Una giornata impegnativa dove emergono l’attore protagonista di Manglehorn e Pierfrancesco Favino con Senza Nessuna Pietà.
Una calda giornata qui a Venezia, che riesco a sopportare soltanto grazie alla riposante dormita che mi sono concesso. Mi aspetta un week-end veramente pienissimo e ringrazio darthdread e Edel Jungfrau, nonché tutti i blogger di Italiansubs per l’aiuto che mi stanno dando.
Visto che oggi resterò fino alle due di notte, porto con me metà cucina. Sei plumcake al cioccolato, quattro panini e una vasca di wurstel e patate. Giro con uno zaino da trekking, enorme. Sembra un alpinista pronto a scalare l’Everest.
La prima tappa della giornata è il film 3 Coeurs di Benoît Jacquot. Un film, inspiegabilmente in concorso, banale e scontato. Fin dalla trama, classico triangolo amoroso con finale amaro, ma anche e sopratutto nei dialoghi e nei personaggi. Seppur convincenti, rappresentano LO stereotipo di questo genere di film. Dopo neanche quindici minuti sai già dove il film andrà a parare. Charlotte Gainsbourg a parte, che ci regala la perfomance peggiore della sua carriera, Chiara Mastroianni, incredibilmente somigliante al padre, si dimostra una valida attrice, così come il resto del cast. Catherine Denueve appare in un piccolo ruolo e conferma ancora la sua bravura dopo tutti questi anni di carriera. Benoît Poelvoorde, visto a Venezia con La Rancon De La Glorie, si mostra abile anche in un ruolo drammatico. Pesamente fischiato a fine proiezioni, 3 Couers non convince nessuno.
Dopo una breve pausa in Sala Stampa, torno in Darsena. È il turno di Manglehorn di David Gordon Green, che torna a Venezia per il secondo anno conseguivo. Il film è la storia di un anziano fabbricante di chiavi, solo e ancora innamorato di una donna che ormai gli è sfuggita. Continua a scriverle lettere che regolarmente gli tornano indietro. Così abile ad aprire porte e casseforti di cui non si trovano più le chiavi, il protagonista non riesce invece ad aprirsi al nuovo, rinchiuso com’è nel passato. Con un pizzico di quella critica sociale che sembra contraddistinguere Venezia 71, Manglehorn riesce a toccare numerose tematiche. La difficoltà delle nuove generazioni a sopravvivere in una società fortemente influenzata dall’economia e dalle mode passeggere, così come l’impossibilità delle più anziane a comprendere il mondo nel quale si ritrovano a vivere. Attraverso il rapporto tra il protagonista e suo figlio, il regista ci mostra le difficoltà che queste due generazioni hanno a comunicare tra di loro, ad aiutarsi a vicenda. La soluzione che sembra mostrarci è quella dell’umiltà, dell’accettare che il passato è passato. Bisogna guardare al futuro e come dice il protagonista “togliere le vecchie radici e piantare nuovi alberi”. Solo così potremo far scattare quella serratura dentro di noi che ci blocca dal vivere sereni. Manglehorn inizia lentamente, ma poi stupisce per la dolce poesia del suo messaggio e per la malinconica performance del bravissimo Al Pacino.
Mi siedo in Sala Stampa a ricaricare il telefono e a mangiare al volo i panini che mi sono portato. Mi rendo conto che la quantità di gente presente è raddoppiata. Sarà il week-end, sarà Al Pacino, ma le possibilità di prendere un autografo o quantomeno di scattargli una foto si assottigliano. Mentre aspetto, le televisioni appoggiate ai muri proiettano in diretta la conferenza stampa di Senza Nessuna Pietà. Le parole del protagonista Pier Francesco Favino e del regista Michele Alhaique mi colpiscono. Decido di andarlo a vedere al posto di quello di Giornate Degli Autori programmato da me.
Una folla indescrivibile sta cercando di entrare. Io timidamente mi metto in coda. Le mie speranze non sono alte. Fortunatamente rientro tra i dieci chiamati ad entrare, riuscendo a bloccare con il braccio un simpatico signore che ha tentato di superarmi.
Al Pacino arriva e la sala, affollatissima, scoppia in un’ovazione. Le domande sono tutte per lui, che fa un emozionante racconto sulla sua carriera ad Hollywood. Coppola, De Palma, Scorsese, sono solo alcuni dei numerosi nomi che l’attore pronuncia, per lui amici e compagni di un’avventura chiamata cinema. Pur guardando al passato con nostalgia, Al Pacino non critica la Hollywood dei giorni nostri, anzi definisce il cinecomic Guardians Of The Galaxy un bellissimo film. L’unica domanda fatta all’altro attore, Chris Messina, riguarda il rapporto tra il padre protagonista del film e suo figlio, con lui che risponde che non è stato difficile recitare la parte. Per lui Al Pacino è stato una figura paterna, qualcuno da cui imparare come attore.
Poco prima della fine della conferenza l’aria si fa pesante. Si avverte l’adrenalina salire nel sangue. Sembra di stare al Fight Club, tutti pronti a scattare verso il palco. Appena viene decretata la fine della conferenza, scatto con tutti gli altri verso Al Pacino. L’attore si mostra calmo, abituato da anni di rassegne e autografi, e si mette a firmare con un grosso pennarello nero. Io, spinto di qua e di là, riesco a infilare il braccio tra la muraglia umana e mi lancio in avanti. Quando ti ritrovi a scambiare uno sguardo con uno dei più grandi attori della storia del cinema, è un vera esperienza da “shoogno”. Missione compiuta, autografo ottenuto.
Finita la lotta titanica, ritorno in Sala Stampa, in attesa del prossimo film.
Sono solo le quattro e venti, ho finito di scrivere l’articolo (per il momento) e non so cosa fare. Salire in Sala Stampa non mi va per niente, decido quindi di andare in una pasticceria poco lontana a prendere la merenda. Soddisfatto mi dirigo alla Darsena e mi siedo per terra, laptop sulle game, a scrivere in attesa di entrare.
Il prossimo film, presentato nella sezione Orizzonti, è Senza Nessuna Pietà, primo film di Michele Alhaique.
Un Pierfrancesco Favino ingrassato e depresso ben interpreta il protagonista di una storia non proprio originale ma che cerca di distinguersi dalle produzioni di genere come Gomorra e Romanzo Criminale. Vi riesce solo nella prima parte e anche molto bene. Mimmo, come molti dei protagonisti dei film di Venezia, è la vittima di una immoralità ormai dilagante, che lo costringe ad essere qualcosa che non vuole. Così anche la prostituta, con la quale si crea un bellissimo rapporto che ben funziona sullo schermo. Purtroppo nella parte finale il film non riesce a mantenere ed evolvere la potenza narrativa dell’inizio, cadendo poi in un finale alquanto scontato.
Accolto da molti applausi, Senza Nessuna Pietà è un esordio interessante anche se troppo acerbo.
Ambientato nel 1954 in un desolato altopiano dell’Algeria, è la storia di un insegnante che deve accompagnare un ragazzo accusato di omicidio al commissariato francese in una città a un giorno di cammino. Durante il loro viaggio scoppierà la guerra civile e alla fine entrambi ne usciranno cambiati. Si tratta di un interessante punto di vista sulla guerra algerina, con i meravigliosi paesaggi desertici ad accompagnarci. Lontano dagli uomini tutte le guerre sembrano futili, tutti i conflitti inutili. Forse soltanto da soli, nella vastità del deserto, possiamo trovare la pace che il mondo degli uomini sembra aver perso definitivamente. Viggo non è molto espressivo e il film ha una storia che si sviluppa alquanto lenta. Non è sicuramente uno dei film che può sperare di vincere il Leone d’Oro.
Sono le nove e mezza, io sono più morto che vivo. Stremato da una giornata veramente ricca, mi sdraio su una comodo puf sul prato e mangio avidamente le patate con i wurstel che mi sono portato. Chiudo gli occhi per venti minuti, poi torno in Sala Darsena.
L’ultimo film della giornata è The Boxtrolls dalla Laika, casa che ha realizzato i bellissimi Paranorman e Coraline.
La storia è quella di una città assalita da un gruppo di simpatici troll che vengono scambiati per temibili mostri, quando in realtà vogliono soltanto giocare ed essere accettati. Prendendo spunto dai Minions di Cattivissimo Me, la Laika crea dei simpatici e divertenti personaggi che fanno parte di una fiaba intelligente e divertente, il tutto in un film realizzato in una splendida stop-motion, arte rara e costosa che è purtroppo sull’orlo dell’estinzione. Peccato che i protagonisti umani manchino di quella complessità psicologica dei film precedenti, rendendo The Boxtrolls più una gioia per gli occhi. Non mancano le situazioni divertenti ma visti i film precedenti ci si aspettava qualcosa di più.
È mezzanotte e dieci, la giornata è finita. O almeno così credo. Impiego infatti ben un’ora e mezza contro i normali quaranta minuti ad arrivare a casa. Tutti i traghetti per Venezia sono letteralmente presi d’assalto e non riesco a salire sul primo che arriva. Decido a malincuore di saltare il primo film della giornata successiva, sperando di recuperarlo nel pomeriggio.
Facendo un resconto, è stata una quinta giornata deludente, con Manglehorn unico film veramente riuscito. Dopo un inizio scoppiettante, la Mostra inizia a mostrare le sue debolezze. Speriamo sia soltanto un giorno così.
Oggi mi aspettano Saverio Costanzo con il suo The Hungry Hearts e la miniserie Olive Kitteridge con Fransic Macdormand e Bill Murray.
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