Curiosità

Serie e VitaVera: i federali USA

Seconda parte del primo appuntamento con una nuova rubrica, che prova a descrivere le professioni e i settori più comuni nelle serie tv. E’ il turno dei federali, in particolare l’FBI.

Leggi la prima parte: la polizia USA

Anche a livello federale la situazione delle forze dell’ordine americane è piuttosto intricata. Esistono due grandi dipartimenti nazionali, il DHS (Department of Homeland Security, Dipartimento di Sicurezza Nazionale) e il DOJ (Department of Justice, Dipartimento di Giustizia). Grosso modo, il DHS cerca di prevenire e il DOJ di curare: quindi nel primo rientrano le agenzie delle dogane, l’immigrazione, la guardia costiera, ma anche diverse agenzie di sicurezza come l’USSS (United States Secret Services), cioè l’ente che tutela la sicurezza del presidente, della sua famiglia, dei membri del governo e del Congresso, e la TSA, che supervisiona la sicurezza dei cieli e degli aeroporti. Nel DHS rientra anche la FEMA (c’è qualche fan di Deus Ex?), ovvero la protezione civile americana, cui furono attribuite grosse responsabilità nella disastrosa gestione dell’uragano Katrina.

Al DOJ invece fanno capo tutte le forze di polizia che perseguono crimini “federali”, cioè reati con rilevanza nazionale:  l’FBI, ovviamente, ma anche la DEA (la nostra Antidroga) del cognato di Walter o l’ATF di Sons of Anarchy (che combatte il traffico di armi, alcol e sigarette), e poi gli US Marshals, che sono un po’ la polizia giudiziaria federale: gestiscono la sicurezza delle corti federali, dei giudici e delle giurie; inoltre eseguono i mandati di arresto spiccati in vista o durante i processi.

Zuckerberg

Questo spiega molte cose

E la CIA? Beh, innanzitutto non è un corpo militare, ma civile come (per dire) gli agenti del catasto. Non intervengono, se non raramente, in operazioni tattiche, e si limitano a raccogliere ed elaborare informazioni utili al governo o all’esercito; dipendono formalmente dal Ministero della Difesa, anche se prassi vuole che il suo direttore risponda in primis al Presidente. Essendo un corpo civile, non possono effettuare arresti e nemmeno condurre indagini se non, appunto, nell’ottica di raccogliere informazioni da smistare poi alle diverse  agenzie competenti.

Al lato pratico, però, la nomea della CIA è ben giustificata: prima di tutto perché ha il potere di ispirare e coordinare operazioni all’estero, che porta a termine servendosi delle forze militari più adatte per il tipo di missione, e poi, a differenza di quanto ogni tanto viene detto, ha giurisdizione negli Stati Uniti, nel senso che può collaborare, ad esempio con l’FBI, per la protezione dei cittadini americani quando risulti da informazioni che la sicurezza degli stessi sia in pericolo. Inoltre dispone di una sezione operativa, per la verità minoritaria, organizzata in Special Activity Divisions, cioè piccole squadre cui sono assegnati compiti di “influenza” nei confronti di governi stranieri e operazioni generalmente concordate con le forze locali: è successo anche in Italia, ad esempio con la cattura e la deportazione di Abu Omar.

Con la Presidenza Obama, però, la CIA ha riacquistato una natura informativa e coordinatrice, privilegiando interventi militari mirati (ad esempio attraverso i droni) e cercando costantemente la collaborazione delle forze locali, come successo nella recente guerra in Libia. Se la politica di Obama ha ottenuto rapidamente risultati tangibili, non è stata però in grado di ridimensionare il gigantesco baraccone della Sicurezza federale: decine di agenzie diverse, pubbliche e private, afferenti al DHS, al DOJ o alla Difesa, con ruoli a volte sovrapposti e non sempre chiari, che grazie alla psicosi post-Undici Settembre hanno ampliato i propri budget e i propri poteri. La situazione sembra totalmente sfuggita di mano specialmente nel campo delle forze armate, in cui vicende come quella descritta dall’ultima stagione di Damages sono più che plausibili. Chi volesse approfondire troverà un sacco di materiale in una recente inchiesta fiume del Washington Post.

In incognito

Come si diventa un federale? Beh, il fondatore ed eminenza grigia del Bureau, J. Edgar Hoover (la cui vita è stata raccontata di recente in un film di Clint Eastwood) li voleva fisicamente prestanti e, soprattutto, laureati. Quindi il reclutamento parte spesso dalle università, magari privilegiando chi vi è entrato per meriti sportivi, con le borse di studio, e quindi ansioso di trovare subito un’occupazione. Nell’FBI però si può entrare anche senza brandire un’arma: molti suoi dipendenti sono il cosiddetto staff professionale, ad esempio interpreti, ingegneri informatici, contabili, analisti, psicologi, ecc… gli Agenti Speciali, invece, sono coloro che seguono i casi, effettuano indagini e procurano gli arresti. Devono rispondere a una lista stringente di requisiti: cittadino americano, almeno 23 anni e non più di 37, laureato, con esperienza lavorativa (spesso dentro al Bureau, come professionista), patentato e disposto a trasferirsi ovunque sul territorio americano. Ci sono poi un test medico-fisico e un minuzioso controllo del proprio background, svolto dall’FBI stesso, che include interviste a parenti e conoscenti, test antidroga, verifiche incrociate del curriculum e indagini sulle proprie attività online. Definita l’idoneità, la recluta deve scegliere una sorta di “percorso di studi”, dai nomi tutt’altro che noiosi: Intelligence, Counterintelligence, Counterterrorism, Criminal, e Cyber. Il neo-agente  si trasferisce nella mitica Quantico, in Virginia, dove ha sede la FBI Academy, per un corso di 21 settimane, che include lezioni su armi di distruzione di massa, hacking, continue prove di tiro, corsi di negoziazione, interrogatorio e interpretazione di dati e informazioni di intelligence, scienze comportamentali, profiling, interventi in situazione di crisi (liberazione ostaggi, attacco terroristico, ecc…) e severi test fisici che, se falliti, possono determinare l’espulsione dalla scuola.

Superato il corso, la recluta viene spedita in una dei 56 uffici dell’FBI sparsi sul territorio Usa, e per due anni gli sarà affiancato un agente anziano con cui farà coppia fissa o quasi. Riceverà uno stipendio fisso di 43.000 dollari, con un bonus legato all’inflazione e un altro che invece lo paga per la rintracciabilità fuori dall’orario di lavoro (50h annue obbligatorie, le famose “chiamate nel cuore della notte”). In tutto, la paga base oscilla fra i 61 e 69.000 dollari annui, ma con l’anzianità può salire di molto. Inoltre esistono diversi vantaggi: copertura sanitaria totale, vantaggiosi piani pensione, strutture dedicate per i figli dei dipendenti (vi immaginate l’asilo dell’FBI?); in alcuni casi, sono previsti bonus una tantum se l’agente deve trasferirsi in città, come Los Angeles e New York, con mercati immobiliari proibitivi.
Essere un agente dell’FBI in Stati tranquilli come il Nebraska o il Tennessee dev’essere una passeggiata, ma in uffici più caotici come quelli di San Francisco, Washington o New York (dove è ambientato White Collar) la vita è più dura. Le indagini sono spesso molto lunghe, durano parecchi mesi e comportano trasferte e soprattutto tempi morti. A differenza di quanto fa Peter Burke, discutere con la moglie del proprio lavoro è formalmente proibito; d’altra parte il numero di divorzi fra i federali è altissimo, e così pure i matrimoni fra colleghi. Ed anche il lavoro ha i suoi aspetti negativi: raramente l’agente FBI compie gli arresti di persona; spesso ci si affida ad altre agenzie, come  i Marshal, o alla polizia locale, che conosce meglio il territorio; è frequente che vengano comunque “invitati” all’arresto coloro che hanno condotto l’indagine, e che poi terranno la conferenza stampa. Molto spesso, al momento dell’arresto l’agente FBI responsabile è già su un altro caso.

Furgoncino sospetto sotto casa? Cominciate a smontare l'hard disk...

Per federali e poliziotti, il momento della pensione è spesso drammatico. Si tratta di un lavoro in cui le percentuali di turnover (cioè persone che “si dimettono”) sono bassissime: nel caso dell’FBI, è il 4%; quasi sempre gli agenti lavorano in coppie, o piccoli team in cui ogni membro è abituato a fare affidamento sui colleghi, per le piccole cose e per la propria vita in generale, un po’ come l’esperienza di una guerra, ma in versione molto “leggera”. Sebbene come tutte le cose abbia alti e bassi, quasi tutti i federali inseriscono fra i vantaggi del lavoro l’enorme gamma di attività diverse svolte ogni giorno, che rendono la professione una sfida nuova ogni giorno. Questo porta spesso a sviluppare una sorta di “dipendenza” nei confronti dell’adrenalina che, in alcuni casi, porta alla depressione i neo-pensionati, improvvisamente costretti a una vita normale.

Per questo chi va in pensione, federali o poliziotti, non ci va davvero: i più stimati e competenti restano come consulenti, quelli fisicamente prestanti vanno a lavorare nella security di grandi aziende, o fondano imprese specializzate nel settore. Per gli agenti dell’FBI è più facile farsi eleggere come sceriffo o capo della polizia nella propria città natale, oppure far valere la propria laurea e candidarsi al Consiglio di Contea o come procuratore distrettuale (altra carica elettiva, cui si accede con una laurea in legge); alcuni ex-federali vengono anche reclutati dalla CIA o dai Marshals, in virtù della preziosa esperienza sul campo. Per i poliziotti è più dura, spesso lavorano part time presso i centri commerciali, oppure danno una mano allo sceriffo in cambio di un piccolo stipendio; in numerosi casi lo sceriffo intrattiene relazioni dirette con tutti i membri di una comunità e quindi è la persona più adatta a diventare sindaco alle elezioni successive.

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