Interviste

Web series: Stuck

Ora che avete assaggiato l’invitante stuzzichino che vi abbiamo offerto la settimana scorsa, non potete più fare a meno delle web series? Nessun problema perché questa rubrica arriva puntuale ogni mercoledì portando con sé spuntini di ogni forma e sapore… cosa volete farci, a noi del blog piacciono le metafore culinarie.

Scherzi a parte, vi proporremo i migliori frutti di youtube (e daje) nel panorama italiano e non solo, vi metteremo in contatto con chi questi show li ha creati e soprattutto cercheremo di farlo con voi, accogliendo le vostre richieste. Siete pronti a fare merenda con noi? (ora basta, giuro)

stuckQuesta settimana parleremo di Stuck – The Chronicles of David Rea, una web series di produzione italiana ma in lingua inglese (con sottotitoli, naturalmente) che si compone di ben 10 episodi scritti e diretti dal giovane regista Ivan Silvestrini che conosceremo tra poco. Ma prima di iniziare a raccontarvi questa pluripremiata web series ho una domanda per voi: Guys, where did you get stuck?

LA TRAMA

David Rea (Riccardo Sardonè) è un emotional trainer che possiede la capacità unica di scavare nella vita dei suoi pazienti e di aiutarli a riconoscere e superare il blocco emozionale che impedisce loro di andare avanti con serenità. Un personaggio dalle grandi doti manipolative che si troverà a doversi liberare lui stesso di quegli ostacoli che lo tengono bloccato in una fortezza di cinismo e sarcasmo. 69249_329566743810464_470840766_nUn cambiamento che inizia dall’incontro con Emma (Ivana Lotito), ragazza tormentata e succube del fascino del suo curante. David non ha nessun problema infatti a circondarsi di belle donne come l’amica e consigliera Lisa (Gaia Scodellaro) e l’irascibile Ramona (Valentina Izumi) con cui divide un passato misterioso. La controparte maschile è invece molto meno folta e forte e si riassume nel personaggio di Vince Ciuffo (Vincenzo Alfieri), amico maldestro guidato dalla passione per quelle donne intrappolate nell’orbita dell’affascinante David. Nel corso degli episodi vedremo tutti questi personaggi, ed altri ospiti, interagire in una serie che parte come un procedurale ma assume presto una trama a forte carattere orizzontale.

PERCHÉ GUARDARE STUCK

images (2)Innanzitutto perché se siete qua significa che amate le serie in lingua inglese; e quando mai vi ricapiterà l’occasione di seguirne una italiana? No – seriamente – perché è un prodotto di grande qualità tecnica e creativa sviluppato con il chiaro obiettivo di realizzare qualcosa allo stato dell’arte nel web. Poi perché è costruito sul modello americano con uno stile brillante che ricorda molte delle serie che seguite su questo sito. E infine perché probabilmente non esiste esempio migliore di come il web, domato con professionalità, impegno e talento, possa rivelarsi un eccellente trampolino di lancio per chi ha scelto di trasformare la propria passione in un mestiere.

L’INTERVISTA

Per convincervi definitivamente a recuperare questa serie, abbiamo oggi l’onore di ospitare il creatore e regista Ivan Silvestrini che, al momento, è impegnato nella distribuzione internazionale del suo primo lungometraggio Come non Detto che molti di voi avranno visto nelle sale lo scorso settembre.

images (1)Ivan, grazie da parte mia e di tutto lo staff per averci regalato questa intervista.

Voi scherzate, io sono un vostro adepto. Ricevere la vostra attenzione per me è come avere una visione mariana.

Iniziamo subito con le domande. Parlando con il tuo collega Simone Laudiero, la settimana scorsa è saltato fuori l’argomento della lingua. Ci chiedevamo se non fosse più conveniente doppiare una web series in inglese, puntando così su un pubblico più ampio. Lui non si è pronunciato, affermando che non avrebbe fatto altro che ripetere quello che gli hai detto tu. E così eccoci qua. Cosa ne pensi?

Gli anglosassoni non doppiano niente, sono abituati a guardare le labbra dei personaggi e troverebbero fastidiosissimo e straniante vedere che da quei movimenti esce un suono diverso. Loro hanno l’egemonia culturale, e se la godono. Preferiscono fare remake piuttosto che doppiare (gli americani fanno remake persino dei prodotto britannici perché hanno un accento diverso). Esiste una piccola fetta di pubblico colto e attento ai prodotti internazionali disposto a fruire di contenuti sottotitolati, ma si parla di una esigua minoranza. Stando in America mi sono reso conto che quando dico che ho fatto un film in Italia al massimo dicono “ah”, mentre se dico che ho fatto una serie in inglese si mostrano tutti molto più curiosi, e con ogni probabilità finiscono per guardarla.

Quindi si può dire che la scelta abbia premiato?

La serie si sta ancora espandendo, è presto per trarre delle conclusioni, di certo ci ha resi diversi dalle altre serie, difficili da catalogare e da “piazzare”, ma siamo ancora un caso abbastanza unico nel suo genere.

downloadCosa faresti con il senno di poi? Mi spiego. Il paese in cui lavori dopotutto è l’Italia; tenendo presente questo, credi che per un regista del web che voglia farsi conoscere sia meglio puntare sulla lingua inglese, perdendo probabilmente una fetta di spettatori italiani ma andando a proporre il proprio prodotto ad un pubblico molto più vasto? O al contrario sia più opportuno cercare un successo casalingo prima di quello d’oltreoceano?

La scelta dell’inglese ci ha di certo penalizzati in Italia a livello di diffusione di massa, il punto però era proprio dimostrare che se si vuole fare un prodotto più complesso, che magari finisce per rivolgersi ad una nicchia di persone, lo si può fare purché però si punti a tutte le nicchie del mondo. Anche se credo che Stuck sia un prodotto molto più universale di quanto si possa pensare a priori, ma ha un target abbastanza alto (dai 25 ai 55) e questo comporta un impatto diverso nelle modalità di diffusione online. Credo comunque fermamente che se un “regista del web” lavori per il World Wide Web sia molto limitante auto-circoscriversi all’Italia. Penso che questo valga anche per il cinema di genere, tranne casi specifici in cui la storia è profondamente radicata nella realtà italiana. [Prima il successo casalingo?] Anche quella è una possibilità, ma siccome produrre una serie in maniera indipendente è un massacro che si può fare una volta nella vita, dovendo scegliere ho preferito seguire l’estetica (anche linguistica) che più rispecchia il mio humor e il mio modo di sentire ed esprimere le emozioni.

Beh, è doveroso far notare che per poter anche solo valutare quest’opzione bisogna assicurarsi un cast all’altezza del compito. E tu l’hai avuto. Come hai reclutato questi talenti e come ti sei trovato a dirigerli in una lingua che non era la loro?

imagesÈ stata una vera e propria battuta di caccia. Normalmente è già difficile trovare l’attore giusto per un ruolo, se in più aggiungi la difficoltà extra dell’inglese, beh, ti vuoi davvero complicare la vita, ma tanto io una vita semplice non ce l’ho mai avuta quindi… Abbiamo scelto i migliori attori madrelingua che potevamo trovare, ma questo ha coperto solo metà dei ruoli, per il resto abbiamo scelto gli attori giusti italiani che potessero parlare con un accento, ma senza cadere nel ridicolo involontario. È una soglia molto precisa che abbiamo dovuto controllare durante le riprese, a tutti può capitare di sbagliare qualcosa, di solito usavamo uno degli attori madrelingua presenti sul set come coach, e sì, questo ovviamente ci ha rallentati, ma abbiamo imparato a compensare in velocità su altri fronti. Abbiamo girato alcune scene persino con 3 macchine pur di velocizzare il processo, una vera e propria sfida tecnico/produttiva. In definitiva posso dire che gli unici ad essersi lamentati dell’accento sono stati alcuni spettatori italiani, e lo capisco, perché per noi può risultare straniante, ma la verità è che se si guardano le serie in lingua originale c’è sempre una varietà di accenti americani/britannici/latini/orientali… In definitiva se la storia ti prende è un elemento trascurabile, persino simpatico, come mi hanno fatto capire quelli che hanno continuato a criticarci fino all’ultimo episodio.

Ivan, a questo punto chiedo anche a te di metterti in cattedra per un istante e di regalarci tre preziosi consigli che daresti a chi vuole tentare la via del web ed inseguire il successo con una web series.

images (4)Consiglio numero 3: fare di necessità virtù, evitare sin dalla scrittura situazioni e contesti che possano dare una sensazione di “vorrei ma non posso”. Non credo paghi, c’è talmente tanta offerta oggi che la gente inevitabilmente migrerà verso serie che “hanno voluto e potuto”. Il Vorrei Ma Non Posso è il nemico numero uno del filmmaker indipendente.

Consiglio numero 2: la sceneggiatura è tutto, ed è l’unica cosa che non ha un costo altro che il tempo che gli dedicate. Fare una web series è un’impresa titanica, io onestamente sconsiglio vivamente di intraprenderla se non si è sicuri al 100% di avere in mano una storia che meriti mesi e mesi di fatica, attriti, e probabilmente buona parte del vostro conto in banca.

Consiglio numero 1: non abbiate paura dei sentimenti, non siate freddi, almeno in profondità. Fate pulsare le vostre storie di qualcosa di intimo, di vostro, la gente se ne accorgerà e sarà quello, se non solo quello, che porterà il pubblico a tornare e tornare. Non importa quanto controversi siano i vostri pensieri, basta che ne abbiate, e più strutturati saranno, meglio verrà il tutto.

Davvero degli ottimi consigli. ItaSA ringrazia. A questo punto vogliamo conoscere l’Ivan adepto di ItaSA. E quale modo migliore se non chiederti di parlarci delle tue serie preferite, quelle che ti hanno ispirato a scrivere Stuck? (io un’idea me la sono fatta)

le mie serie preferite non sono necessariamente quelle che hanno influenzato la scrittura di Stuck, quindi separo la riposta. La prima serie che ho visto: Nip/Tuck (e si, c’è un po’ di Christian Troy in David Rea). La serie che più mi ha cambiato: Six Feet Under. Le serie più raffinate: Homeland, Mad Men e la danese Borgen. Le serie colpo di fulmine: Breaking Bad, 24. Le serie più divertenti: Entourage, The IT Crowd, The Thick of It. Le serie che hanno influenzato Stuck: In Treatment, House e Californication, anche se delle prime due ho visto solo un paio di episodi. Ovviamente ce ne sono molte altre, ma se le nomino tutte è inutile, no?

images (3)Eh sì, sei uno dei nostri. Sarà una consolazione, ora che lo spazio a nostra disposizione è terminato e siamo costretti a lasciarti andare. Ma prima ti faccio un’ultima domanda sul finale della serie (senza spoilerare). A distanza di quasi un anno dalla messa in rete di un finale di stagione che urlava “Séguito!”, è rimasta qualche speranza di assistere al ritorno di David Rea sul piccolissimo schermo?

La speranza è l’ultima a morire.

Ivan, grazie di cuore per averci dedicato un po’ del tuo tempo. Sappi che sei sempre il benvenuto dalle parti di ItaSA. E speriamo di poter tornare a parlare con te di nuovi progetti.

Non vedo l’ora. Con un po’ di fortuna magari sarete i primi a sottotitolarli.

L’intervista termina qui ma Ivan sarà disponibile a rispondere nei commenti alle vostre domande. E qui si conclude anche questo secondo appuntamento con la vostra nuova rubrica dedicata alle web series. Sono sicuro che queste ultime righe siano l’unico ostacolo che ormai vi separa dal cliccare sul primo episodio di Stuck e non voglio essere io a “bloccarvi”. Ma prima ci tengo a rinnovare l’invito a proporci qui sotto nuovi spunti e a farci sapere cosa ne pensate di questa rubrica e soprattutto delle serie. Ok, fatto. I release you!

Un indizio per la settimana prossima: ci sono bestie che trascinano carichi!

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Matteo Pilon

Rocket Scientist, Alpinist, PirateBayers, Adobe Expert, ScreenWriter, Butcher, Drinking Buddy. Amo le serie TV di ogni razza e colore, ma venero le Dark Comedy. Se un Pilot sfiora l'etere, io l'ho visto. Cinefilo per folgorazione e per proto-professione. Cazzaro

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