Una bella commedia fuori concorso, un film italiano in concorso non proprio esaltante e l’autografo di Micheal Shannon che ruba la mia penna. Questa la quarta giornata alla Mostra.
La scoperta del secolo. In Sala Grande, a differenza dell’anno scorso, vi sono delle proiezioni stampa la mattina tardi. Mi sono quindi potuto svegliare tardi: alle sette e mezza.
Felice e riposato sono arrivato alla Mostra e mi sono diretto alla sala grande. Un’affascinante rovina, per citare The Grand Budapest Hotel, che presenta una qualità audio leggermente inferiore alla Darsena ma che ha un prestigio decisamente maggiore. Il Palazzo del Cinema è veramente stupendo e potersi sedere nella stessa poltrona dove sono passati così tanti registi è un’emozione unica. Tutto questo potendo anche dormire di più.
Il primo film di oggi è la commedia fuori concorso She’s Funny That Way di Peter Dogabovich. Commedia degli equivoci che strizza l’occhio a Woody Allen, con la bella protagonista Imogen Poots che ricorda come bravura e personalità la Mira Sorvino de La Dea dell’Amore. Prodotto da Wes Anderson, il film procede in un esilarante crescendo di equivoci, grazie a una sceneggiatura brillante, ricca di dialoghi efficacemente divertenti, personaggi follemente squisiti e una trama dal ritmo travolgente. Ciliegina sulla torta alla fine del film, un cameo d’autore di Quentin Tarantino. Complimenti a Barbera e al suo staff che in una Mostra così cupamente politica hanno inserito, seppur fuori concorso, una deliziosa commedia.
Uscito dalla sala scopro con piacere che vi è un bar nell’atrio del Palazzo del Cinema. Il solito cappuccino e cornetto delle undici e poi ritorno dentro.
Viene proiettato Anime Nere di Francesco Munzi, primo film italiano in concorso ad arrivare a Venezia.
Storia di una famiglia istruita ma camorrista e della sua diatriba con una banda rivale, il film presenta una trama e dei personaggi alquanto sterili. Sicuramente è chiaro cosa il regista voglia dire: similmente al film di Kim Ki-duk, i protagonisti del film sono vittime di un sistema politico fallace che non riesce a controllare una criminalità organizzata che ormai ha conquistato l’Italia. L’immoralità si insinua all’interno dei giovani come un cancro che li consuma e dal quale è difficile guarire. Applauditissimo in sala, a me il film non è piaciuto molto. L’ho trovato nel complesso noioso e poco coinvolgente.
Tempo di una veloce pausa pranzo e poi corro alla Conferenza di 99 Homes (qui la recensione).
Gli attori Micheal Shannon e Andrew Garflield raccontano del grande supporto ricevuto durante le riprese del film. Visto il tema delicato e scomodo ci si sarebbe aspettati attegiamenti ostili, invece persino i veri agenti immobiliari della Florida hanno dato la loro disponibilità. Toccante poi il momento in cui il regista Ramin Barhani ha spiegato il perché dell’omaggio al critico Rogert Ebert, scomparso ad aprile. Il suo condannare film che non vogliono dire nulla, che non trasmettono nulla in favore di un cinema coraggioso e che sappia passare un messaggio al pubblico. Più dei soldi è la cultura che può cambiare il mondo.
A fine conferenza decido di lanciarmi come gli altri giornalisti verso il palco per tentare di farmi fare un autografo. Riesco a ottenere quello di Micheal Shannon che dopo aver firmato dice: “Ora possiedo io questa penna”. Dopo aver visto quanto violento può diventare in Boardwalk Empire gli dico che non c’è problema. Andrew Garfield invece fugge veloce e non riesco a fermarlo.
Itasa Blog sbarca a Venezia
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Jacopo Mascolini
Jacopo Msn
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