L’articolo contiene spoiler sul film. Se non lo avete ancora visto non leggete oltre per non rovinarvi la sorpresa.
La speranza e il sogno. Star Wars era ed è ancora questo, un racconto epico e senza fine sulle resistenze. In tutte le loro forme. Un grande viaggio sulla perseveranza e la voglia di sognare, con coraggio. Fantasie semplici e in grado di raggiungere tutte le età, proprio per il messaggio puro e primitivo che le accompagna.
J.J. Abrams, da bravo studente e osservatore quale è, coglie tutte queste sfumature e le inserisce nel suo film. Regalandoci, ancora una volta, “una nuova speranza”.
Sono passati trent’anni dal finale fiabesco de Il Ritorno dello Jedi ma, come ben sappiamo, la parola “fine” in Star Wars è spesso illusoria o di contorno. La galassia lontana lontana è di nuovo in preda ai disordini, schiacciata dalla morsa del Primo Ordine e di un nuovo gruppo di adepti del Lato Oscuro. Inoltre Luke Skywalker (Mark Hamill), il leggendario guerriero Jedi che pose fine all’Impero di Palpatine e Darth Vader, è scomparso senza lasciare traccia.
Ed è qui che iniziamo, nel vivo dell’azione, quando un abile soldato ribelle, quale è Poe Dameron (Oscar Isaac), viene inviato su Jakku per ricevere informazioni sull’attuale posizione di Skywalker. In pochi minuti veniamo catapultati nel centro del conflitto fra Repubblica e Primo Ordine, in un circo di combattimenti con spade laser e blaster, e discariche di Star Destroyer perse nei deserti di Jakku. È una lotta stanca, tesa. Entrambe le fazioni sembrano aver perso una visione definita del domani e delle loro azioni, bloccati come sono in un loop di violenza senza fine.
Kylo Ren (Adam Driver), il nuovo “big villain” della saga, è il figlio di Han Solo (Harrison Ford) e Leia Organa (Carrie Fisher) e l’ho amato senza mezze misure. Il colpo di scena sulla sua discendenza risulta molto buono e costruito con grande maestria. Abbiamo un ragazzino confuso, diviso fra la Luce e il Lato Oscuro. Un tempo apprendista di Luke, in un rinnovato culto Jedi, Kylo si ribellò al suo Maestro per seguire le orme degli antichi Sith. Guidato dal temibile Leader Supremo Snoke (Andy Serkis), un gigante meraviglioso e sempre immerso nella penombra che fa sorgere molti interrogativi sul suo passato (io sono ancora convinto che si tratti di Darth Plagueis, maestro del fu Darth Sidious). Di fatto, Kylo può considerarsi un mocciosetto spocchioso con manie di onnipotenza e strane attitudini da cosplayer. È un fan boy di Darth Vader, il nonno, e vorrebbe essere come lui. Ma la cosa non gli riesce tanto bene e questo lo fa proprio incazzare.
Si riprende la tematica del rapporto padre/figlio, tanto cara a questa saga. E non può che essere un bene. Tant’è che ci porta al tragicissimo addio ad Han, chiudendo in maniera splendida il suo arco narrativo. Da estenuante negazionista della Forza a strenuo difensore della leggenda e della storia dei Jedi. La lacrimuccia è scesa, era inevitabile.
Rey (Daisy Ridley) e Finn (John Boyega), questi due faranno faville. La prima poi, la ami dopo soli cinque minuti che è sullo schermo. E alla fine, soffri con lei quando si ritrova davanti un Luke Skywalker ormai anziano e provato dai fallimenti della vita. Sono sincero, ho pianto più per il primo piano su di lui che per la morte di Han. Abrams voleva mostrarci un eroe Jedi decaduto, sporco e avvinghiato dal senso di colpa. Bè, c’è riuscito a meraviglia. Sappiamo così poco di ciò che ha dovuto passare eppure quegli occhi (che non a caso tornano più volte nel dialogo con Maz Kanata, il simpaticissimo personaggio interpretato da Lupita Nyong’o) raccontano tantissimo.
A livello registico, Abrams ha fatto un lavoro di fino. Curando ogni minimo dettaglio e ritraendo quella “galassia lontana lontana” in tutto il suo splendore decadente. Il sogno di George Lucas rimane intatto, anzi forse ne esce addirittura arricchito. Il passaggio di testimone e la nuova impronta stilistica voluta dalla Disney aggiungono corpo e anima a una saga ormai destinata all’eternità. L’inseguimento nella discarica di Star Destroyer e il combattimento sulla Starkiller Base rimarranno a lungo nella memoria popolare. Ovviamente il contributo di Lawrence Kasdan, alla scrittura, e John Williams, alle musiche, si sente e parecchio. Anche se quest’ultimo pare essersi adagiato molto sui temi già esistenti.
La volontà di imitare “a stampino” certi passaggi di Episodio IV e Episodio V mi è parsa più una scelta stilistica, molto apprezzata, che una paraculata della Disney. Assume il valore di una dichiarazione di intenti, che sostanzialmente potrebbe recitare così: “È lo stesso universo di cui vi siete innamorati 30 anni fa, ma è pronto ad evolvere”.
Per quanto mi riguarda, Il Risveglio della Forza è senza dubbio un miracolo cinematografico, uno degli episodi migliori della saga, secondo solo a quel capolavoro de L’Impero Colpisce Ancora. Non è un film esente da difetti, ma si è più che disposti a chiudere un occhio. In fondo abbiamo sempre preferito le cose un po’ rozze e imperfette, no? Siamo agli albori di una nuova era di eroi e leggende e a noi non resta che accoglierli con il piacere infantile dello spettatore. E chissà, forse abbandonarsi e lasciarsi trasportare in una “galassia lontana lontana…”
E voi, cosa ne pensate? Quali sono le vostre impressioni sul film?
lost2010
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