Bored to Death

X le vacanze: HTMIIA + Bored To Death

Due serie, una sola città. Un buffo investigatore privato, due scapestrati che cercano di sfondare nella moda. La parodia dell’hardboiled, un Entourage sulla costa atlantica.

Bored To Death

Siete appassionati di romanzi gialli, o noir? Avete una passione smisurata per il detective tutto d’un pezzo, dalla vita problematica? Dimenticatevi di tutto quello che ho appena scritto, perché Bored To Death vuole distruggere il noir in tutto quello in cui avete creduto, annebbiandovi la mente con i fumi della marijuana, terapeutica oppure no. L’ambientazione è Brooklyn, con i nostri tre protagonisti che ben si guardano dall’attraversare l’omonimo ponte, ovvio che alcune volte debbano farlo, trasformando una corsa in taxi in una escursione in territorio nemico.

Jonathan Ames (Jason Schwartzman, del clan Coppola) ha pubblicato un romanzo di moderato successo, ha una bella ragazza. L’idillio dura poco, perchè la bella lo pianta in asso, un pretesto ideale per iniziare a piangersi addosso. Non che i due migliori amici di Jonathan siano particolarmente d’aiuto: Ray (Zach Galiqualcosaskis) è un illustratore di fumetti con tanto umorismo quanto pochi quattrini, vive però anche lui con una gran bella ragazza, è fantascienza?; George Cristopher (Ted Danson) è invece un cinquantenne direttore di una rivista, non dà l’impressione di spezzarsi la schiena dal lavoro, a meno che il suo lavoro non consista nel recensire tutti i cocktail di tutti i lounge bar di tutti i cinque distretti di NY.

La disgrazia sopraggiunge quando Ames, complice il tasso alcolico nel sangue, decide di pubblicare un annuncio online spacciandosi per un investigatore privato, cercherà certamente di emulare Philip Marlowe, il risultato sarà una serie di indagini, una più buffa dell’altra. Per apprezzare appieno la serie dovrete però aspettare qualche episodio, quando i due migliori amici di Jonathan finalmente si conosceranno, già… all’inizio non si conoscono, strano.

Due stagioni, 16 episodi.

How To Make It In America

Le vacanze di Natale sono la situazione perfetta per recuperare qualche vecchia serie. How To Make It In America è perfetta a questo scopo, ha solo otto episodi  per la prima stagione (la seconda arriverà), ha un cast giovane, un’ambientazione ultracool come New York City e una storia che puzza di realtà, se la storia di due mezzifalliti che cercano di sfondare nella moda può sembrare reale.

Le menti dietro a questa serie si sono tutte formate nel team di autori di Entourage, una serie che ha conosciuto molti alti e molti bassi, e che spesso ha ricevuto la critica di essere totalmente sganciata dalla realtà, non che una star del cinema hollywoodiano abbia i  problemi dell’Uomo Comune. E’ proprio l’esistenza stessa di Entourage a rendere ancor più interessante How To Make It In America, potete considerare quest’ultima come una sorta di Entourage al contrario, oppure Entourage: the prequel.

La storia, in breve, è quella di Ben Epstein e Cam Calderon, due ventenni che cercano di sfondare nel modno della moda di New York cogliendo al volo l’opportunità di realizzare dei jeans da un campione di denim giapponese dalla losca provenienza. Usando i soldi prestati loro a strozzo dal cugino di Cam (Luiz Guzman) tenteranno di realizzare il primo campione da sottoporre ad alcuni buyer, qua mi fermo dato che gli episodi sono solo otto.

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Chris Bernard

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