona vi chiedesse di canticchiare un tema di Star Wars senza pensarci troppo, voi sareste in grado? E un tema di Harry Potter o di James Bond? O magari di Jurassic Park? E se invece vi chiedesse di canticchiare un tema di un qualsiasi film appartenente al Marvel Cinematic Universe? Ecco, quest’ultima richiesta molto probabilmente vi metterebbe in grosse difficoltà, e vi salvereste (forse) pensando al tema degli Avengers, scritto da Alan Silvestri. Ora, il Marvel Cinematic Universe è il franchising più imponente e remunerativo della storia del cinema, perfino più di Star Wars: come è possibile che la colonna sonora non sia altrettanto famosa e, anzi, sia piuttosto dimenticabile?

TEMP MUSIC
Tony Zhou – il creatore del video The Marvel Symphonic Universe che trovate qui sopra – ritiene che le cause siano principalmente tre. La prima: la musica non aggiunge nulla alla scena, è assimilabile a rumore di fondo per cui dopo un po’ non ci si fa più caso. La seconda: quando c’è della musica degna di nota, questa viene coperta da altro (dialoghi, voci, rumori). Ma è la terza quella più importante, oltre a essere anche la più interessante da discutere: l’uso massiccio della Temp Music (musica temporanea) per dare una linea guida ai compositori. Per Temp Music si intende l’utilizzo di un brano e/o di un tema musicale già esistente nel processo di realizzazione e di montaggio di un nuovo film: può provenire da colonne sonore di altri film, da spezzoni di brani musicali famosi o da temi già scritti dai compositori e mai utilizzati. Perché usare questa tecnica? In questo modo il regista fornisce una linea guida al compositore che si occuperà di creare la colonna sonora. I due possono scambiarsi le proprie idee, discutere degli stili da adottare, cominciare a parlare di montaggio, capire cosa inserire in sottofondo e quando. Sembra tutto molto bello ma c’è ovviamente il rovescio della medaglia (sorvolando sui problemi di carattere legale): i registi hanno le proprie idee riguardo alle colonne sonore mentre, di solito, i compositori la pensano in maniera totalmente differente. Danny Elfman, uno dei grandi maestri di Hollywood e stretto collaboratore del regista Tim Burton, è fortemente contrario all’uso di questa tecnica perché ritiene che limiti la creatività dell’artista e renda le colonne sonore sostanzialmente delle copie di opere precedenti: l’ha definita the bane of my existence, il veleno della mia esistenza. Qui potete trovare un video che vi mostra chiaramente l’utilizzo della Temp Music e i risultati che si ottengono.

EVOLUZIONE DELLA MUSICA DIGITALE
Una risposta a questa tesi arriva da Dan Golding, con il suo video A Theory of Film Music – che trovate qui sopra. Non bisogna dare la colpa alla Temp Music se non ci ricordiamo determinate colonne sonore: questa tecnica, infatti, veniva utilizzata fin dagli albori del cinema – anche se non tanto quanto oggi – e ha influenzato perfino la musica creata da John Williams per Star Wars. Quindi bisogna cercare altrove e più specificamente nell’evoluzione della musica digitale, di cui Hans Zimmer è stato uno dei pionieri. Il progresso della tecnologia ha portato a un massiccio uso del montaggio e della composizione digitale. La musica creata con questi mezzi possiede, perciò, uno stile particolare che fa affidamento sull’ormai ottima riproduzione delle percussioni e dei bassi gravi. Ed ecco perché non ci si ricorda nulla delle colonne sonore dei film Marvel: non si ha il coraggio di uscire dallo stile venutosi a creare con la tecnologia attuale, che permette la creazione di una moltitudine di colonne sonore in breve tempo e con costi contenuti. Tale massiccia produzione però è necessaria per stare al passo con tutti i prodotti cinematografici e televisivi che stanno uscendo in questi anni. Il rovescio della medaglia è che le tutte le produzioni – in particolare quelle hollywoodiane – si sentono giustificate nel tagliare i costi per la realizzazione delle colonne sonore visto e considerato che non si devono pagare orchestre che si mettano a registrare la musica creata dal compositore. Infine, ironicamente, la presenza delle nuove nuove tecnologie ci permette di scoprire molto più facilmente quali colonne sonore sono state create usando Temp Music: possiamo analizzare film e serie TV scena per scena, accordo per accordo, e possiamo discuterne con milioni di persone su internet.

Personalmente mi ha convinto di più Tony Zhou: l’uso della Temp Music limita molto la creatività di un compositore e tende a far creare colonne sonore estremamente simili tra loro. Ma la risposta di Dan Golding ha delle basi evidentemente corrette e coerenti, visto che evidenzia come l’evoluzione della musica digitale ha portato sia a realizzare molte più colonne sonore in breve tempo e con costi contenuti, sia a realizzare delle musiche fortemente tipizzate e quindi simili. Dunque, voi cosa ne pensate? Siete rimasti più convinti da Tony Zhou o da Dan Golding? Oppure il mix di entrambe le argomentazioni pare essere più convincente?

Marco Quargentan

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Marco Quargentan

Itasiano da ottobre 2008 grazie ad House MD e Lost. Blogger e Moderatore da giugno 2013 grazie a Game of Thrones, Traduttore da giugno 2015. Informatico di "professione", sassofonista per caso, appassionato di basket, player spasmodico della serie Legend of Zelda, lettore compulsivo di JRR Tolkien e GRR Martin (entrambi before it was cool), drogato seriale. Non chiedetemi la mia serie preferita, non saprei scegliere fra quelle che adoro.
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