E’ difficile star dietro ad In Treatment, due ore alla settimana, una sola stanza e due soli personaggi per volta. Volendo ridurre il carico potreste benissimo scegliervi un solo personaggio, ancora meglio sarebbe sceglierne uno con qualcosa di particolare da offrirvi.
E’ difficile anche entrare in contatto con la cultura indiana, soprattutto se la porta da cui si decide di entrare è quella del cinema, o meglio della celebre Bollywood. Per noi è dura reggere e persino concepire tali rappresentazioni, non voglio assolutamente dare ad intendere che siano brutte, è solo che non mi ci vedo inchiodato a guardarmi un film lungo tre ore, con 6-8 numeri musicali sempre in bilico tra il trash e la spettacolarità. Difficile è anche comprendere la recitazione degli attori indiani
E’ con questi sentimenti che accolsi con interesse (e forse un pò di perplessità) la notizia che uno dei protagonisti della terza stagione di In Treatment sarebbe stato Irffan Khan, indiano (molti di voi lo ricorderanno come il poliziotto che interroga il protagonista in The Millionaire, è stato anche scelto per un ruolo nel prossimo film dell’Uomo Ragno).
E’ quindi con grande piacere che posso dire che Khan ha dimostrato di essere un grande attore, creando un personaggio con attenzione, dedicandosi ad esso fino nei piccoli dettagli, con un linguaggio del corpo studiatissimo. La sua storia è quella, delle quattro della terza stagione, che più mi ha coinvolto e sorpreso, sin dal primo episodio, sin dalla presentazione di suo figlio Arun e della nuora Julia.
E’ ormai vedovo, Sunil. Sua moglie è morta e lui ha lasciato Calcutta per andare a vivere dal figlio a New York. Per adesso vive nella stanza degli ospiti, ma già gli hanno prospettato un trasferimento in cantina, visto il probabile arrivo di un terzo nipotino. Vorrebbe insegnare la sua lingua (il bengalese) ai nipoti, ma la nuora glielo impedisce; la nuora ha anche storpiato il nome del figlio da Arun (il nome del sole nell’induismo) ad un più americano Aaron.
E’ però lui stesso a causare problemi. Sunil non cerca di rendere le cose più semplici: dorme fino a tardi, non si lava, fuma, si dimostra ostile verso Julia. Alla fine il grado di sopportazione supera un certo limite, così Sunil diventa paziente di Paul.
E’ l’emigrazione il tema dei sette episodi? No, sotto la superficie, c’è ben di più: l’elaborazione del lutto, la distanza da casa e dalla propria cultura, il senso di disadattamento in un paese privo di storia e tradizioni millenarie, un figlio che sembra aver dimenticato le sue radici ed aver assorbito uno stile di vita alieno, la forse inconscia attrazione verso la giovane e bionda nuora che forse tradisce Arun, la rabbia repressa.
E’ la natura stessa di In Treatment che non mi permette di parlarvi troppo degli sviluppi della trama, facendo così verrebbe meno il piacere della scoperta, del conoscere, passo dopo passo, una persona. Non vi rimane altro che fidarvi delle parole di uno sconosciuto, In Treatment, in fondo, è questo: cercare di comprendere una realtà che noi non vediamo e che ci viene solo raccontata.
Chris Bernard
Ultimi post di Chris Bernard (vedi tutti)
- Luther ritorna su BBC One - 6 Giugno 2011
- Sexposition, la nuova frontiera dello spiegone - 1 Giugno 2011
- Risultati – I pilot che non ci perderemo - 28 Maggio 2011