HBO

Gli Aperitivi: The Normal Heart

Oggi tendiamo un po’ il nostro concetto di Aperitivo.
E lo facciamo perché siamo impazienti di presentarvi il nuovo sforzo HBO, un film andato in onda sulla cable qualche settimana fa e che ha soggiogato il cuore della critica. Oltre a quello dei nostri subber che non sono riusciti a trattenersi dal tradurlo per voi. Gentlemen and Gentlemen, The Normal Heart!

normal-heart-poster1LA TRAMA

Estate 1982.
Un cancro rapido e letale inizia a mietere vittime ad una velocità inaudita. E queste vittime hanno una caratteristica in comune: sono omosessuali.
Si tratta di una malattia venerea e le conseguenze sono amare per una comunità che ha impiegato decenni ad affermare il suo diritto di esistere, proprio grazie alla libertà sessuale.
Ma il flagello è implacabile e la conta dei morti cresce vertiginosamente.
Ned Week (Mark RuffaloThe Avengers, Zodiac, Eternal Sunshine of the Spotless Mind), uno scrittore dichiaratamente omosessuale, è il primo a rendersi conto della gravità effettiva e mediatica del problema e inizia la sua lotta personale per arginare questa epidemia. Prima aggiunta tra i ranghi del suo esercito intraprendente è la dottoressa Emma Brookner (Julia Roberts, Pretty Woman, Erin Brockovich), allarmata quanto lui dalle decine di pazienti che presentano gli stessi sintomi. Quest’ansia sfocia nella fondazione di un’organizzazione – la Gay Men’s Health Crisis – del cui consiglio fanno parte molti dei suoi amici più intimi. Tra questi gli attori Taylor Kitsch (Friday Night Lights, John Carter, Savages), Jim Parsons (The Big Bang Theory), Alfred Molina (Raiders of the Lost Ark, An Education, Chocolat) e Joe Mantello (Opere teatrali: Wicked, Take Me Out, Angels in America).
Nel corso dei quattro anni, Ned conosce la sua anima gemella, Felix Turner (Matt Bomer, White Collar, Magic Mike, In Time), grazie al quale impara ad amare ma anche a perdere.

tumblr_mxrfwublaW1rgqcm9o1_500The Normal Heart è la trasposizione televisiva dell’omonima opera teatrale del 1985, un racconto molto personale di Larry Kramer che ha scritto di suo pugno anche l’adattamento di questo film. Ma è di Ryan Murphy la firma del progetto, il tanto discusso regista omosessuale già showrunner di Popular, Nip/Tuck, Glee American Horror Story.

LA PRIMA IMPRESSIONE

Già dalle prime scene è evidente lo stile HBO, con una fotografia e un’atmosfera che ricordano molto quelle di Looking. Non si può pretendere la cura del grande cinema, ma ci si avvicina davvero molto. Poi la crisis arriva e tutto cambia. I toni si fanno più cupi, le immagini più statiche e pesanti, e quella che sembrava una storia di luci e ambienti diventa un’opera di personaggi, al limite del teatrale. La forza di questo lungometraggio sta infatti tutta in un cast stellare ma soprattutto corale, un gruppo nel quale ogni stella brilla al pari delle altre, in perfetto equilibrio.

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Sotto questo aspetto niente da commentare. Un film puro e commovente che rende omaggio ai paladini di un difficile periodo storico, e lo fa in maniera umile, raccontandoli attraverso i loro difetti.
La ciliegina sulla torta?
Quelle famose 4 lettere non verranno mai pronunciate fino alla fine del film. Un espediente di una forza straordinaria che permette di immergersi nel racconto in totale libertà da pregiudizi storici, quasi fosse un romanzo fantascientifico. E per tutto ciò non si può che osannare un Murphy evidentemente molto coinvolto nel progetto.

LA CRITICA

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Nonostante la validità di quanto detto prima, il film non è privo di difetti. Primo fra tutti l’incapacità del regista di liberarsi dei tratti più spigolosi del suo stile, che culminano in una sequenza al limite del AHS, di dubbio gusto. Viene da domandarsi cosa sarebbe successo se Murphy – in preda alla vanagloria – avesse deciso di scrivere di proprio pugno lo script; lui che eccelle nella commedia ma fatica nel drammatico. Una personalità forte e compiaciuta che – fortunatamente – emerge solo a tratti nella regia.
Il secondo grande difetto è insormontabile e riguarda la struttura. Larry Kramer è un commediografo pluripremiato, e non si può fargliene una colpa, ma l’abitudine di scrivere in due atti penalizza molto il finale. Un problema intrinseco che si sarebbe potuto risolvere solamente cambiando la penna e rivoluzionando lo scheletro di un film che avrebbe così perso il suo senso. È un dato di fatto: la trasposizione da due a tre atti è estremamente insidiosa; e non può essere aggirata.
A mio avviso, il finale è molto debole anche per un paio di ingenuità, come la scena finale superflua e scontata.
normal-heart-topEd è qui che tirerei in ballo l’ovvio confronto con Philadelphia, Dallas Buyers Club e, perché no, anche Angels in America. In questi giorni ho letto molti commenti al riguardo. La mia personale opinione è che The Normal Heart sia difficilmente paragonabile ai due lungometraggi, sia nelle performance dei protagonisti (Whasington/Hanks VS McConaughey/Leto VS Ruffalo/Bomer) sia nella forza della storia. Ma è giusto che sia così. Già con l’altro sceneggiato HBO il confronto si fa più tollerabile.

IL VERDETTO

Lacune a parte, è difficile vedere sul piccolo schermo dei prodotti di questo calibro. Quindi il verdetto è più che positivo. Mi arrabbierei se non gli deste una chance.
E spero per voi che non abbiate letto niente al riguardo – come è stato per me – nemmeno questo articolo. Perché come ho detto, la vera forza di questo film è la strada distaccata, libera dai pregiudizi, che è stata scelta per raccontare uno dei più orribili drammi moderni.
the-normal-heart-matt-bomer-julia-roberts-larry-kramer-mark-ruffaloBeh, se volete percorrerla con noi, qui trovate i sottotitoli.

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Matteo Pilon

Rocket Scientist, Alpinist, PirateBayers, Adobe Expert, ScreenWriter, Butcher, Drinking Buddy. Amo le serie TV di ogni razza e colore, ma venero le Dark Comedy. Se un Pilot sfiora l'etere, io l'ho visto. Cinefilo per folgorazione e per proto-professione. Cazzaro

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