George Miller. 70 anni sulle spalle, un mondo post apocalittico fatto di sabbia, fuoco e tanta, tantissima voglia di fare ancora grande cinema. E indovinate un po’? C’è riuscito!
Era il 1981, quando un egregio signor nessuno che di nome faceva George e di cognome Miller, si presentò al mondo con Mad Max (da noi uscito con il titolo Interceptor). Una pellicola fantascientifica “on the road”, ambientata in un’Australia distopica in cui le riserve di petrolio hanno iniziato a scarseggiare, creando il caos generale. Le strade sono infestate da piccoli gruppi di barbari assassini e anarchici, e gli unici difensori dell’ordine sono rimasti i componenti della Main Force Patrol, un gruppo speciale di polizia incaricato di pattugliare le out-back australiane, di cui appunto fa parte Max Rockatansky (originariamente interpretato da un giovanissimo e violentissimo Mel Gibson), il protagonista della pellicola. Il film ebbe a tal punto successo che ne seguirono ben due sequel: Mad Max – Il Guerriero della Strada e Mad Max – Oltre la Sfera del Tuono. I toni si fecero più cupi e apocalittici e culminarono nel secondo capitolo, un capolavoro di intuizioni registiche d’avanguardia e inseguimenti mozzafiato.
Ora Max è tornato, e con lui tutta la “follia” del mondo creato da Miller.
Il mondo è “andato avanti” e si è fatto sempre più pericoloso. Max (stavolta interpretato da Tom Hardy, così riuscito nella parte da non far minimamente sentire il peso del re-casting) continua a vagare solitario per il deserto, in cerca di redenzione, o semplicemente per sfuggire al burrascoso passato che lo ha privato di moglie e figlio. Nel suo pellegrinaggio si imbatte in Furiosa (una Charlize Theron da Oscar), una donna guerriera che sta cercando di attraversare un immenso deserto. Con lei ci sono cinque ex prigioniere, note collettivamente come le Cinque Mogli. Loro stanno fuggendo dal tirannico leader “Immortan Joe” e dalle sue forze militari sanguinarie che governano un regno totalitario, nonché ultima oasi verde rimasta. Joe vuole riavere le mogli perché sono abbastanza fertili da dare alla luce una nuova generazione di figli sani, a differenza della precedente che è quasi completamente malata. La loro unica speranza di raggiungere la salvezza è Max, con la sua grande conoscenza sui molti pericoli del deserto.
Il film è, a conti fatti, una sinfonia visiva lungo due ore di esplosioni e inseguimenti a perdifiato, lande desolate ed eroi femminili che fanno il culo alle controparti maschili. Perché a essere sinceri, questo Mad Max: Fury Road, ancora prima di essere IL miglior action movie degli ultimi 20 anni, è un bellissimo affresco femminista. Una frenesia corale, capitanata dalla vendicativa e sporchissima Furiosa.
È probabilmente il capitolo più curato dell’intera saga, e lo dimostra nell’attenzione per i dettagli (la sequenza della trasfusione di sangue è già cult) e la narrazione. Il montaggio è così pulito da permettere all’occhio di seguire senza problemi tutte le acrobazie realizzate dagli stunt-men.
Corse, morsi, pugni, amore, vendetta, redenzione, tamburi rollanti, chitarre elettriche e tempeste di sabbia che spezzano la quarta parete. Questo è Mad Max al 100%, un coro di adrenalina e di pazzia senza fine. Miller ce la mette tutta, e si diverte. Realizzando un capolavoro degno dei migliori cineasti della nuova generazione. Solo che a dirigerlo è un 70enne dai capelli bianchi e gli occhiali alla Harry Potter.
La strada per la follia è aperta. E voi cosa aspettate a farci un giro?
lost2010
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