In questo articolo, una recensione degli episodi 5 e 6 della serie evento, di cui tutti parlano (cit.), scritta e girata da Paolo Sorrentino: The Young Pope.
Segue la serie di articoli sulla serie con protagonista Jude Law. Qui e qui trovate le recensioni degli episodi precedenti. Ovviamente, seguono spoiler sugli episodi 5 e 6.
UN PAPA SANTO…
L’episodio 5 inizia in modo diverso dagli altri, lo notiamo immediatamente dalla sigla: non c’è All Along The Watchtower ad accompagnare la camminata del Papa, bensì un violino non dal suono dolce ma cupo, un suono che comunica tutto il dolore e la sofferenza di Lenny. Sofferenza che deriva dal non aver ancora conosciuto i propri genitori. Ciò lo angoscia e Jude Law è bravissimo nel mostrare questo aspetto di Papa Pio XIII. È possibile analizzare la scena iniziale con la filosofia di Blaise Pascal, in quanto è possibile trovarne diversi collegamenti. Infatti, ne “I Pensieri“, lui scriveva:
[…] ho scoperto che tutta l’infelicità degli uomini proviene da una cosa sola: dal non saper restare tranquilli in una camera. […] ho voluto scoprirne la ragione, ho scoperto che ce n’è una effettiva, che consiste nella infelicità naturale della nostra condizione, debole, mortale e così miserabile che nulla ci può consolare quando la consideriamo seriamente.
È molto facile notare l’analogia tra il “non saper restare tranquilli in una camera“ e la scena che precede la sigla. Il Papa evita il divertissement ricorrendo alla preghiera in quanto solo attraverso questa, l’uomo può, riconoscendo la propria miseria, accostarsi a Dio. Tutta questa angoscia si tramuta in un discorso con Don Tommaso (Marcello Romolo) ove riecheggia lo spettro di Nietzsche. Non vi è nichilismo, non c’è ancora piena consapevolezza della “morte di Dio” e della conseguente nascita dello übermensch, ma di una consapevolezza amara: quella che Dio ormai si è arreso con l’umanità.
L’incontro succesivo con Esther (Ludivine Sagnier) nei giardini è un’ulteriore conferma dell’analogia con la filosofia pascaliana.
Io amo Dio, perché è troppo doloroso amare gli uomini. Amo un Dio che non mi lascia mai, o che mi lascia sempre. Dio, o l’assenza di Dio, ma sempre rassicurante e definitiva. Sono un prete, ho rinunciato a qualsiasi uomo, a qualsiasi donna, perché io non voglio soffrire, perché io sono incapace di sopportare lo struggimento dell’amore. Perché sono infelice… come tutti i preti.
Sarebbe meraviglioso amarti così come vuoi essere amata. Ma non è possibile. Perché io non sono un uomo, sono un vigliacco.
Sono un vigliacco, come tutti i preti.
È chiaro che per un prete tutti i piaceri mondani siano solo una distrazione dalla condizione di inferiorità dell’uomo. Soltanto rinunciando alla distrazione, all’amore, al piacere, al divertissement secondo la concezione pascaliana, l’uomo religioso può abbracciare Dio attraverso la preghiera. Un discorso del genere farebbe impallidire chiunque, infatti il Cardinal Voiello (Silvio Orlando), in procinto di realizzare il suo piano per poter ricattare il Papa, prova vergogna di fronte a queste parole. Come può un singolo uomo aver così tanta bontà, ma soprattutto non cedere ai piaceri che la vita ci offre? “Questo Papa è veramente un santo“. Tuttavia, tutti i nodi vengono al pettine. Lenny viene a conoscenza del piano del Cardinale e affronta direttamente Voiello, il quale è imbarazzatissimo: è una nuova situazione per lui ed è sempre riuscito a farla franca in passato, ma questo è un Papa diverso, un Papa che non cede ai ricatti.
Io sono il Papa giovane.
E non do alcuna importanza al consenso.
Finalmente il momento è giunto, la Cappella Sistina ospiterà il primo discorso ai cardinali del nuovo Papa. È un discorso dove si confermano le posizioni conservatrici del suo maestro, il cardinal Spencer (James Cromwell). È giunto il momento in cui sia la Chiesa a farsi desiderare, perché è solo con la completa devozione che si compierà la volontà di Dio. “[…] Le pubbliche piazze sono state riempite, forse, ma i cuori sono stati svuotati di Dio. L’amore non si misura con i numeri, ma soltanto con l’intensità! Il che vuol dire fedeltà assoluta all’imperativo”. Non è il momento di compromessi, ma il momento di fare il bene della Chiesa. Rinunciare a un po’ di fedeli, se questi non sono completamente devoti è cosa buona e giusta. Se non vi è completa sottomissione, se non vi è completa obbedienza al sovrano Pio XIII, vi è l’Inferno.
Un discorso che ha il vago sapore di castigo, di vendetta. Un discorso in cui riecheggia un noto passo della Bibbia, Ezechiele 25:17:
Farò su di loro terribili vendette, castighi furiosi, e sapranno che io sono il Signore, quando eseguirò su di loro la vendetta.
Giungiamo ora nuovamente nei giardini vaticani, con un altro incontro tra Esther e Lenny. Con questa singola scena, cosa ci ha voluto comunicare Sorrentino? Notiamo innanzitutto la luce, rende la scena quasi trasparente. Il regista vuole comunicarci che si sta per verificare un momento di felicità, di gioia, di estasi. Qui si nota tutto il suo feticismo per la metafora. Lo sboccio del giglio bianco simboleggia non solo la purezza, la modestia, la dolcezza di Esther, ma anche la purezza della Vergine Maria, della Madonna. È anche il simbolo di Sant’Antonio da Padova, protettore dei matrimoni e della fecondità. Insomma, per mezzo dello Spirito Santo, Esther è finalmente incinta. Un vero e proprio miracolo.
…UN PAPA STRATEGA
Non si profila un buona situazione economica per le tasche dello Stato Vaticano: le donazioni sono diminuite, come anche le entrate e i turisti. La sopravvivenza dei Vescovi e delle Diocesi è appesa a un filo. Voiello ipotizza la vendita del patrimonio artistico solo per continuare a sopravvivere, ma per il Papa questi non sono altro che piccoli incidenti di percorso di cui non intende assumersi alcuna colpa, non accettando consigli da nessuno. Però, dopo nove mesi, si rende conto che Voiello aveva ragione su come affrontare il caso Kurtwell: il monsignor Gutierrez (Javier Cámara) di certo non sarebbe stato di alcun aiuto, ma il Cardinal Gutierrez invece è la figura perfetta, il giusto compromesso tra la volontà del Papa e quella del Segretario di Stato, tradendo di fatto Don Tommaso (Marcello Romolo), che minaccia vendetta.
La prima delle due scene chiave dell’episodio 6 è l’incontro tra il Premier italiano, una versione sorrentiniana di Matteo Renzi interpretata da Stefano Accorsi, e il Papa Giovane. È una scena bellissima, in cui Jude Law e Accorsi sono stati veramente magistrali. La figura di Pio XIII non è solo una figura controversa, ma anche ipocrita. Nella sua crociata contro gli omosessuali e i pedofili, si dimentica di effettuare un’esame di coscienza. Durante l’incontro con il Premier, assistiamo a una gara a chi ha l’ego più grande (probabilmente mancava solo il Mozart Maturo, ogni riferimento non è puramente casuale); il Papa si pone immediatamente su un piedistallo, commettendo fin dall’inizio uno dei sette peccati capitali: la superbia. Come può un Papa così peccaminoso dettar legge? Non è forse vero che Gesù Cristo esclamò, come riportato dal Vangelo di Giovanni:
Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra.
Il Papa metaforicamente scaglia una pietra su cui sono scritte una serie di richieste e di consigli che renderebbero l’Italia un paese migliore: “Maggiore aiuto alle famiglie cattoliche, no alle unioni di fatto, no ai matrimoni gay […], divieto di aborto, di divorzio, limitazioni della libertà religiosa dei musulmani e degli induisti, riapertura della discussione sui Patti Lateranensi”. Tuttavia, nel 2016, lo Stato e la Chiesa sono due Soli che brillano di luce propria e non di luce riflessa, riprendendo una citazione dal De Monarchia del Sommo Dante. Il Papa non gode neanche del giusto peso politico per far imporre il proprio volere, il Premier, invece, dall’alto del suo trionfante 41% preso alle scorse elezioni, può finalmente effettuare la rivoluzione e cambiare l’Italia. Un progetto alquanto utopico, vero, ma è fiducioso nella sua realizzazione, nella “rottamazione dello status quo”, in quanto, come evidenzia il Premier stesso:
La differenza è che io sono stato eletto con il 41% dei consensi. Quel 41% esiste. Lei è stato eletto da Dio… E non è una cosa certa che Dio esista.
Il Papa incassa elegantemente il colpo, tuttavia gli ricorda che non solo è il Vicario di Cristo, l’essere umano più vicino alla divinità, ma anche un abile stratega. Se il Papa, poco prima delle elezioni, decidesse di presentarsi al pubblico ciò desterebbe grande curiosità e garantirebbe grande fiducia presso i fedeli nel vedere un’immagine rassicurante quanto Gesù Cristo. In più, potrebbe usare la carta del non expedit, una carta che Pio IX giocò nel 1874 (NdR: nella serie viene indicato il 1868 ed effettivamente è stato pronunciato un primo non expedit in quell’anno, ma non con la portata del 1874) per evitare che i cristiani si presentassero alle urne per le elezioni politiche italiane, a causa della perdita del potere temporale. Il non expedit fu abrogato successivamente, nel 1919, durante il pontificato di Benedetto XV. Contestualmente, nacque anche il Partito Popolare Italiano, precursore della Democrazia Cristiana (lascio ogni giudizio al lettore). Se Pio XIII dovesse pronunciare nuovamente quelle due parole, l’effetto alle urne sarebbe talmente devastante da causare non solo un calo dell’affluenza, ma anche una sconfitta per il giovane Premier. Uno scenario da fantapolitica, certo, ma è pur sempre uno scenario suggestivo.
La seconda scena significativa riguarda il Cardinal Dussolier (Scott Shepherd), grande amico di Lenny, nonché neo Prefetto della Congregazione per il Clero, ossia colui il quale sceglierà i nuovi pastori di Dio in tutto il mondo. Una nuova direttiva del Papa dichiara che è necessario testare la vera devozione dei futuri preti utilizzando giovani, pagati a cottimo, per poter testare la bontà del voto di castità. La prima vittima è il giovane Angelo Sanchez, a cui è stato proibito l’accesso al seminario in qualsiasi diocesi per sette anni. Per molti giovani, il seminario è una delle vie da praticare per poter scappare dalla cruda vita dei tutti giorni, per poter sfuggire dalla triste realtà della vita mondana. Il sogno, tuttavia, ad Angelo è stato negato.
Non sono omosessuale. Avevo un sogno molto semplice: servire Dio. Lei ha ucciso il mio sogno.
Il giovane, ora sperduto e senza alcuna figura che gli indichi la retta via, giunge alla conclusione che la vita non può offrirgli nulla. “Il suicida vuole la vita ed è solo malcontento delle condizioni che gli sono toccate”, diceva Schopenhauer. Vuole servire Dio e se non può farlo nella vita terrestre, lo farà in quella dell’aldilà. Si butta, quindi, dalla Chiesa di San Pietro, ponendo fine al suo dolore per una vita migliore.
***
Il quinto e il sesto episodio sono una vera e propria fenomenologia dello Spirito Santo. Vi è contrasto nella sua manifestazione, positiva per Esther e negativa per tutti gli altri. Un vero contrasto, lo yin & yang. Pio XIII impone la sua volontà spacciandola per quella di Dio, ma un papato del genere sarebbe ipotizzabile nella realtà? Beh, sono tanti gli elementi che pensavamo che non potessero realizzarsi (*coff * Trump *coff *) e invece… The Young Pope finora si è dimostrato un prodotto dalla fotografia eccellente (Luca Bigazzi è veramente straordinario) e una recitazione non da meno. Ogni inquadratura è volutamente creata come se fosse un quadro: l’effetto finale rende ogni scena a sé stante e unica nel suo genere. È un classico prodotto di Sorrentino, che ha subìto una completa trasformazione dopo la vittoria dell’Oscar. Non mancano le dichiarazioni d’amore verso la città di Napoli e ciò che questa rappresenta per i suoi abitanti. Certo, magari ora per un napoletano vedere un’immagine di Higuain con la maglia partenopea non è esattamente esaltazione della gioia di essere napoletani.
Inoltre, non condivido i collegamenti fatti tra la serie e House of Cards. L’unico filo conduttore tra la serie Sky e quella di Beau Willimon è una profonda analisi della società attuale che può permettere a persone così fredde e sadiche come Frank Underwood e Lenny Belardo di poter occupare posizioni di potere e di rilievo sociale. La storia, le ambientazioni e il tono, tuttavia, sono completamente diversi. Nel Sorrentino post La Grande Bellezza vi è più ricerca del particolare, ma tale ricerca talvolta si perde e si finisce nel diventare non solo prevedibili, come mostrato dal generatore automatico delle scene di Sorrentino o dalla nascita di un drinking game, ma soprattutto si perde di vista il punto focale. Il risultato può essere un’ora di fantastiche immagini, ma il filo conduttore di queste è la noia, una noia derivante dalla ricerca ossessiva del piacere, citando il pensiero del filosofo Kierkegaard.
Persino Maurizio Crozza, seppur ironicamente, ha catturato perfettamente il pensiero di molti sul regista:
– Sono partito dalla noia e ho detto mo’ con la noia ci faccio qualcosa di buono… inquadratura di una schiena, una schiena storta -stacco- un canguro in CGI -stacco- tre preti che affogano e alla luce del sole e il Papa che fuma…
– Bellissimo, ma c’è una trama?
– No, no.
Francesco M. Conte
Francesco M. Conte
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