Dopo i primi due episodi in cui sono stati delineati i personaggi, The Young Pope entra nel vivo delle dinamiche del Vaticano senza rinunciare al simbolismo e a un paio di allusioni alla realtà.
L’articolo contiene spoiler sugli episodi 3 e 4.
Ci eravamo lasciati con quel discorso dal tono accusatorio nei confronti dei fedeli pronunciato da Pio XIII (Jude Law) dal balcone della Basilica di San Pietro. Quell’ombra che imponeva di cercare Dio senza il suo aiuto adesso deve fare i conti con le conseguenze di quella Omelia spiazzante. È questo il lasciapassare che ci proietta all’interno dei meccanismi politici che fanno girare la complessa macchina del Vaticano. Più volte si è parlato di The Young Pope come la versione ecclesiastica di House of Cards, pur con qualche limite derivato dalla chiusura ermetica da parte del mondo politico vaticano, refrattario a mostrarsi pienamente sotto gli occhi di tutti. E in questi due episodi, Sorrentino, gettando le basi per lo sviluppo politico della trama, riesce a ottenere una caratterizzazione più profonda dei personaggi, ricorrendo a un simbolismo e a una filosofia più o meno immediati.
L’IMPERATIVO ABELARDIANO
In una scena del terzo episodio, il Cardinale Caltanissetta (Toni Bertorelli) fa un regalo a Lenny Belardo, descrivendo l’oggetto come molto utile ma solo quando viene aperto. Pio XII prende l’oggetto, una spilla da balia, e lo deforma con le dita sostenendo che può avere un’utilità anche da chiuso. La spilla da balia non è altro che un oggetto semplice per unire due lembi di tessuto in maniera sicura, un ponte in grado di garantire una continuità nella rottura. Lenny Belardo è, nelle intenzioni dei Cardinali, quella spilla da balia: lo strumento in grado di dare continuità alla Chiesa, la sintesi tra il progressismo di Angelo Voiello (Silvio Orlando) e lo spirito conservatore di Michael Spencer (James Cromwell). Il Papa del compromesso, viene definito, proprio per la sua condotta prudente da Cardinale che aveva indotto gli altri porporati a votare per lui durante il Conclave. Ma la differenza tra l’agire da Cardinale e l’agire da Papa sta nel fatto che il primo opera in maniera collegiale, il secondo è un sovrano assoluto. Lenny Belardo, così, deforma quella spilla da balia trovandone un altro utilizzo e un’altra funzione (un bracciale) e allo stesso modo deforma i dettami della politica vaticana così come era conosciuta prima dell’avvento di quel piano di riforma della Chiesa non ben definito, iniziato con la prima Omelia e avvolto nel mistero. Lo stesso mistero sul quale si basa l’intera dottrina cattolica e che Pio XIII ha deciso di prendere alla lettera non concedendo spiegazioni di alcun tipo e non apparendo mai in pubblico, se non in occasioni ufficiali (l’incontro con il Primo Ministro della Groenlandia) e strettamente necessarie (i battesimi). In qualche modo, l’assenza di Lenny dal mondo mediatico è come l’assenza materiale di Dio: se hai fede non hai bisogno di prove che te ne dimostrino l’esistenza. «I don’t appear, I don’t explain» (Io non mi mostro, io non do spiegazioni), al contrario di santoni e mistici che hanno bisogno di inviare delle documentazioni per essere creduti e riconosciuti e che spopolano nei contenitori TV, spettacolarizzando le proprie doti e, al contempo, snaturandone la veridicità.
«L’assenza è presenza», dice al remissivo Cardinale Spencer, una battuta che porta con sé il tentativo da parte di Sorrentino di destrutturare, attraverso la figura di Pio XIII, quei simulacri tipici della dottrina cattolica, quelle apparenze e quelle rappresentazioni che non rispondono alla realtà e che, anzi, sono soggette a continue contraddizioni. Lenny Belardo è una traccia, un’allusione, certamente umana e forse divina, che rimanda a qualcos’altro senza mai essere presente autonomamente, è colui che si muove sul quel confine labile tra sacro e maledetto, tra l’esistenza e la non esistenza di Dio, e l’impossibilità di separare nettamente questi due ambiti. Pio XIII è quel simulacro che rimanda ad altro e che, allo stesso tempo, continua a cercare l’autenticità delle cose: dal rifiuto della sigaretta elettronica, alla ricerca dell’impronta divina dietro la sua elezione e dietro la vocazione delle persone che stanno intorno a lui. Lenny chiede a Suree e a Gutierrez da dove proviene la loro chiamata. Chiede la stessa cosa a Voiello, dal quale vuole poi conoscere i dettagli che hanno portato alla sua elezione, che risulta essere nient’altro che un gioco di prestigio del cardinale napoletano. Perché se da un lato il Conclave è la politica nuda e cruda, quella incline al peccato che mina le basi della fede di Belardo, dall’altro è, o deve essere, anche espressione della volontà dello Spirito Santo, secondo i dettami della dottrina. E quindi Pio XIII non può fare altro che metterla in discussione comportandosi come un divo capriccioso che non vuole farsi vedere; spavaldo, sarcastico, presuntuoso e vanitoso («Sono più bello di Gesù»); che preferisce restare nella sua torre d’avorio invece che mischiarsi alla gente e lo sottolinea trasferendo in Alaska il Cardinale responsabile dei viaggi del Pontefice.
Il Papa di Sorrentino è un personaggio che preferisce esercitare l’autorità piuttosto che l’autorevolezza della carica; che al Dio misericordioso delle Scritture contrappone il Dio spietato e vendicativo, che intimorisce allo stesso modo in cui il terrore sbianca i volti dei Cardinali al momento dell’elezione di Pio XIII, il quale addirittura gode della loro paura: «Hanno scelto un Papa che non conoscono» confessa sinistramente a Don Tommaso (Marcello Romolo). La stessa Suor Mary (Diane Keaton), punto di riferimento di Lenny, si trova a essere coinvolta in prima persona in questo delirio di onnipotenza, presiedendo una conferenza stampa in cui le è stato imposto di affermare e di non rispondere alle domande, sciorinando una serie di titoli papali che culminano con due punti chiave: insensibilità ai dubbi altrui e infallibilità del Pontefice. Lenny non prega, non chiede, bensì impone la sua volontà e semina il panico tra i sacerdoti inscenando una caccia all’omosessuale. Un Papa che non vuole essere manipolabile da nessuno, persino dal Dio di cui mette in dubbio l’esistenza a più riprese ma al quale non manca di chiedere perdono e di invocare per far sì che qualcosa di divino accada, sfociando in un delirio di onnipotenza che arriva a imporre il suo volere sull’uomo (la minaccia di deporre Voiello dalla carica di Cardinale) e su Dio stesso: il mantra «Not them. Me!» (Non loro. Io.) ripetuto durante il Conclave per scongiurare l’elezione a Papa dei suoi rivali o l’imperativo «You must!» (Tu devi!) che rivolge all’Onnipotente affinché Esther, nonostante sia sterile, resti incinta. È come se Lenny sfidasse direttamente Dio, per far emergere anche in lui la contraddizione di slegarsi dalle leggi naturali che Egli stesso ha posto. Un aspetto che fa capolino nel momento di preghiera con la giovane donna, durante il quale cita il filosofo olandese Spinoza e che, tra gli altri, ha messo in dubbio l’insensatezza della preghiera, di quel gesto di attesa che qualcosa di miracoloso accada: se Esther resta incinta allora Dio e le sue leggi sono contraddittorie. Se Esther potrà affrontare la gravidanza è grazie all’imposizione di Lenny Belardo.
IRROBUSTIRE DIO RICORRENDO AL RICATTO
E mentre Esther attende un miracolo, i cardinali attendono un discorso del Papa e Voiello attende che il Pontefice si occupi dei casi di pedofilia. È come se Lenny Belardo volesse indurli a farsi pregare, rispondendo categoricamente che si sarebbe occupato di tutto ciò a momento debito. Il Cardinale Voiello fiuta questa fase di stallo, sa bene quali possono essere i rischi di una deriva autoritaria del Pontefice e arriva persino ad affrontarlo a viso aperto sul caso Kurtwell, sostenendo l’infondatezza del paragone tra omosessualità e pedofilia (un dialogo che rappresenta una fortissima critica alla Chiesa di oggi). È così che, preso atto di questa impossibilità di gestire il Papa, Voiello decide di ricorrere al ricatto, alla strategia di screditare il Pontefice per salvare se stesso e la Chiesa dalla catastrofe. Perché la Chiesa è Dio, e Dio è estremamente fragile e spetta ai preti irrobustirlo, renderlo solido davanti ai fedeli che la Chiesa deve guidare. Si è parlato di The Young Pope come l’House of Cards in Vaticano e se proprio vogliamo trovare un nesso con la serie Netflix, possiamo dire che è più vicino a Frank Underwood il personaggio di Angelo Voiello che quello di Lenny Belardo, nonostante i due sembrano condividere alcuni tratti caratteriali. Il Cardinale napoletano è infatti colui il quale tira le redini del Conclave, il grande elettore che indirizza i voti e porta a compimento il “volere dello Spirito Santo”. È il garante della solidità dell’istituzione ecclesiastica che non manca di esibire, così come il Papa, uno sfrenato culto della personalità facendo presenziare anche svariate copie della sua biografia agli incontri privati con altri Cardinali.
E se da un lato il Papa non vuole dare spiegazioni, apparendo cinico e freddo come il ghiaccio della Groenlandia, Lenny è il primo a cercarle tra le persone che lo circondano: vuole sapere perché è stato eletto lui, vuole sapere come gli altri hanno avuto la loro chiamata da Dio, vuole cercare delle risposte autentiche e non dei palliativi. Un’aspetto della personalità che stride con il carattere autoritario di Pio XIII e ne rivela l’estrema fragilità emotiva. Una debolezza che deriva da quell’infanzia vissuta senza genitori e che puntualmente ritorna a turbare il suo sonno. Una vulnerabilità a cui questo sovrano vestito di bianco risponde esibendo un desiderio di vendetta che emerge ogni qual volta accende una sigaretta con l’accendino raffigurante Venezia. Ma Lenny Belardo sa anche essere altruista facendo arrivare dallo Sri Lanka la salma della sorella di Suree, impedendo alla suora cingalese di tornare in Sri Lanka dove avrebbe visto cose che le potevano far dubitare della sua fede. E sa anche mostrare il suo lato più intimo attraverso le confessioni con padre Gutierrez. Il confessore del Pontefice, in grado di custodire i suoi segreti e che, proprio per questo, si trova invischiato nella cospirazione di Voiello perché anche lui suscettibile di ricatto. La chiesa sarà pure femmina, ma non è certo fatta di santi: è fatta di uomini che per loro natura sono peccatori. E finché siamo capaci di intendere e volere, siamo condannati al peccato. E il peccato conduce al ricatto.
Considerazioni a margine:
- Si è parlato di The young Pope come la serie che ridefinisce la serialità moderna. Penso, invece, che Sorrentino con ridefinisca nulla, ma si appropri del mezzo televisivo in maniera del tutto personale, forte anche del fatto di avere a disposizione un margine di manovra più ampio rispetto rispetto ai film, e dotandolo di una cifra stilistica del tutto nuova.
- Grazie al quarto episodio, la canzone “Senza un perché” di Nada entra nella top ten dei singoli italiani dopo 12 anni dalla pubblicazione nell’album “Tutto l’amore che mi manca”.
- Ognuno ha il suo Dio al quale ispirarsi: mentre Pio XIII si rivolge spesso all’Onnipotente, il cardinale Voiello cerca l’ispirazione guardando i video di Maradona.
givaz
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