Con l’avvento del 2018, il blog di Italiansubs vi presenta il best of dell’anno appena conclusosi. Dopo aver scritto due anni fa delle dieci migliori serie e un anno fa dei dieci migliori brani musicali, quest’anno ho stilato una classifica molto mainstream dei migliori episodi.
Ok l’ammetto, l’introduzione è scritta in modo da catturare l’attenzione (gli inglesi direbbero clickbait), ma un fondo di verità c’è. La classifica che vi appresterete a leggere è mainstream. Non vi saranno episodi da The Deuce (di cui ho visto solo il primo episodio) o da The Handmaid’s Tale perché non ho avuto il tempo di vedere serie così impegnative. Mi sarebbe piaciuto inserire nella classifica serie che invece ho visto e apprezzato, ma scegliere dieci episodi è già difficile di suo per i criteri che mi sono prefissato. Partiamo quindi subito dal grande escluso: Aporia della serie Fargo. La terza stagione si differenzia dal resto e il nono episodio è sicuramente il più originale. Ewan McGregor, Carrie Coon e David Thewlis semplicemente magistrali e sarebbe stato giusto inserirlo nella top 10. Tuttavia, ho ritenuto di non farlo (linciatemi pure). I criteri per l’ordinamento sono fotografia, regia e colonna sonora. Cercherò di essere il più sintetico possibile, ma vi sarà, purtroppo, la presenza di SPOILER qui e lì.
10.
Crocodile – Black Mirror
Girato negli splendidi panorama dell’Islanda e diretto da John Hillcoat, il terzo episodio della quarta stagione di Black Mirror è un pugno nello stomaco. Se i primi due episodi potevano sembrare diversi dallo stile che Charlie Brooker aveva improntato nelle prime due stagioni, il terzo episodio è il degno successore di The Entire History of You. La storia è un thriller psicologico con protagonista Mia (Andrea Riseborough), una ragazza che nel prologo uccide un bambino in un incidente dopo aver assunto con il ragazzo (Andrew Gower) sostanze stupefacenti. Nascondono il corpo e proseguono con la loro vita. Quindici anni dopo l’incidente, Mia è divenuta un’importante architetta. Nel mondo in cui vivono i protagonisti vi è uno strumento capace di leggere la memoria delle persone, la cui forma ricorda tanto Blade Runner. L’aggeggio tuttavia funziona se i ricordi della persona vengono innescati (come un suono o un odore). Questo strumento sarà molto utile per Shazia (Kiran Sonia Sawar), un’agente assicuratrice che vuole verificare se vi sono i presupposti per il risarcimento danni da parte di un giovane musicista. Seppur le due storie sembrino distinte, ben presto si uniranno nel modo più brutale possibile. La completa trasformazione di Mia (interpretata benissimo da Riseborough), da donna “normale” a demone, sembra incredule e un po’ forzata, ma il colpo è comunque ben assestato. Come scritto tempo fa da Luigi in un articolo:
Brooker in Black Mirror descrive e denuncia il cattivo uso che la società e i personaggi protagonisti fanno della tecnologia a loro disposizione: è lo stesso comportamento umano che nelle situazioni rappresentate porta lo spettatore a provare disgusto.
9.
Episode 10 – Mindhunter
Una delle novità del 2017 è stata sicuramente Mindhunter, scritto e diretto da David Fincher. La serie ha come trama la nascita della divisione della FBI dedicata a comprendere come ragiona un serial killer. La serie, in cui troviamo Jonathan Groff, Holt McCallany e Anna Torv, è molto affascinante e intrigante. Il miglior episodio è probabilmente l’episodio finale, dove Ford e Tench ottengono la confessione per l’omicidio e stupro di una ragazza di 12 anni, ma al costo di portare alla luce del sole i metodi utilizzati dell’unità della FBI. Insomma, una vittoria di Pirro. Il grande pregio dell’episodio, ma in generale della serie, è quello di dare un approccio psicologico alla risoluzione dei casi. Non vi è fortuna, non vi sono momenti alla Horatio Caine, ma puro metodo scientifico. Bellissima la scena finale tra il protagonista e Ed Kemper (Cameron Britton), il serial killer che ha permesso la nascita dell’unità. In un montaggio con “In the light” dei Led Zeppelin Holden ha un mancamento. Capisce che con questa gente è necessario avere comunque un certo comportamento, non bisogna agire dietro di loro.
And if you feel that you can’t go on
And your will’s sinking low
Just believe, and you can’t go wrong
In the light, you will find the road
You will find the road
Un finale che vede la genesi del BTK Killer (Sonny Valicenti), uno dei killer più letali del Kansas. Insomma, tra la regia di Fincher, la grande colonna sonora e un’ottima sceneggiatura vi sono tutti gli ingredienti per un’entusiasmante seconda stagione.
8.
Episode 8 – Broadchurch
Non mi sembrava corretto lasciare fuori la serie di Chris Chibnall con David Tennant, Olivia Colman e tutti gli altri attori che ho imparato ad apprezzare con Broadchurch. La terza stagione è una risposta decisamente positiva a tutto quello che era successo nella seconda e il finale ne è la degna conclusione. La storia di Trish (Julie Hesmondhalgh) si conclude con un grande colpo di scena e la storia della famiglia Latimer è decisamente agrodolce, più tendente all’amaro. La stagione si differenzia dalle altre soprattutto per la grande interpretazione di Julie Hesmondhalgh. Ha reso il dolore vero, vivo, solo come grandi attrici sanno fare. Chapeau. Ho sempre pensato che il grande pregio di Broadchurch sia stato il non voler forzare una relazione sentimentali tra Miller e Hardy. Lasciare gli spettatori con quel “A domani, Miller” è il modo corretto di chiudere una serie. Salutare Broadchurch con la terza stagione, non sentire le musiche di Ólafur Arnalds, con quella melodia così malinconica, non vedere più la fotografia con quei splendidi paesaggi del Dorset e tutto ciò che mi aveva fatto innamorare della serie sarà difficile. Ma è giusto che sia così.
7.
Episode 8 – Taboo
Taboo è l’altra sorpresa del 2017, anche se probabilmente una serie scritta da Steven Knight con Tom Hardy, Jonathan Pryce, Stephen Graham e Michael Kelly non può e non deve definirsi tale. Taboo non è per niente come Peaky Blinders. Taboo è pazzia, è vendetta, è complotto contro il potere rappresentato dalla Compagnia Britannica delle Indie Orientali. Anche se è partita con ritmi molto lenti, si risolleva con il finale chiudendo la prima stagione con un bang. Il confronto tra Delaney e Strange era atteso e non ha deluso le aspettative. Il finale è tutto ciò che mi aspettavo da una serie con Tom Hardy: violenza, sangue, fotografia eccezionale, esplosioni. L’ultimo episodio è quindi quasi perfetto e la colonna sonora di Max Richter si sposa benissimo con la serie. Con “The Inexorable Advance of Mr. Delaney” ha immediatamente colto il conflitto interiore di James Delaney. Molto ben coreografato anche lo scontro nel porto, dove è stato dato il giusto risalto a tutti coloro che sono coinvolti. L’episodio supera la maggior parte dei difetti che purtroppo sono presenti in tutta la serie. Non si sono momenti morti, vi è stata caratterizzazione anche di alcuni personaggi secondari e esalta il giudizio su una serie che, probabilmente, sarebbe stata appena sopra la sufficienza.
6.
Golden Frog Time – Billions
How much a dollar really cost? The question is detrimental, paralyzin’ my thoughts.
Così canta Kendrick Lamar nell’album To Pimp a Butterfly. Del resto è un domanda che, se volete, è quasi filosofica. Che valore può avere il denaro? Che cosa son capaci di fare le persone se sono coinvolti i soldi? Golden Frog Time ci fornisce una risposta. Il penultimo episodio della seconda stagione di Billions ricorda i vari Ocean’s, sia dal punto di vista della narrazione che da quello della regia, solo che qui non abbiamo Matt Damon o George Clooney, ma uno scontro senza esclusione di colpi tra Chuck (Paul Giamatti) e Axelrod (Damian Lewis). L’episodio ha come centrale l’Initial Public Offering (IPO) di Ice Juice, una società in cui Ira (Ben Shenkman), Chuck, e Chuck Sr. (Jeffrey DeMunn) hanno pesantemente investito. Quando Axe viene a saperlo, formula un piano d’attacco assolutamente geniale. Malvagio e brutale, ma geniale. Causando, con mezzi illegali, la caduta del prezzo dell’azione, riesce a portare a casa milioni su milioni e portando al lastrico i suoi nemici. O è quello che ci è stato fatto credere. È meraviglioso essere ingannati dagli scrittori. Brian Koppelman e David Levien hanno giocato tutto il tempo con lo spettatore, facendogli credere che la striscia di vittorie di Chuck sia giunta al termine, ma in un momento à la Walter White, inizia a ridere istericamente. Mentre la telecamera si avvicina al corpo seduto sul letto, lo spettatore si accorge che la risata non è isterica. È di gioia, in quanto è stato lui il direttore di orchestra, il mastro burattinaio che ha guidato le proprie marionette verso l’obiettivo finale: incriminare Axe. Chuck aveva previsto tutto, in ogni singolo particolare. Ha finalmente le prove che la Axe Capital gioca sporco, non rispettando le regole. Ha finalmente in pugno il nemico. Come cantava Tom Petty:
Even the losers
Get lucky sometimes.
Ritornando al quesito che mi sono posto precedentemente, è evidente che per Axe e Chuck il denaro non ha un vero valore. È un mezzo per compiere i propri fini, per raggiungere i propri scopi, anche se questo significa tradire i propri principi, tradire i propri amici. Mi dispiace Kendrick, ma la domanda “quanto costa un dollaro” non paralizza i loro pensieri.
5.
The Company – Peaky Blinders
Presenza di grandi SPOILER. Se non siete in pari con la serie, saltate il paragrafo.
E cosa dire dell’ultimo episodio di Peaky Blinders? Un episodio carico di pathos, pieno di ambientazioni e fotografia mozzafiato. Steven Knight gioca con le nostre emozioni. Prima ci fa credere che per Arthur (Paul Anderson) sia giunta la fine ma in realtà è giunta per Luca Changretta (Adrien Brody) e per Alfie Solomons (Tom Hardy). Il colpo di scena forse è stato prevedibile e probabilmente da un punto di vista narrativo sarebbe stato interessante vedere Tommy (Cillian Murphy) pagare pesantemente il prezzo per gli errori commessi nel passato, ma la mancanza di Arthur nel lungo periodo si sarebbe fatta sicuramente sentire. Interessante la scelta narrativa di mostrare Tommy in preda allo disturbo da stress post traumatico. L’uso di “Pyramid Song” dei Radiohead è stato semplicemente magistrale.
I jumped in the river and what did I see?
Black-eyed angels swam with me
A moon full of stars and astral cars
And all the figures I used to see
Sembra quasi che Thom Yorke sia entrato nei pensieri più oscuri di Tommy (e magari suggerire la sua fine) che verrà salvato da Polly (Helen McCrory), la vera costante del protagonista. Mi è piaciuta anche la citazione di Al Capone, da vecchio fan di Broadwalk Empire. Che sia lui il futuro villain per la famiglia Shelby? Sarà necessario attendere il 2019.
4.
Time’s Arrow – Bojack Horseman
Time’s Arrow è sicuramente uno dei migliori episodi della serie, cosa non facile. BoJack Horseman ci ha abituati a episodi strazianti, ma dal mio punto di vista, Time’s Arrow è quello che fa riflettere maggiormente. Il protagonista non è BoJack (Will Arnett), bensì Beatrice (Wendie Malick), sua madre. È sempre stata presentata come una stronza, una madre che non prova alcun affetto per il figlio, la ragione per cui BoJack è la persona che è oggi. Da qui deriva il vero colpo di scena. È sufficiente fornire alcuni dati storici per cambiare immediatamente opinione. Entro la fine dell’episodio, lo spettatore proverà compassione per Beatrice. Ha dovuto subire il trauma della lobotomia della madre, della mancanza d’affetto del padre e del comportamento sicuramente non positivo di Butterscotch, il padre di Bojack. Una parabola interessante: da bambina sognatrice a vera e propria nichilista. E come se non bastasse ecco il vero schiaffo in faccia: è malata di Alzheimer. BoJack ha pensato che fosse semplicemente cattiva nei suoi confronti, ma in realtà è solo perché non riusciva a capire chi lui fosse.
La freccia del tempo, dopotutto, non resta ferma né torna indietro. Non fa che marciare in avanti.
Il grande insegnamento è proprio questo. Purtroppo, non si può tornare indietro per rimediare agli errori commessi, forse alcuni troppo grandi per essere perdonati. Tuttavia, si fa quello che si può fare. Dovremmo tutti imparare dal comportamento finale di BoJack. Avrebbe ogni ragione a liberarsi della madre, ma compie un unico gesto, un gesto amorevole:
Senti il sapore del gelato, mamma?
3.
The Spoils of War – Game of Thrones
Il quarto episodio della serie più piratata del 2017, diretto da Matt Shakman, è probabilmente quanto aspettavano i fan da quando George R.R. Martin aveva finito di scrivere A Game Of Thrones nel lontano 1996 (e non ha ancora finito di scrivere The Winds of Winter *coff coff*). Dopo l’incontro tra Jon Snow (Kit Harrington) e Daenerys Targaryen (Emilia Clarke) avvenuto nel terzo episodio e il nuovo incontro, più intimo, nella caverna piena di vetro di drago, la Madre dei Draghi decide finalmente di attaccare le truppe Lannister di ritorno da Highgarden con Drogon e i fedeli dothraki. Il lavoro dietro questa scena è stato immenso (secondo i tecnici addirittura maggiore rispetto all’episodio Battle of the Bastards). Ha coinvolto l’utilizzo di droni, esplosioni, incendiare persone (più di 20) e anche una scena in un unico piano sequenza con protagonista Bronn (Jerome Flynn). La battaglia segue il punto di vista di Jamie Lannister (Nikolaj Coster-Waldau) e la scelta è stata spiegata dal regista in quanto voleva mostrare “l’orrore nel vedere uomini bruciare”. Ramin Djawadi, ovviamente, riesce con la colonna sonora a rendere il tutto più terrificante (o gioioso, dipende dai punti di vista). Il compositore infatti nei brani “The Spoils of War” (part I e II) sfrutta, nei secondi iniziali, la tecnica dello shepard tone per causare nello spettatore un senso di disagio e per mostrare cosa significa realmente il motto della Casa Targaryen: fuoco e fiamme.
2.
eps3.7.dont-delete-me.ko – Mr.Robot
La terza stagione di Mr.Robot è stata davvero entusiasmante e scegliere un episodio non è stato per niente facile. Alla fine ho optato per l’ottavo perché ho apprezzato il volerlo girare in CinemaScope e soprattutto perché è davvero toccante. Il tema non è dei più semplici: il suicidio. Un tema così delicato va trattato oculatamente, e ho apprezzato per come è stato affrontato. La scelta di avere un episodio così calmo, così riflessivo, quasi stona con i ritmi frenetici che la stagione aveva assunto. Il voler trovare ad ogni costo la simmetria nella ripresa, il quasi costante utilizzo della regola dei terzi, l’avere delle riprese che si notano in film drammatici ha conferito all’episodio scritto e diretto da Sam Esmail un’aurea quasi mistica. Un vero orgasmo visivo. Rami Malek, inoltre, si è semplicemente superato e ha consegnato ai posteri una prova convincente e soprattutto commovente. Il mio cuore si è stretto durante la sua scena con il bambino interpretato da Elisha Henig nella moschea. Un episodio intimo che ci porta a sentire nostre le sensazioni che prova Elliot. Proviamo il suo dolore, sentiamo il suo tormento e proviamo gioia quando, nel finale, apre l’email di Trenton dove c’è scritto che è possibile annullare quanto fatto durante la prima stagione. Ma anche se è possibile annullare l’attacco hacker, le morti e tutto ciò che è successo dopo rimarranno e sarà un grosso fardello per Elliot e Mr. Robot. Non nascondo di essermi commosso nel finale, soprattutto per il messaggio lanciato e amplificato dal brano “In Time” di Robbie Robb:
In time, yes, everything will be all right.
It’ll take time but we’re going far.
Il tempo cura ogni ferita, anche le più profonde. Con il giusto aiuto e il sostegno delle persone più care è possibile superare qualsiasi difficoltà che la vita ci pone davanti.
1.
Part 8 – Twin Peaks
Al primo posto non poteva non esserci l’episodio più strano e pazzo del 2017. David Lynch in un’ora è riuscito a mettere insieme elementi à la Star Gate di Stanley Kubrick unendoli alla mitologia di Twin Peaks. È l’episodio più dark e sconcertante della serie (sì, anche del season finale della seconda stagione) perché non solo vi sono elementi della mitologia, ma David Lynch in un’ora è riuscito omaggiare Stanley Kubrick con una scena che ricorda tanto 2001: Odissea nello Spazio con in sottofondo “Trenodia per le vittime di Hiroshima” di Krzysztof Penderecki. La scena più bella dell’episodio coincide con lo scoppio della bomba atomica durante il 1945. È proprio in questo momento che risuona la Trenodia, un vero e proprio canto funebre. Mentre si scatena la creatura più immonda mai creata dall’uomo, non troppo lontano ne nasce un’altra. Un essere malvagio noto ai fan come BOB (Frank Silva). Infatti, sembra logico che la una creatura che si nutre della garmonbozia, la paura e il terrore della specie umana, nascesse durante uno dei momenti più bassi per l’umanità. Come se non bastasse, la pazzia di Lynch non si ferma qui. Da quel momento l’episodio è quasi muto e in bianco e nero, come se fosse un omaggio al cinema del passato dove i protagonisti sono gli abitanti della Loggia Nera, quelli che, per citare MIKE (Al Strobel), vivono tra la gente, sopra un negozio conveniente proprio così com’è, come lo vediamo. Da questo momento, l’episodio vira ancor di più nel grottesco, con un essere fin troppo somigliante ad Abraham Lincoln che recita dei versi davvero inquietanti. Insomma, l’ottavo episodio di Twin Peaks è tutto ciò che uno si aspetterebbe da David Lynch, forse portato all’ennesima potenza. E come se non bastasse, al Roadhouse si sono esibiti i Nine Inch Nails. Cosa chiedere di più?
Francesco M. Conte
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