Prendete i caschi e montate in sella: l’aperitivo di oggi vi porta alla scoperta del mito delle due ruote con la miniserie di Discovery Harley and the Davidsons.
TRAMA E INFORMAZIONI
Harley and the Davidsons è una miniserie in tre episodi (andati in onda dal 5 al 7 settembre scorsi) del canale americano Discovery che con questo show prova ad affacciarsi sul mondo della serialità portando in TV la nascita del mito del motocilismo: la Harley-Davidson. Siamo nel Wisconsin degli inizi del Novecento, nel 1903 precisamente: Bill Harley (Robert Aramayo, il giovane Ed Stark in Game of Thrones) è un giovane progettista di motori che sogna una carriera come ingegnere in modo da poter coniugare la sua passione per i motori e dare un sostegno economico alla sua famiglia. Durante uno spettacolo di burlesque Bill viene sorpreso dal suo amico Arthur Davidson (Bug Hall) a disegnare il bozzetto per una bici a motore: e così, grazie al talento di Harley e all’intuizione di Arthur, i due ragazzi riescono a convicere Walter Davidson (Michiel Huisman, il Daario Naharis di Game of Thrones) ad intraprendere un’avventura per costruire non una moto qualsiasi, bensì la moto in grado di sbaragliare qualsiasi forma di concorrenza.
IMPRESSIONI SUL PILOT
Dire Harley-Davidson equivale a parlare di un mito, un qualcosa di palpabile anche per chi una Harley l’ha semplicemente sognata. E la nuova miniserie di Discovery punta proprio a restituirci il fascino di questa due ruote catapultandoci direttamente alle origini del mito. Il taglio che gli sceneggiatori (Evan Wright, Seth Fisher e Nick Schenk) hanno dato a questa miniserie è un’impostazione biografica la cui storia prende spunto dalla nascita della Harley-Davidson e viene modellata secondo i canoni televisivi. L’idea di fornire un racconto romantico e appassionato della nascita di un mito è ben sottolineata, soprattutto facendo a meno del taglio descrittivo e documentaristico che ci si potrebbe aspettare dal network sui cui va in onda. Siamo, infatti, davanti ad un racconto che, a giudicare dalla prima parte, si concentra esclusivamente su come il trio di pionieri delle due ruote arrivi a fondare quella casa motociclistica in grado di ispirare generazioni di motociclisti per più di cento anni e che fa della passione per le moto la sua arma vincente. La nascita della Harley-Davidson, infatti, ci viene mostrata da un lato come l’incarnazione del mito del progresso (siamo storicamente nel pieno della rivoluzione industriale) e dall’altro esalta quello che oggi chiamiamo la realizzazione del sogno americano, dove bastano competenza, passione e un garage per fondare la tua azienda e affermarti a livello mondiale. Una saturazione, da questo punto di vista, che cerca di porre rimedio al delle imperfezioni, a tratti un po’ grossolane, presenti nella prima parte. Sorvolando su un paio di luoghi comuni (come l’accostamento donna/moto che dà via all’intuizione di Harley/Davidson e che fa molto Jovanotti fine anni ’80) il background dei protagonisti è troppo essenziale e striminzito: i legami tra i personaggi principali ci vengono già forniti come se fossero un template delle relazioni umane, abortendo la possibilità di approfondirne le sfaccettature. Nonostante il minutaggio della prima parte (80 minuti circa), i contesti familiari, ad esempio, sono già dati e si ha la sensazione che alcune dinamiche tra i vari membri della famiglia vengano liquidate un po’ di fretta. Un problema sicuramente dovuto al numero di episodi di cui è composta questa miniserie e che impone di fare una selezione sugli argomenti da approfondire: o la storia in sé o la storia e tutto ciò che sta intorno. Per questo motivo sembra di essere di fronte a un ibrido tra serie TV e film per la televisione. Un’accelerazione narrativa che, tuttavia, da un lato viene attenuata dall’ottima prestazione del cast principale e dall’altro trova un riscontro nei momenti in cui la regia di Ciaran Donnelly (che ha diretto anche il secondo episodio, lasciando la macchina da presa a Stephen Kay per il terzo) riesce a rendere al meglio l’aspetto più spericolato e folle di questa storia. Le scene delle corse, infatti, mettono in mostra proprio lo spirito di quei bikers, l’adrenalina e il pathos che si respirava in quelle gare, la voglia di affermarsi, la voglia di rischiare e di superare qualsiasi tipo di limite, la sfrontatezza del mito, la necessità di puntare in alto e di creare qualcosa che resti nella storia: bigger, stronger, faster. Perché la Harley-Davidson è più di una moto, è uno stile, una cultura. E quando vedi spuntare quel nome sulla linea di partenza è lì che tutti questi sentimenti emergono e si capisce qual è la chiave con cui leggere questa miniserie.
IL TRAILER
I sottotitoli della prima parte di questa miniserie li trovate a questo link. A me non resta che augurarvi buona visione!
givaz
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