Black Mirror

Black Mirror – Arkangel: parental control

Che cosa sareste disposti a fare per proteggere i vostri figli?

Proseguiamo la disanima delle puntate di Black Mirror, dopo il primo episodio USS Callister analizzato da Giovanni Trombino, con Arkangel. Ritorniamo alle atmosfere tipiche della serie, con una storia semplice che però presenta risvolti interessanti, come da tradizione per Black Mirror.

Sono presenti SPOILER. Non continuate se non avete visto la puntata.

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Seguiamo la storia di Marie (Rosemarie DeWitt) e della figlia Sara [Aniya Hodge (3), Sarah Abbott (8), Brenna Harding (15)] in un inizio già piuttosto spaventoso per ogni genitore. Perdere di vista un figlio è un’esperienza terrificante ed è proprio la paura di Marie, dopo aver ritrovato la figlia poco distante da lei, a spingerla a testare un dispositivo di tracciamento ideato dall’azienda Arkangel, a mezzo di un microchip impiantato nella testa della piccola Sara, che le permetterebbe di sapere sempre dove si trova la figlia e quali sono le sue condizioni fisiche e mentali in ogni momento della giornata. E se Arkangel si rivela uno strumento utile e fondamentale per la crescita di Sara fino all’età della pre-adolescenza, nella quale, con opportuni filtri del sistema, vede una realtà leggermente distorta che non le causa stress e ansie e che le permette di proseguire serena la sua vita, c’è un momento nella vita di un genitore in cui quel già sottile legame di iper-protezione verso i figli deve necessariamente spezzarsi. Un legame che Marie capisce di dover recidere, in maniera decisa, spegnendo il tablet che le consente di monitorare le azioni della figlia.

Black Mirror arkangel 1

Sembrerebbe che Marie abbia capito tutto questo e che permetta alla figlia finalmente di vivere una vita normale, come ogni altro ragazzino della sua scuola, ma la libertà tanto agognata dura poco. All’età di 15 anni, Sara inizia a desiderare indipendenza, a ricercare un contatto fisico con l’altro sesso e, come normale, anche a dire qualche bugia innocente per poter sgattaiolare fuori casa e incontrare gli amici. Si invaghisce di Trick (Owen Teague), un ragazzo pacato e gentile che però spaccia droga per racimolare qualche soldo. I due si conoscono sin da bambini, quando lui cercava di spiegare a Sara tutto ciò che lei, a causa del filtro anti-violenza, non poteva vedere: che si trattasse di video porno o di immagini violente e crude, Trick provava a spiegarle che cosa ci fosse realmente in quelle immagini, ma senza riuscirci pienamente. Quando finalmente il “parental control” viene disattivato da Marie, Sara è libera di sperimentare tutto ciò che finora le era stato precluso. Fare sesso con Trick, provare droga e anche auto-infliggersi dolore per vedere finalmente il colore del sangue, e non un’immagine pixelata e sfocata. Tutte queste cose, ammettiamolo, farebbero impallidire e impazzire un genitore. E infatti, quando Marie si accorge che la figlia le ha mentito su dove sarebbe andata una sera, non ha altra scelta se non riaccendere Arkangel e vedere effettivamente dove si trova. Vede la figlia mentre fa sesso con Trick, tramite gli occhi di Sara stessa, e si rende conto per un fugace attimo che è totalmente sbagliato ciò che ha fatto e che sta facendo. Non è più accettabile controllare la figlia in maniera così ossessiva. L’apprensione che prova non dovrebbe più spingerla a controllare ogni mossa della figlia ormai adolescente, ma, come detto, è un attimo fugace, perché l’ossessione di Marie cresce sempre più e, vedendo la figlia provare della cocaina offerta da Trick, decide di prendere in mano la situazione e obbligare il ragazzo a lasciare la figlia. Ma non basta, Marie si spinge pericolosamente oltre e le dà di nascosto la pillola del giorno dopo, a seguito del rapporto sessuale di cui è stata testimone.

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A causa della pillola del giorno dopo, Sara si sente male a scuola e viene a conoscenza di come la madre le abbia somministrato il farmaco a sua insaputa. Furiosa, va a casa a cercare il tablet di Arkangel e finalmente lo trova nascosto sotto i cuscini del letto della madre; controlla la cronologia e vede ogni immagine vista anche da Marie: la cocaina, il sesso, tutto quanto. Decide di andarsene, di scappare: non rimarrà ancora lì con una madre così oppressiva. Marie torna a casa, trova le stanze a soqquadro e si rende conto che Sara ha capito che cosa sta succedendo. Le due litigano violentemente e Sara, in uno scatto d’ira, le scaglia il tablet in faccia colpendola più volte e in modo piuttosto violento, avendo inavvertitamente riavviato il filtro parental control che le impedisce di vedere chiaramente la realtà, e lasciandola stordita a terra, mentre si allontana con la borsa piena di effetti personali. Marie si rialza, scossa e traumatizzata, con la faccia intrisa di sangue e tagli, e si accorge che, nella colluttazione, lo schermo del tablet si è irrimediabilmente frantumato, rendendole così impossibile controllare la figlia e rendendo lei, in un certo senso, cieca sui futuri movimenti di Sara.

 

Questo episodio, seppur all’apparenza lineare e con un finale a tratti un po’ banale, ha al suo interno una tematica forte che, se unita alla tecnologia distopica che tutti noi appassionati ormai conosciamo, rende Arkangel un episodio in pieno stile Black Mirror ad alto contenuto di tensione e disagio. Charlie Brooker, grazie alla sapiente e pulita regia di Jodie Foster, ci regala una storia che potremmo definire quasi inflazionata: la relazione madre-figli è da sempre un argomento interessante e che si presta a molteplici risvolti, spesso negativi e legati a traumi di diversa natura. Qui abbiamo un rapporto inizialmente protettivo, forse troppo, ma giustificato, di una madre che sfrutta la tecnologia innovativa per assicurarsi che nulla capiti alla figlia. Un’occasione da non farsi scappare, in fondo chi non vorrebbe proteggere i propri figli da ogni evento che potrebbe potenzialmente ferirli? Fa parte della natura umana tenere sotto la propria ala protettrice i più piccoli e proteggerli da ogni male, no? Certo, ma con i dovuti limiti. Limiti che Marie, nel corso del tempo, inizia a superare, rendendosi presto conto che questa soluzione non è sana per il rapporto tra le due e decidendo di smettere di monitore Sara. Si direbbe un passaggio obbligato: i figli, solitamente durante la fase adolescenziale, scappano dalle cure dei genitori, si ribellano e si liberano, in un certo senso, dalle incessanti e apprensive ali protettici delle madri per poter spiccare il volo da soli, sbagliare se necessario, per poter crescere e diventare indipendenti. Il ruolo dei genitori, quello di proteggere e di educare, nella fase più tumultuosa di un adolescente, è un ruolo chiave, seppur estremamente difficile. Quasi ogni ragazzo a quell’età vorrebbe liberarsi dalla morsa dei genitori e sperimentare cose nuove, spezzare quelle che l’adolescente crede siano catene e rendersi finalmente indipendente, ma la controparte non è mai pronta a recidere di netto il rapporto di protezione instauratosi fino ad allora, col risultato di diventare ancora più apprensiva, sino al limite dell’ossessione.

Per fortuna, in alcuni casi, i genitori capiscono di dover allentare la presa e lasciar sbagliare i figli per far loro comprendere cosa significa davvero stare al mondo, ma che cosa faremmo se anche noi avessimo a disposizione un sistema di monitoraggio come Arkangel? Fino a che punto è accettabile monitorare ogni mossa dei figli, con il rischio di spezzare un legame di fiducia già tanto difficile da instaurare? Quando è necessario che un genitore si faccia da parte e protegga un figlio con metodi diversi, ma senza intaccare il suo bisogno di privacy? Il futuro distopico di Black Mirror ancora una volta non si distanzia molto dalla nostra realtà: esistono ormai da tempo tecnologie simili in grado di tracciare la posizione delle persone tramite gli smartphone, dunque non è così difficile sapere dove si trovano i figli e che cosa stiano facendo, ma è il modo in cui si usano questi strumenti che fa la differenza. Sarà sempre l’elemento umano che farà la differenza. Un cattivo utilizzo e l’eccesso di apprensione genitoriale porterà sempre a conseguenze negative. È solo permettendo ai figli di vivere come meglio credono che un genitore potrà proteggere a dovere un figlio senza opprimerlo e, così facendo, tenerlo vicino a sé senza costrizioni, in modo sano ed equilibrato. Ma finché un genitore continuerà a considerare un figlio di sua proprietà, ci sarà sempre una Sara pronta a ribellarsi e a scappare dalla madre.

Silvia Speranza

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Edel Jungfrau

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Traduttrice/dialoghista per professione, blogger appassionata di makeup e serie TV. Più di ogni cosa, preferisco le serie drammatiche e i period drama: più sono cruente e sconvolgenti e più mi piacciono, ma datemi un manzo vichingo con la barba e farete di me una bimba felice. Blogger dal 2012, spietata correttorA di bozze dal 2014 e traduttrice dal 2015, amo Italiansubs come una seconda famiglia e odio in maniera viscerale la parola "disturbante". Non esiste, deal with it.
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