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Netflix e i suoi fratelli – Guida ai principali servizi streaming

C’era una volta una piattaforma in grado di rivoluzionare l’intero settore televisivo… Oggi invece di piattaforme “rivoluzionarie” ce ne sono a bizzeffe, meglio fare un po’ di ordine per capirci qualcosa!

Netflix
La piattaforma originale che sconvolse il mercato televisivo agli inizi degli anni ’10. Sicuramente conoscete tutti la storia: nata come “rivale” della ormai defunta Blockbuster, seppure con un ruolo complementare visto che Blockbuster dominava nelle città e nei grandi centri mentre Netflix, con le spedizioni via posta delle videocassette e dei DVD, era favorita nelle desertiche periferie americane, a metà degli anni 2000 ebbe la lungimiranza di puntare sulla distribuzione in streaming di film e serie tv,  sfruttando sia la crescita esponenziale di velocità e capillarità di Internet, sia l’ingenuità dei network tradizionali che le fornirono a prezzi stracciati i contenuti necessari per convincere sempre più persone a sottoscrivere abbonamenti.
A inizio 2013, forte di circa 30 milioni di abbonati, Netflix lanciò le sue prime serie originali, Orange is the New Black e House of Cards, che ottennero immediato successo sia in termini di critica che di pubblico, tant’è che a fine 2013 gli abbonati erano già passati a 40 milioni.
Non solo: potendo valutare il successo di ciascuna serie tramite dati precisi e puntuali, rispetto alle misurazioni statistiche dei rating Nielsen, Netflix ha potuto puntare e recuperare serie cancellate dai network tradizionali che invece avevano un buon riscontro sulla propria piattaforma, abbracciando le orde di fan della serie di turno e ottenendo un’aura di salvatrice delle loro speranze.
Inoltre, l’atteggiamento da matricola senza nulla da perdere le ha permesso di dare opportunità anche a serie particolari e di nicchia che la tv tradizionale non avrebbe nemmeno mai preso in considerazione: l’esempio massimo è stato The OA, che per temi e struttura mai avrebbe visto la luce altrove.
Nel 2014 scattò la conquista al resto del mondo con lo sbarco in altre 40 nazioni, e nel 2016 divenne disponibile praticamente ovunque nel mondo. Ad oggi il numero di abbonati paganti a livello mondiale si aggira sui 200 milioni, garantendole in media delle entrate per circa 2,5 miliardi di dollari al mese e permettendole quindi di sfornare costantemente nuove serie di tutti i tipi e per tutti i gusti, sia prodotte internamente sia come primo distributore esclusivo a livello mondiale di serie molto ambite, come Star Trek: Discovery, Riverdale o Snowpiercer.
Questo enorme successo ha però portato due aspetti negativi: innanzitutto, il fatto che le prime produzioni originali fossero poche ma (molto) buone creò, insieme alla rivoluzionaria formula del rilascio tutto in una volta, un alone da “evento” per ogni nuova serie; l’ultrasaturazione continua di serie non sempre di grande qualità ha praticamente annullato questa atmosfera, diluendo molto la “magia” che la attorniava agli albori. Inoltre ha reso molto più sacrificabile ogni serie, che infatti oggi difficilmente arrivano, o tanto meno superano, i 40 episodi o 3 stagioni (la media dei network tradizionali per serie con buon successo è intorno ai 140 episodi/7stagioni).
La seconda controindicazione é stata quella di risvegliare i concorrenti, che negli ultimi anni non solo hanno lanciato le loro piattaforme in diretta concorrenza, ma hanno anche diminuito il numero di contenuti per Netflix stessa, diventata ormai un’odiata concorrente. Questo inoltre ha significato, per il pubblico, una frammentazione dei contenuti e, quindi, un aumento dei costi di abbonamento: se un tempo era sufficiente un solo abbonamento a Netflix per vedere tutte le serie disponibili, oggi bisogna avere un abbonamento per ogni singolo servizio, portando inevitabilmente a una scelta che non sempre premia Netflix.
Nonostante questo, è innegabile che ad oggi Netflix sia nettamente più avanti rispetto ai concorrenti, con un divario sia in termini quantitativi di contenuti sia in termini di disponibilità economica che sarà molto difficile colmare nel breve periodo.

Amazon Prime Video
È il primo concorrente, in ordine temporale, ad aver cercato di contrastare l’egemonia di Netflix, seppure con risultati altalenanti. Lanciato nel 2006 negli Stati Uniti, così come Netflix ha impiegato 10 anni per essere presente  a livello mondiale, nonostante sia incluso nel servizio Prime per le vendite di Amazon. Ad oggi gli abbonati si aggirano sui 150 milioni, ma questo numero é probabilmente gonfiato da chi in realtà utilizza il servizio Prime per gli acquisti dai negozi virtuali più che per il servizio di streaming.
All’inizio, l’approccio della società di Jeff Bezos fu quella di puntare su serie di nicchia seguendo il riscontro degli abbonati: gli episodi pilota delle potenziali nuove serie venivano resi accessibili agli utenti e, in base ai loro voti e giudizi, la società decideva se ordinare la stagione completa o se invece rinunciare al progetto. Questo coinvolgimento del pubblico nel processo decisionale ha sicuramente contribuito ad attirare le attenzioni sulla piattaforma che, andando quasi a colpo sicuro, ha investito in maniera rilevante in progetti su cui magari avrebbe rischiato meno impegno e risorse.
Questa politica ha subito un brusco cambiamento negli ultimi anni, a causa dell’ossessione di Bezos a voler far suo il prossimo fenomeno culturale/sociale che è stato Game of Thrones: chiuse bruscamente serie storiche ma con relativamente poco seguito come Mozart in the Jungle, gli investimenti sono confluiti massivamente su progetti enormi come le serie su Il Signore degli Anelli e La Ruota del Tempo. Solo il tempo ci dirà se questi investimenti daranno i risultati sperati nella rincorsa a Netflix.

Disney+
Dopo il primo concorrente passiamo direttamente all’ultimo arrivato, che però è di gran lunga anche il più agguerrito: la piattaforma di casa Disney è stata lanciata a marzo 2020, ma dopo appena un anno ha già superato la ragguardevole soglia dei 100 milioni di abbonati. Oltre ai contenuti classici targati Disney e Pixar, con l’aggiunta culturale dei documentari di National Geographic, è innegabile che i colossali marchi Star Wars e Marvel siano la vera forza trainante di questa piattaforma, tant’è che The Mandalorian e WandaVision sono tra le serie più seguite ed apprezzate al mondo. Inoltre, l’aggiunta da ultimo del marchio Star, che identifica i contenuti generalisti più “maturi”, non farà altro che aumentare ulteriormente l’attrattività di questo servizio. Insomma, l’enorme peso dei marchi Disney potrebbe mettere in grosse difficoltà l’egemonia di Netflix, che presto si troverà costretta a guardarsi alle spalle.

Apple TV+
Lanciata poco prima di Disney+ nell’autunno 2019, anche AppleTV+ ha tutte le carte in regola per dire la sua in un mercato altamente competitivo, nonostante disponga di una piccolissima frazione dei contenuti rispetto ai concorrenti. Ciò che manca in termini quantitativi può però essere compensato in termini qualitativi: le serie originali fin qua sfornate, come The Morning Show o For All Mankind, sono generalmente produzioni di alto livello che coinvolgono nomi importanti sia dietro che davanti alle telecamere.
Ad oggi il numero di abbonati è nettamente più basso delle concorrenti, si parla di appena 10 milioni, ma con alle spalle un colosso come Apple, che peraltro sta puntando sempre più sui servizi online in abbonamento, non è difficile ipotizzare una “rimonta” importante nei prossimi anni, o comunque la capacità di ritagliarsi uno spazio non indifferente.

Hulu
Passiamo ora alle piattaforme che, quanto meno ad oggi, non sono disponibili nel nostro Paese. Partiamo da Hulu, che in termini puramente temporali è contemporanea a Netflix, ma che per sua natura non ha mai potuto rappresentare un concorrente credibile per la tv tradizionale: la piattaforma è infatti nata come proprietà condivisa proprio dei network tradizionali che l’hanno utilizzata per diffondere le loro serie su quella “cosa nuova e strana” che era Internet.
Fino a inizio 2019 la proprietà era suddivisa in ugual misura tra Disney (tramite ABC), Fox e Comcast (proprietaria di NBC), più una quota minoritaria di AT&T (che controlla Warner Bros e HBO). Ma da marzo 2019, con l’acquisto da parte di Disney di Fox, la Casa di Topolino è diventata azionista di maggioranza con il 60% delle azioni, quota salita il mese successivo al 70% dopo l’uscita di scena di AT&T. A quel punto, anche Comcast ha ceduto a Disney il controllo operativo della piattaforma, pur restando partner silenzioso. Hulu quindi é oggi un’estensione di Disney+, tant’è che i due servizi vengono offerti come blocco unico insieme a ESPN, il network sportivo sempre di proprietà Disney.
È quindi probabile che in un futuro non troppo lontano questa piattaforma venga inglobata completamente in Disney+, sparendo del tutto. E in parte é già così, visto che il marchio Star utilizzato a livello internazionale é, di fatto, il sostituto di Hulu. I 40 milioni di abbonati, tutti negli Stati Uniti, andranno quindi a sommarsi, o più probabilmente a sovrapporsi, agli abbonati di Disney+.

DC Universe/HBO Max
Parlando di Hulu abbiamo accennato a AT&T, proprietaria di Warner Bros e HBO nonchè della casa editrice DC Comics. Di certo l’uscita dal consorzio non è stata una semplice resa di fronte allo strapotere di Disney, bensì una ritirata strategica per lanciare l’offensiva con mezzi propri: e infatti a settembre 2018 è stato lanciato DC Universe, dove sono confluiti tutti i titoli targati DC Comics come i vari film su Superman e Batman o quelli più recenti del DC Extended Universe, a cui si sono aggiunte anche nuove serie prodotte appositamente per il lancio, come Titans, Doom PatrolHarley Quinn. Sulla carta il progetto appariva valido, ma qualcosa a livello organizzativo non ha funzionato correttamente, soprattutto sul versante HBO: l’avvio di troppi servizi simili ma frammentati, dalle tariffe complicate e, bisogna dirlo, piuttosto elevate, non ha incentivato a sufficienza il pubblico, segnando quindi la fine della strategia fin lì adottata e portando a una rivoluzione totale.
Tutti i vari servizi del gruppo con i relativi contenuti, inclusi quindi quelli di DC Universe, sono confluiti in HBO Max, nuova piattaforma lanciata a maggio 2020 per consolidare l’offerta e accatastare un catalogo di titoli in grado di competere, seppure più per qualità e fama che numericamente, con quelli di Netflix e Disney. Parallelamente sono anche state lanciate le prime serie del nuovo marchio, come il colossal fantascientifico Raised by Wolves o l’avvincente comedy The Flight Attendant. A differenza degli altri servizi, inoltre, HBO Max ha già il mirino puntato sullo sbarco a livello internazionale: entro l’estate 2021 sbarcherà in Centro e Sud America, mentre entro la fine dell’anno è previsto lo sbarco in alcune regioni europee (Spagna e Scandinavia), con piani di espansione progressiva nei prossimi anni in maniera diretta o tramite partner, come per esempio Sky.
Oltre alla dote di circa 20 milioni di abbonati ereditati dai servizi precedenti, la piattaforma ha convinto altri 18 milioni di abbonati portanto il numero attuale a 38; il numero è sicuramente destinato a crescere non poco, ma al momento i traguardi di Netflix e Disney+ appaiono ancora molto, molto lontani.

Peacock e Paramount+ (ex CBS All Access)
Nella rincorsa disperata a un mercato nuovo e già prossimo alla saturazione, anche Comcast (NBC) e ViacomCBS hanno cercato di lanciare le rispettive piattaforme mettendo in mostra i “gioielli di famiglia”: gioielli che però hanno brillato poco o nulla di fronte allo strapotere degli altri servizi di cui abbiamo parlato.
Comcast/NBC ha lanciato a luglio 2020 Peacock, schierando le serie attuali trasmesse da NBC oltre ai titoli pregiati come The Office e Parks and Recreation, riportandoli a casa dopo averli “affittati” ai concorrenti. Chiaramente non potevano mancare nuovi titoli, ma la partenza non è stata delle migliori: la serie lanciata al giorno 1, Brave New World, che avrebbe dovuto essere l’ammiraglia del nuovo servizio, non solo è stata ignorata dai più, ma è stata anche già cancellata.
Le altre due produzioni originali si basano entrambe sull’effetto nostalgia, essendo i revival di Saved by the Bell (da noi nota come Bayside School) e Punky Brewster, comedy degli anni ’80 e ’90 ritirate fuori dalla naftalina. La prima ha già ottenuto il rinnovo, ma è difficile dire se per veri meriti o se per dare una parvenza di continuità e fiducia al progetto.
Gli abbonati ufficiali si aggirano sui 33 milioni, ma la maggior parte di essi non paga alcun canone grazie a varie offerte che Comcast regala ai suoi abbonati; il peso economico quindi è molto, molto inferiore a quello, per esempio, dei 38 milioni di HBO Max.
CBS All Access, o Paramount+ come è stato rinominato dal 4 marzo, è stato lanciato nell’ottobre del 2014, ospitando i vari show presenti e passati della CBS. Per attirare abbonati, però, non potevano bastare le repliche di vecchi show facilmente fruibili altrove, e quindi si decise di soddisfare il ritrovato amore del pubblico per la fantascienza e portare nuovamente in tv l’universo di Star Trek: prima Discovery, già arrivata alla terza stagione con la quarta già confermata, poi Picard di cui vedremo nel 2022 la seconda stagione, e infine la serie animata Lower Decks; inoltre sono in sviluppo altre serie, come Strange New Worlds sul capitano Pike o Section 31 sull’imperatrice Philippa Georgiou, personaggi già visti e molto apprezzati in Discovery.

A queste si aggiunge The Good Fight, lo spinoff/sequel della fortunata serie The Good Wife andata in onda su CBS, giunta alla quarta stagione con la quinta in cantiere.
In questi anni sono passate anche altre serie minori, che però hanno trovato poca fama e fortuna; il servizio infatti ha raccolto appena 8 milioni di abbonati, e a dirla tutta non sembra avere il potenziale per fare molto di più. Certo, il recente rebranding unito all’espansione in Sud America e alcune regioni europee, con l’aggiunta del revival di una serie storica come Criminal Minds e l’annuncio della serie sul famosissimo videogioco Halo (inizialmente prevista per Showtime), potrebbe rilanciare le ambizioni, ma non ci scommetterei troppo.

Sky/Now TV, TimVision, Infinity
Mi sembra giusto inserire almeno una menzione sui servizi nostrani, nonostante la loro offerta non sia nemmeno lontanamente paragonabile a quelle dei colossi di oltreoceano. Giusto Sky, precedentemente di proprietà del miliardario Rupert Murdoch e oggi satellite del gruppo Comcast, proprietario, tra gli altri, anche di NBC e Peacock, sembra voler tentare di stare al gioco, ma non pare crederci troppo. Le altre giustamente non hanno minimamente i mezzi per anche solo sognare di poter entrare nella competizione, ma potrebbe essere curioso vedere un loro eventuale ruolo di collaborazione con l’una o l’altra piattaforma nei loro processi di espansione in Italia e in Europa, quindi meglio tenerli sott’occhio.

Quibi
Concludiamo questo excursus con l’esempio di cosa NON fare: Quibi è stata lanciata ad aprile 2020, nata dall’intenzione di sfruttare sia la diffusione capillare di smartphone e tablet, sia il ritmo sempre più frenetico della nostra società dove prendersi 45/60 minuti consecutivi per guardare un episodio può diventare un impegno complicato. Ecco quindi l’idea di offrire serie composte da episodi di massimo 10 minuti ciascuno, e ottimizzati per la visione sui dispositivi mobili orientati sia in orizzontale che in verticale.
Incredibile ma vero, l’idea ha raccolto consensi e, soprattutto, finanziamenti per quasi due miliardi di dollari, coinvolgendo anche attori di un discreto calibro in progetti ambiziosi.

Ma poi la realtà ha prevalso e ha decretato un fallimento totale del progetto: dopo i primi 3 mesi gratuiti che avevano invogliato appena 2/3 milioni di utenti contro i 7 attesi dalle previsioni, solo una minima fetta di quei pochi avventurosi ha poi sottoscritto un abbonamento a pagamento, portando alla chiusura dei battenti nel dicembre scorso e alla cessione dei diritti dei suoi contenuti a Roku per la “misera” cifra di 100 milioni di dollari.

E voi cosa ne pensate di questo intasamento di piattaforme streaming? Più ce ne sono e meglio è, o la frammentazione si sta facendo troppo confusionaria e pesante sul portafoglio? Qual è la vostra piattaforma preferita? Fatecelo sapere con un commento qui sotto!

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NathanDrake83

Nerd al 108%, se c'è un fandom ne faccio parte a prescindere. Adoro l'accento British, ma fagocito ogni accento americano. HamFam4Life, intollerante con gli intolleranti.

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