Carnivàle

I Dessert: Carnivàle

Questi Dessert, come ormai sapete, introducono serie che ItaSA decide di iniziare a subbare a distanza di anni dalla loro conclusione. Conclusione che in questo caso – ve lo dico subito – fu prematura e dolorosissima per i tanti fan, ma che nulla toglie alla caratura di una serie che molto ancora aveva da dire. Facciamo un salto indietro fino al 1934 e ci troviamo catapultati in un tempo che col nostro ha in comune solo due cose: c’era comunque la crisi… e allora come adesso si combatte l’eterna battaglia tra il Bene e il Male. E come tutte le serie, si inizia dai (meravigliosi) titoli di testa.

Fin da qui si capisce come la serie corra su un duplice binario. Da una parte si cerca di integrare nella narrazione principale il difficile contesto della Grande Depressione e delle durissime condizioni di vita di quel periodo, ma allo stesso tempo lo sguardo è ben più ampio e spazia in generale su tutto ciò che in senso sia concreto che lato può essere considerato Bene o Male.

LA TRAMA

Carnivàle va in onda dal 2003 al 2005 su HBO, per un totale di 2 stagioni da 12 episodi l’una. Il creatore e produttore esecutivo è Daniel Knauf (che attualmente è uno dei produttori di Dracula), ma probabilmente il nome di maggior peso all’interno dello staff creativo è quello di Ronald D. Moore, che più o meno nello stesso periodo si accingeva a dare vita a un altro capolavoro, Battlestar Galactica. Nel pilot vediamo Ben Hawkins (Nick Stahl), che ha appena perso la madre e si trova nei guai con la giustizia, unirsi a un circo itinerante di passaggio nella sua città in Oklahoma. Le strane visioni che ha insospettiscono i membri del circo, ma con esse Ben rivela anche un prezioso dono: quello di guarire le persone solo imponendo le mani. Allo stesso tempo, in California, un pastore metodista di nome Justin Crowe (Clancy Brown) sperimenta a sua volta visioni come quelle di Ben e a sua volta possiede poteri che si rivelano tanto più oscuri quanto più è invece limpida la sua convinzione di fare la volontà di Dio. Due destini uguali e contrari destinati fatalmente a incrociarsi.

Venghino, signori, venghino!

LA SERIE

Ogni puntata, esattamente come il circo, è itinerante e i protagonisti si trovano ad affrontare ogni volta le situazioni che derivano dallo spostarsi di continuo, ma la serie mantiene comunque una predominante trama orizzontale, rappresentata dal progressivo avvicinarsi dello “scontro finale“. L’atmosfera che si respira è perfettamente rappresentata dal contesto circense in cui la narrazione si dipana: un’atmosfera vagamente sospesa nel tempo, ricca di mistero, di misticismo e di simboli, con sistematici rimandi e riferimenti incrociati, al punto che lo stesso Ronald D. Moore si disse al tempo piu’ che sicuro che si trattasse dello show più complicato mai andato in onda. Daniel Knauf, da parte sua, ci teneva ad assicurare che la mitologia di fondo fosse già definita ben prima di iniziare a girare la stagione e che tutto avesse un senso, sebbene questo potesse alle volte rivelarsi difficile da cogliere, al punto che TV Guide lo definì “lo show perfetto per quelli che pensavano che Twin Peaks fosse troppo accessibile”. Il contesto storico in cui l’azione ha luogo non scompare, ma viene trasfigurato: tanto la trama principale è essenzialmente a-storica, tanto la Grande Depressione da economica diventa antropologica, donando alla serie toni decisamente scuri. Tutto questo per dire che è una serie complessa, della quale non ci si può di certo permettere di perdere una puntata come un qualsiasi procedural, ma che in cambio del nostro impegno di spettatori ci regala – credetemi – un viaggio meraviglioso. Viaggio che però si interrompe dopo appena 24 episodi, perché la bellezza di Carnivàle è anche la sua rovina: la serie ha un cast molto vasto, dei costi di produzione molto alti e sembra essere troppo ostica perfino per il pubblico cable. HBO decide di non ordinare la terza stagione, compiendo uno dei pochissimi errori della sua storia e lasciando i fan a bocca asciutta e avidi di risposte, costretti ad accontentarsi delle rivelazioni a posteriori dello showrunner su quello che sarebbe stato il futuro della serie.

A questo punto vi starete chiedendo: “ma vale comunque la pena guardarla?”. Il fatto che dopo dieci anni  io sia qui a scriverne e un intero team la stia sottotitolando per voi dovrebbe essere una risposta sufficiente.

CURIOSITÀ

  • L’idea per questa serie venne a Knauf addirittura nel 1990, quando ancora sognava di fare lo sceneggiatore e aveva di fronte a sé una fulgida carriera nel campo delle assicurazioni.
  • La serie sarebbe dovuta durare 6 stagioni complessive, con una divisione in tre “libri” da due stagioni ognuno. Questo fu un altro dei motivi per cui HBO decise di non rischiare: rinnovarlo per la terza stagione li avrebbe quasi obbligati a ordinare anche la quarta, per non lasciare un ciclo narrativo del tutto a metà.
  • Per rendere al meglio l’atmosfera sporca e polverosa della Grande Depressione, sul set c’era un continuo ricircolo di fumo e di polvere attraverso l’impianto dell’aria condizionata.
  • Il pilot è stato diretto, assieme a vari altri episodi della serie, da Rodrigo Garcia, affermato regista cinematografico e televisivo, nonché figlio d’arte: il padre è infatti lo scrittore Gabriel Garcia Marquez.

Se questa recensione vi ha incuriosito o se siete già fan e volete rivivere la bellezza della serie in lingua originale, trovate qua i sottotitoli del pilot.

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