Cinema

[Venezia 75] First Man: il Neil Armstrong di Damien Chazelle

First Man percorre la vita di Neil Armstrong, primo uomo sulla Luna. Per la prima volta solo regista e non sceneggiatore, l’autore statunitense Damien Chazelle dirige la storia scritta da Josh Singer, basata sulla biografia ufficiale sull’astronauta.

Nell’articolo NON sono presenti spoiler

Prima Andrew Neyman in Whiplash, poi Mia e Sebastian in La La Land, ora Neil Armstrong in First Man: quattro persone che lottano per la propria affermazione personale con la loro immensa voglia di raggiungere un risultato. Ma le similitudini con i due precedenti film del giovane regista Damien Chazelle si fermano qui. E mentre il primo uomo sulla Luna fa “un grande passo per l’umanità”, Chazelle fa un passo indietro nella sua filmografia.

First Man poster

First Man non è il racconto dell’atterraggio lunare, ma è principalmente la storia di Neil Armstrong (Ryan Gosling, La La Land) e sua moglie Janet (Claire Foy, The Crown) nel periodo dell’esplorazione spaziale. Il film segue la carriera dell’astronauta fin dal 1962, al suo ingresso nella NASA. Gli autori ci mostrano un uomo stoico, dedito al suo lavoro e a ciò che esso significa per la società, ma che nel frattempo deve fare i conti anche con una vita famigliare non ordinaria, a causa soprattutto della morte di sua figlia all’età di soli 3 anni. Gosling è l’attore perfetto per interpretare un Armstrong all’apparenza quasi impassibile di fronte alle intemperie della sua vita, ma che in realtà lascia trasparire tutti i suoi conflitti interiori. Anche Claire Foy porta su schermo una buona Janet Armstrong, una delle classiche “mogli degli astronauti” che si dedica ai figli e alla famiglia ma che nel frattempo si dimostra anche autorevole e autoritaria nei confronti del marito e del suo lavoro.

Per valutare con correttezza il film d’apertura di Venezia 75 bisognerebbe dividerlo in due: i primi 120 minuti e gli ultimi 10. Le scene finali di First Man sono mozzafiato, originali e altamente emozionanti, ma non verranno più menzionate per evitare spoiler.

Il problema del film è tutto ciò che viene prima. E questo problema parte già dal suo soggetto: la vicenda storica dell’esplorazione spaziale e dell’atterraggio lunare degli anni ’60 è stata narrata in lungo e in largo su diversi media. Ma anche una storia già narrata mille volte può essere rappresentata una volta in più se raccontata in modo originale e personale. Una prova di questo è l’ottima pellicola Steve Jobs di Aaron Sorkin e Danny Boyle, biopic che viene dopo molte altre opere sulla vita del celebre co-fondatore di Apple ma che si eleva rispetto a tutte le precedenti perché presenta una narrativa mai vista prima, più simile a uno spettacolo teatrale che a un film.
First Man invece è solo una sequenza di eventi. Non c’è nulla che non ci si aspetti, non aggiunge niente di nuovo (sempre escludendo gli ultimi 10 minuti) alla marea di opere che narrano gli stessi eventi. Tra queste, spicca la miniserie HBO From the Earth to the Moon, prodotta da Tom Hanks 20 anni fa, la più completa ma soprattutto la più coerente con se stessa.

First Man Ryan Gosling

First Man, sia dal punto di vista della regia che della sceneggiatura, è un’accozzaglia di concetti, un miscuglio che non gli permette di trovarsi una sua identità precisa. A tratti vuole essere un thriller nello spazio, non rendendosi conto che non si può creare tensione per troppe volte con una storia così conosciuta. A tratti vuole essere un film che mette in scena una sbalorditiva visione spaziale, ma con un Chazelle che non apporta nulla di nuovo e non raggiunge l’autenticità e l’esperienza dei mille autori che l’hanno preceduto, a partire da Kubrick con il suo Odissea nello spazio finendo con l’Interstellar di Nolan e passando da Danny Boyle con il suo Sunshine e dal Gravity di Cuarón. A tratti vuole essere critica sociale e analisi politica, dedicando però solo due scene a questi temi e esaminandoli con troppa debolezza. A tratti vuole essere uno studio sul funzionamento della NASA, non riuscendo a farlo in modo sensibile perché in contrasto con la natura stessa del film di essere la biografia di una singola persona. A tratti vuole essere un film famigliare e personale, e queste sono senza dubbio le parti meglio riuscite (anche grazie al lavoro di Gosling e Foy), ma che ancora sembrano incomplete e avrebbero avuto bisogno di più tempo e spazio per essere approfondite. Viene da pensare che First Man sarebbe stato un film più coerente se avesse avuto il coraggio di dedicarsi solo a questo aspetto, non tentando di avere troppe forme ma creandosi una propria personalità. Perché in definitiva il problema di First Man è che è anonimo, che non lascia il segno come avrebbe potuto. Gli ottimi 10 minuti finali aiutano ad elevarlo a buon film, ma purtroppo da un regista che presenta nel curriculum il grandioso Whiplash e un capolavoro come La La Land, “buon film” non basta.

Ma forse il film in sé non è la questione più importante. Il tema su cui concentrarsi è l’esistenza stessa di quest’opera in questo determinato periodo storico. Per quanto possano strutturalmente non essere perfette, in un periodo in cui molti popoli occidentali si sentono rappresentati da individui che considerano l’esplorazione spaziale come una perdita di tempo e soldi, è fondamentale che queste storie facciano parlare di sé. Che siano vicende fantascientifiche e future, o vicende che ripercorrono un’era in cui l’esplorazione spaziale era una questione sociale all’ordine del giorno, è indispensabile che questo cinema emozioni e coinvolga i suoi spettatori, per aiutarci a ricordare quanto deve essere irrinunciabile la nostra curiosità di scoprire da cosa siamo circondati, di esplorare ciò che si trova all’esterno del nostro pianeta. Solo così riusciremo ad avere una visione completa delle nostre vite, citando il Neil Armstrong di Damien Chazelle: “quando guadagni un nuovo punto di osservazione, guadagni una nuova prospettiva”.

 

Luigi Dalena

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Luigi Dalena

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Producer pubblicitario. Blogger itasiano dal 2013. Maniaco dell'ordine e dell'organizzazione. Appassionato di videogiochi, tecnologia, astronomia, cinema e soprattutto serie TV. Apprezzo qualsiasi genere, ma ho un debole per sci-fi e fantasy. Una volta guardavo di tutto, ma poi ho lentamente ristretto i miei gusti spostandomi quasi esclusivamente sulle serie britanniche e sulle cable statunitensi. Più sono brevi, meglio è.
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