Fino a pochi anni fa, era un’emittente per anziani che trasmetteva vecchi film in bianco e nero e serie tv degli anni ’70. Oggi AMC è una delle più vivaci e premiate emittenti americane basic cable. Ma è davvero tutto oro quel che luccica?
Trasmette, lo saprete, quello che è ormai uno degli show più premiati di sempre: Mad Men. Così influente da lanciare una nuova generazione di vintage drama, da Pan Am a The Playboy Club passando per l’inglese The Hour. Trasmette anche Breaking Bad, altro prodotto multipremiato e capace di picchi di realismo e surrealismo che nemmeno la migliore HBO. Lo scorso anno, la matricola The Walking Dead è stato uno degli show cable più visti di sempre, al punto che quest’anno, per la prima volta, sarà trasmesso un talk show a tema per discutere l’episodio subito dopo la messa in onda (un po’ come avviene sulle nostre board…). Anche l’ultimo show originale che ha debuttato, The Killing, ha ottenuto il rinnovo e il controverso finale di stagione ha causato una piccola rivolta on-line tra i fan.
Sembra davvero che AMC non sbagli un colpo: persino Rubicon, cancellato dopo la prima stagione, era un prodotto di alto valore e, noia a parte, avrebbe meritato un’occasione in più. Forse il segreto del successo dell’emittente sta nel fatto che è un editore “indipendente”: è infatti posseduta da Charles Dolan, il presidente dei New York Knicks, che nel 1972 fondò HBO (ora di proprietà di Time Warner) e che fra l’altro possiede anche il provider Cablevision, e appunto AMC Network. L’impero di Dolan, e di suo figlio James, è esteso (include anche il Madison Square Garden) e l’uomo vale circa 3,3 miliardi di dollari; ma non stiamo parlando di conglomerate come Disney, Time Warner o News Corp.: le uniche sorelle di AMC sono IFC, Sundance Channel (entrambi trasmettono film indipendenti) e WeTV (programmazione per un pubblico femminile, soprattutto repliche). Si tratta quindi di un gruppo piccolo, gestito con una linea di comando più snella e diretta; presenta (nel bene e nel male) scarse influenze di tipo politico, e il vantaggio di una corsia di distribuzione privilegiata (Cablevision, appunto).
L’idea del rilancio dell’emittente è stata quella di offrire show di elevata qualità ad un prezzo molto contenuto. Insomma, coprire il segmento di coloro che vorrebbero seguire gli show dark, liberal ed esistenzialisti di HBO ma non hanno i soldi per pagare il salato canone che richiede (vederla sul satellite costa circa 14 dollari al mese). Trovarli, è evidente, non è stato difficile: cinque colpi, finora, 4 centri (e infiliamoci pure la miniserie The Prisoner, un progetto godibile ma che ha generato ascolti deludenti). Più complicato è stato far quadrare i conti: la serie ammiraglia, Mad Men, raccoglie sì le lodi della critica ma il pubblico scarseggia, e il fatto che l’emittente sia ancora così piccola la pone in una situazione di sudditanza con gli inserzionisti. Tutto ciò si traduce in entrate molto magre dal punto di vista degli introiti pubblicitari: circa 20 milioni di dollari a stagione (compresi product placement e forme ibride di promozione), contro i 3 che la produzione (Lionsgate) richiede per ciascun episodio. La pubblicità non è l’unica entrata, ci sono anche gli abbonamenti cable a fare la loro parte, ma è una parte misera: per ciascun nuovo abbonato, AMC riceve appena 20 centesimi al mese del canone corrisposto, contro i 70 cent di USA (la prima emittente cable americana) e i 40 di TNT.
La forza dei grandi gruppi si vede soprattutto nella loro capacità di negoziare prezzi favorevoli ed è evidente che AMC, ancora piccola e solitaria, non ci riesce. Di qui la lotta con showrunner e case di produzione per contenere i costi delle serie, con i produttori che non vogliono compromettere la qualità del proprio lavoro (anche AMC ne soffrirebbe) e non hanno intenzione di lasciarsi sfuggire l’occasione della vita, chiedendo quindi sostanziosi aumenti per tenere la serie up-and-running. La lievitazione dei costi non è un fenomeno raro in tv, anche se spesso è accompagnato dalla crescita degli ascolti: sarebbe un po’ ridicolo che i produttori minacciassero di interrompere una serie che non guarda nessuno. Il fatto è che Mad Men, Breaking Bad e gli altri fanno parte di una specifica identità di AMC su cui l’emittente sta già capitalizzando e continua a farlo: non può quindi permettersi di perderli perchè, se anche fragili e problematici, costituiscono l’embrione di un progetto in fase di sviluppo. Ecco perchè, sebbene le entrate ristagnino e i costi crescano alla faccia degli ascolti, AMC rischia di essere ostaggio della propria grandezza.
Le reazioni dell’emittente finora sono state ingenue e confuse: da un lato offre accordi milionari (a Weiner, produttore di Mad Man) dall’altra instaura estenuanti guerre fredde (con Gilligan e Darabont) sul budget. Interviene anche sulle scelte artistiche, pur proponendosi come la “casa dei rinnegati” (sia Breaking Bad che Mad Men erano stati proposti a FX ed HBO, e prontamente rifiutati). La ragione potrebbe essere che i principali dirigenti del network sono piuttosto giovani e hanno scarsa esperienza direttiva, perlopiù limitata a piccole emittenti cable. Eppure l’intuito e la competenza non manca, e nemmeno il coraggio, se si pensa che quest’autunno saranno lanciati due reality show (non proprio il genere che ti aspetteresti). Saranno The Walking Dead, The Killing e forse Hell on Wheels (debutta quest’autunno) a traghettare l’emittente oltre la prima generazione artistica, verso un futuro incerto. I DVR e la fruizione web (Netflix, Hulu) rischiano di assottigliare ulteriormente il margine delle emittenti, specie quelli delle basic cable: AMC non può davvero permettersi di diventare un paria nella comunità dei produttori di Hollywood.
SLM
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