Settima classifica dell’anno, questa volta si parlerà delle serie televisive più “immaginifiche”, in cui la potenza dell’immagine è di fondamentale importanza. Classificherò insomma i dieci serial della scorsa annata con l’impatto visivo più forte.
Non è una classifica incentrata unicamente sull’aspetto registico della messa in scena, né unicamente su quello fotografico (per non cadere in tecnicismi fini a se stessi), ma si tratta di una via di mezzo: le serie di cui parlerò sono quelle che ho trovato più stimolanti per la loro complessità compositiva, quelle che mi hanno tolto il fiato per la potenza delle immagini prima ancora che della narrazione, quelle in cui la sperimentazione visiva è di importanza cruciale. Se volete far gioire i vostri occhi, questa è la top che fa per voi.
Ci possono essere spoiler nell’articolo, avendo elencato alcuni momenti e scene particolarmente significative (facendo il possibile per ridurre al minimo qualsiasi spoiler), siete stati avvertiti!
10. VINYL
Decimo posto per la creatura di Martin Scorsese morta precocemente, non riuscendo a imporsi come successore ideologico di Boardwalk Empire. I suoi punti deboli sono da ritrovarsi nella narrazione e nella scrittura, di sicuro non nella regia: il maestro Scorsese ci accompagna nel vortice in cui il produttore musicale Richie Finestra (Bobby Cannavale) viene risucchiato (e che metaforicamente si può estendere all’intero panorama musicale nei primi anni ’70). Piani-sequenza, carrellate velocissime, un montaggio frenetico e senza sbavature: tutta la potenza dirompente e incontenibile del regista americano viene incanalata all’interno di immagini taglienti e incisive che catturano alla gola. Il fatto che la storia non si sia dimostrata all’altezza della qualità tecnica, non mi permette di posizionarla più in alto.
9. THE NIGHT OF
Nel 2016 The Night Of è stata una delle serie che più di tutte ha vissuto di atmosfere (come The OA, di cui parleremo tra poco). Non ha vissuto di personaggi, di trama, di scrittura, di regia o di montaggio. Ha vissuto di atmosfere, di pure immagini. Difficile non lasciarsi stregare da una New York così decadente, quasi a riportarla nel periodo precedente alla tolleranza zero di Giuliani. Raramente in televisione la città è stata rappresentata in modo così profondamente oscuro e impenetrabile: i colori sono talmente desaturati che alcune scene sembrano essere in bianco e nero; la macchina da presa è quasi sempre immobile, a riprendere l’azione con piani fissi che bloccano ogni via di fuga. Come se non bastasse i personaggi sono quasi sempre decentrati nell’inquadratura, lasciando enormi fette di vuoto e oscurità all’interno del quadro. Un vuoto che non si riempirà mai, nemmeno nel finale. E questo è proprio ciò che The Night Of rappresenta.
8. THE OA
Quando si parla di The OA è pressoché impossibile non fare riferimento a The Leftovers, a parere di chi scrive (e non solo fortunatamente) già una pietra miliare della televisione contemporanea. Si parla infatti di un prodotto che non ricerca verosimiglianza, assoluta coerenza interna, spiegazioni logiche, facili immedesimazioni e morali di fondo ben definite; siamo in una area di nicchia, in cui il cardine essenziale delle serie in questione è l’atmosfera. Tutto ciò viene rappresentato alla perfezione dalle immagini, di una delicatezza rara: luci soffuse e colori simil-pastello ci portano in una dimensione parallela costituita da storie di reincarnazione, rapimenti, malesseri interiori e speranze mai distrutte. I momenti più surreali, onirici, crudi e improvvisi scoppi di violenti si fondono con altri di una dolcezza quasi infantile, creando così inquadrature di una potenza altamente evocativa.
7. GAME OF THRONES
Dopo una quinta stagione deludente su tutti i fronti possibili, la sesta si rialza prepotentemente regalandoci alcuni degli episodi meglio girati dell’annata televisiva. Più che formulazioni teoriche, credo sia il caso di ricordare due episodi emblematici: The Battle of the Bastards e The Winds of Winter. Nel primo caso abbiamo una delle battaglie meglio dirette della storia televisiva (il cui realismo si contrappone al fantasy dell’altrettanto meravigliosa battaglia di Castle Black nella quarta stagione), nel secondo abbiamo un incipit di 20 minuti che è da antologia. In entrambi casi lo studio sull’aspetto visivo è notevole: immagini come quella di Jon Snow (Kit Harington) intrappolato sotto i corpi degli altri soldati mentre tenta di respirare, o come quella di Lancel (Eugene Simon) ferito che cerca di spegnere la fiamma vicino all’Altofuoco, difficilmente possono essere dimenticate.
6. BETTER CALL SAUL
La seconda stagione di Better Call Saul ha fatto un balzo di qualità notevole dopo la prima molto incerta sulla strada da prendere. Anche per quanto la bellezza delle immagini si è rivelata essere una delle migliori in circolazione, concedendosi qualche momento di virtuosismo di Breakingbaddiana memoria che farà sicuramente gioire molti fan. Impossibile non ripensare al piano-sequenza che apre l’ottavo episodio, Fifi, che richiama il pedinamento della cinepresa nel celebre long-take iniziale de L’infernale Quinlan (uno dei capolavori assoluti di Orson Welles e del cinema mondiale). C’è poco da fare, non sarà una serie perfetta ma ha classe da vedere.
5. NARCOS
La parabola discendente di Pablo Escobar (Wagner Moura) è narrata con una maestria visiva tale che è difficile non rimanere con gli occhi incollati allo schermo. Questo nonostante la narrazione sia estremamente dilatata rispetto alla stagione passata, per potersi concentrare solo sulla guerra conclusiva tra Pablo, la polizia colombiana, la DEA e l’organizzazione paramilitare “Los Pepes”. Un tutti contro tutti di proporzioni epiche, letteralmente incredibili se pensiamo che è una storia vera, raccontato con la dovuta ampiezza di respiro delle immagini; la camera a mano ci conduce lungo tutta Medellìn, tra ville di lusso e strade ricoperte di cadaveri mutilati, sempre con una cura nel montaggio e nella composizione più unica che rara.
4. MR. ROBOT
Caso analogo a quello di Better Call Saul, anche Mr. Robot dopo un inizio ponderato riesce a spiccare il volo con una sperimentale e meravigliosa seconda stagione. In questo caso la forza immaginifica è di fondamentale importanza: si passa da virtuosi piani-sequenza a memorabili scene surreali dal gusto lynchiano (inquadrature fisse e penetranti, profondamente surreali e studiatissime fino ai minimi dettagli), da allucinazioni metatelevisive girate come fossero una sit-com a esplosioni di montaggio e regia. Ce n’è per tutti i gusti, e la cosa migliore è che tutti questi differenti stili si amalgamano alla perfezione nel delirante universo di Elliot (Rami Malek).
3. HOUSE OF CARDS
House of Cards, il monumento alla formalità nella televisione contemporanea, si merita la medaglia di bronzo. Non esistono inquadrature che non siano perfettamente studiate e bilanciate, non esistono movimenti di aggiustamento della cinepresa durante le scene perché tutto ciò che compare sullo schermo è meticolosamente studiato fin dall’inizio. E non poteva essere altrimenti per una serie che ha il mastodontico obiettivo di raccontare i giochi di potere tra il presidente degli Stati Uniti e il microcosmo che gli ruota attorno. Una delle serie più sontuose che si possano trovare, anche dopo una terza stagione tutt’altro che convincente (perdonata soltanto grazie a una quarta di alto livello). Lasciate che l’ammaliante oscurità della serie vi avvolga.
2. AMERICAN CRIME STORY: THE PEOPLE V. O.J. SIMPSON
Medaglia d’argento per una delle stagioni antologiche più belle non solo del 2016, ma degli ultimi anni (se non di sempre). 10 episodi perfetti in cui l’asticella della qualità continua ad alzarsi in ogni aspetto, in particolare quello visivo. Sfido chiunque a non rimanere a bocca aperta di fronte al vortice inarrestabile di immagini che si susseguono, analizzando senza essere pedante ogni aspetto immaginabile del processo a O.J. Simpson (la difesa, l’accusa, l’imputato, la giuria, il giudice, i mass media, le relative famiglie e persino il popolo stesso). È forse la serie con l’impatto visivo più forte di tutte quest’anno: a una composizione formale perfetta si associa una velocità di movimenti e di montaggio irripetibile, rendendo l’atmosfera più movimentata di quella di una corsa di Formula Uno. La forza travolgente delle immagini fa letteralmente implodere l’aula di tribunale, rendendola a tutti gli effetti un ring in cui combattono più lottatori fino all’ultimo sangue.
1. THE YOUNG POPE
La medaglia d’oro però ho deciso di darla al tanto amato e tanto odiato Paolo Sorrentino. Si possono dire le peggio cose sul regista italiano: chesia un formalista, un presuntuoso, che sia inutilmente enfatico, ruffiano, spaccone… tutte cose vere in parte (e io lo amo anche per questo). Quello che nessuno gli può contestare è invece un talento innato nel creare immagini ad alto impatto visivo, nel creare grandi quadri in movimento. The Young Pope è la prova di tutto ciò. Attorno a una narrazione che, nonostante tutto, io ho ritenuto ottima e incredibilmente variegata, si associa una potenza visiva inarrivabile. La commozione nello spettatore spesso non è generato da ciò che viene raccontato (per le storie o per i personaggi), ma per come esso venga mostrato, come vengano messi in scena e messi in quadro i personaggi. La filmografia del regista è piena fino all’orlo di esempi simili, e fortunatamente Young Pope ha proseguito questa tradizione. Sfido voi spettatori a non lasciarvi emozionare da immagini come quelle di Voiello (Silvio Orlando), Spencer (James Cromwell) e Girolamo in spiaggia dopo aver complottato contro Lenny (Jude Law); o quelle dei soldati africani che ascoltano il discorso del Papa, o quelle in cui Pio XIII parla a Dio mentre è protetto dalle volanti della polizia.
Questa era la mia classifica. Prima di scagliarvi contro di me, sappiate che non ho potuto recuperare tutto ciò che avevo in mente (mi informano dalla regia che Penny Dreadful sia una grave mancanza, per esempio), quindi se conoscete altre serie che meriterebbero di essere in una simile top scrivetemelo in un commento!
Alessandro
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