Cinema

ItaSA al cinema: Gut

Secondo film in concorso tra i lungometraggi al TOHorror Film Festival 2012, Gut è il thriller psicologico vincitore come miglior film in concorso all’Atlanta Horror Film Festival 2012.

  • Titolo: Gut
  • Regia: Elias
  • Sceneggiatura: Elias
  • Fotografia: Trent Ermes
  • Montaggio: Elias
  • Musica: Chvad SB
  • Interpreti principali: Jason Vail, Nicholas Wilder, Sarah Schoofs, Angie Bullaro, Kirstianna Mueller, Kaitlyn Mueller, Ria Burns-Wilder, Miles Joris-Peyrafitte, Karl Pfeiffer
  • Produzione: Elias, Anna Ganster
  • Distribuzione: Cinetic Rights Management
  • Origine: USA, 2012
  • Genere: Horror, Thriller
  • Durata: 90′
  • Colore: Colore
  • Sinossi: Nella vita di Tom manca qualcosa. Il suo matrimonio ha perso lo smalto iniziale, il suo lavoro lo soffoca e il suo amico d’infanzia Dan continua a restare aggrappato al loro passato, lamentandosi del fatto che non riescono più a frequentarsi come una volta. Tom, così, si aliena sempre di più, giorno dopo giorno, continuando a distaccarsi dalla realtà che lo circonda. Fin quando, un giorno, Dan gli propone una soluzione: la visione di un video misterioso.

Tom (Jason Vail) è un annoiato uomo di provincia che conduce una vita altrettanto noiosa. Ogni giorno si reca al lavoro dove condivide l’ufficio con Dan (Nicholas Wilder), un suo amico d’infanzia che vive ancora la vita di un adolescente ossessionato dai film horror. Dopo aver capito che Tom, stanco delle solita solfa, sta pensando di trasferirsi altrove con la moglie e la figlia, Dan cerca di richiamare l’attenzione dell’amico invitandolo a casa sua a guardare un video misterioso comprato online. La visione del video scatena un impatto emotivo diverso nei due protagonisti, che sembrano reagire in maniera opposta: mentre Tom resta scombussolato per giorni, con la mente continuamente inondata di immagini inquietanti e desideri contrastanti tali che lo portano anche a faticare nel trovare gratificazione sessuale con la moglie, Dan, il classico stereotipo del “nerd”, si sente stranamente eccitato, sicuro di sé, tanto che riesce a trovare il coraggio di invitare una ragazza ad uscire, la cameriera della tavola calda dove i due amici pranzano tutti i giorni. Ma al primo video ne segue subito un altro e qui il regista Elias, nonché sceneggiatore, sottolinea maggiormente la reazione emotiva di Tom che cerca disperatamente di dimenticare ciò che ha visto. Lo spettatore si trova coinvolto nei suoi incalzanti sensi di colpa che, insieme alla disillusione, cedono rapidamente il passo alla paranoia e alla paura, portando il protagonista a confondere il confine tra la realtà e il fascino voyeuristico del macabro e minacciando di smantellare tutti i punti cardine della sua esistenza. Per un po’, comunque, Dan centra il suo obiettivo: riportare la sua amicizia con Tom ai livelli della vecchia complicità ormai scomparsa. Ma le cose tra i due amici precipitano quando in un nuovo video, recapitato senza nemmeno essere stato ordinato, compare la cameriera che esce con Dan. Inizia, così, il gioco delle false piste: è il killer dei video che perseguita Dan o è lui stesso l’artefice? Oppure i video sono solo film horror pieni di effetti speciali che servono solo per tirar fuori dalla mente di Tom le sue fantasie ignominiose?

Chi si approccia alla visione di Gut sperando di ritrovare tutto ciò che di solito trova nei film horror parte con il piede sbagliato e resterà senz’altro deluso. Gut è un film indipendente a basso costo: zero effetti speciali, sentimenti interiori rappresentati con primi e primissimi piani dei protagonisti, pochi dialoghi, inquadrature fisse e montaggio a collage. È evidente che l’intento del regista e sceneggiatore Elias, alla sua seconda esperienza cinematografica, è quello di raccontare una storia definita horror non certo dal punto di vista dello splatter ma da quello psicologico. Il punto è presentare un prodotto che porti lo spettatore a riflettere sulla mente umana e a spaventarsi per quello che è in grado di produrre. I presupposti ci sono tutti, insomma, per presentare un qualcosa che tenga lo spettatore incollato al grande schermo, accompagnato dalla suspense che alimenta un thriller psicologico.

Purtroppo però il film procede in maniera pressoché simile alla vita dei protagonisti: lentamente e senza alcuna direzione. Sporadiche scene di sesso si alternano ad altrettanto sporadiche scene di tranquilla contemplazione: di un computer, della strada al di là della finestra della tavola calda, del soffitto di una camera da letto. In sostanza tali scene vengono utilizzate dal regista per descrivere la spirale di noia in cui sono precipitati i due protagonisti, al di là di un barlume d’eccitazione per i video misteriosi, ma in realtà nel film non succede altro e ci si chiede come sia possibile raccontare la storia di un’ossessione crescente, che alimenta le menti dei due protagonisti, e delle loro rispettive devianze, perché in fondo di questo parliamo, con scene che si verificano con una tale frequenza e senza un briciolo di tensione che paiono essere messe lì solo per coprire i 90′ di durata del film. L’idea di Elias è buona: prendere di mira il cervello, esplorando come il genere horror possa avere effetti negativi su individui già instabili che cercano una sorta di conforto funereo nelle viscere della miseria umana. E mantenere il racconto agganciato alla realtà richiede talento, cosa che è riuscita abbastanza bene ad Elias. Quello che viene fuori però dalla visione di Gut è un senso di distacco dello spettatore dalla storia raccontata per mancanza di reazioni da parte dei protagonisti, che sembrano star lì a subire il corso degli  eventi. La scarsità dei dialoghi, poi, e la presenza costante di una musica monotona, sempre uguale, priva di varietà dall’inizio alla fine del film, non fanno altro che aumentare il divario. Anche quello che dovrebbe essere l’apice del film che sorregge poi il finale risulta essere fiacco come il resto e non può che portare ad una conclusione piatta e poco brillante che lascia lo spettatore con l’amaro in bocca. Se solo Elias avesse caratterizzato meglio i personaggi, rendendoli meno impolverati dalla routine tediosa e più reattivi nelle loro devianze, probabilmente il film avrebbe avuto più verve e avrebbe convinto perché coinvolto molto di più. Il fatto però che abbia vinto come miglior thriller all’Atlanta Horror Film Festival 2012 e che sia riuscito a trovare una casa di distribuzione, la Cinetic Rights Management, che ha acquistato i diritti del film per il nord America, lascia intendere che probabilmente il lavoro di Elias, in più di qualche spettatore, abbia colto nel segno. Vediamo come reagirà il pubblico italiano questa settimana al TOHorror Film Festival.

 

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