Il fumetto è qualcosa che non può essere cancellato, che non sparirà nel nulla e che esisterà sempre per gli appassionati.
Antonio Serra
Partendo dalle parole di Serra (autore di fumetti; ha lavorato anche per Dylan Dog e Martin Mystere), si potrebbe quasi ipotizzare che al fan medio/alto di fumetti o al nerd dell’appartamento accanto poco importi della riuscita di progetti di trasposizione dei propri personaggi preferiti; perché, comunque vada, l’opera originale rimarrà il loro “guilty pleasure” preferito, la loro isola incantata a cui tornare ogni qualvolta lo si voglia. Un centro di gravità permanente che li rassicuri all’occorrenza.
Sta di fatto che non è così. Non lo è mai.
Ma cosa ci possiamo fare? Siamo umani, no? Deboli di carne e di cuore e, checché se ne dica, non ci basta mai quello che già abbiamo. Soprattutto quando vediamo aprirsi sui grandi e piccoli schermi dei cinema o di casa nostra i nomi dei nostri amori più sinceri e nascosti, nomi come Superman, Batman, Thor, Spider Man, Flash, Constantine, e chi più ne ha più ne metta.
Il cinecomic e il TV comic (come alcuni già lo definiscono) sono fenomeni in crescita, veri propri eventi, cinematografici e non, di grande richiamo. “È una moda passeggera” affermava intorno al 2003 l’ex presidente della Paramount Pictures John Goldwyn; voi gli avete creduto? Voi avreste anche potuto, ma di certo non lo hanno fatto autori e registi del calibro di Christopher Nolan, Joss Whedon, Bryan Singer o, più recentemente, Zack Snyder (e qui si alzerà una tribuna di haters inferociti).
Sarebbe da stupidi, oggi, negare l’importanza di questi adattamenti, sia a livello economico che creativo. Per la prima volta nella storia del cinema, abbiamo vastissimi universi coesi e infinitamente collegati fra loro; la Marvel è partita per prima in questo, ma la DC le sta addosso pronta per un possibile scacco matto (in questo senso bisognerà attendere il Comic-Con di San Diego a luglio, in cui verranno fatti moltissimi, succulenti annunci). Era quindi inevitabile, visto il successo sul grande schermo, che le due major iniziassero a muovere le loro pedine anche sulle televisioni, programmando così titoli come Arrow e Marvel’s Agents of S.H.I.E.L.D., e annunciandone molti altri per il futuro, fra cui Marvel’s Agent Carter e Daredevil in casa Marvel, e Preacher, iZombie, Gotham, Constantine e The Flash in casa DC. Proprio di questi ultimi due avete trovato recentemente, sul nostro blog, l’Aperitivo che ne segnalava l’uscita dei pre air ([1] [2]); proprio di questi ultimi due bisognerebbe parlare per prendere atto delle inquietudini e delle speranze di un qualsiasi fan di fumetti, in procinto di avvicinarsi alla trasposizione del suo personaggio preferito.
Constantine e The Flash sono le due facce della stessa medaglia, due grandi serie ispirate a titoli ancor più celebri, difficilmente adattabili (soprattutto il primo) e vicini a possibili fraintendimenti.
Constantine è la trasposizione di uno dei più famosi fumetti della DC, o meglio della Vertigo (etichetta appartenente alla DC, con la prerogativa di occuparsi di fumetti per adulti): Hellblazer. Una storia grottesca e profondamente orrorifica, al cui centro ruotano le vicende del mago ed imbroglione John Constantine. Apparentemente simile a Sting (a cui gli autori si sono per altro ispirati), John è un inglese nonché un accanito fumatore, con sempre indosso il suo lurido trench giallognolo. Il suo compito? Occuparsi di tutto ciò che riguarda il soprannaturale, inclusi demoni, spiriti ed esseri arcani che infestano la Terra. È un personaggio di ambigua moralità, spesso dilaniato dal senso di colpa per la morte dei tanti amici caduti nella battaglia contro le forze oscure a causa sua. E ancora più spesso è tormentato dal suo passato: dal suo rapporto con la morte della madre, dai problemi di alcolismo del padre, ma soprattutto dal suo legame con un terribile incidente avvenuto nella località di Newcastle quando era poco più che un giovincello ed un componente di una punk-band londinese. Il fumetto è un viaggio dark, duro e bellissimo durato ben 300 numeri, e firmato da grandi autori come Jamie Delano, Paul Jenkins, Garth Ennis, Alan Moore e Warren Ellis; è diventato di fatto, nel corso del tempo, un banco di prova per tanti scrittori e artisti esordienti, desiderosi di affinare il loro stile e farsi conoscere dalla critica.
Inutile dire che questo è uno di quei casi in cui “il nerd dell’appartamento accanto” o il super fan sfegatato di fumetti ripone molte (moltissime) speranze. E a ragione, aggiungerei io.
Peccato che queste speranze non sempre trovino risposta positiva e che, come in questo caso, siano andate direttamente a collidere sia con la precedente trasposizione cinematografica di Francis Lawrence, sia con l’adattamento prodotto dalla NBC. Il pilot uscito in rete è un perfetto esempio di arrangiamento che snatura il materiale d’origine. Constantine è snaturato: basti pensare che si trova in America, non fa alcuna battuta acida o di cattivo gusto, e non fa satira politica. Le atmosfere sono snaturate, l’azione pure; il fottuto fumetto a cui si ispira è snaturato! Si vira verso toni bambineschi e melensi, tradendo completamente lo spirito anticonvenzionale dell’opera originale. La NBC sembra scegliere un’impostazione alla “mostro della settimana”, tradendo così le aspettative e un lavoro durato più di dieci anni.
Non ci è dato sapere, almeno per il momento, se l’operazione optata dalla rete si dimostrerà un successo o un flop: sta di fatto che il lato fan/lettori ha accolto piuttosto freddamente la première, disdegnandone quasi ogni aspetto. Purtroppo, simili delusioni sono da mettere in conto quando ci si avvicina ad una moltitudine tale di trasposizioni; bisogna avere solamente il coraggio di risollevarsi, andare avanti e, magari, farsi accompagnare da Serra verso la propria isola incantata. L’alternativa è urlare ancora una volta contro le logiche del business, ben sapendo che negli Stati Uniti “Constantine” non lo sanno scrivere e neanche pronunciare.
Non è il caso di The Flash, invece (come si diceva, parliamo di due facce della stessa medaglia). Nato come spin-off di Arrow, le aspettative (per molti fan) erano piuttosto basse. Abbastanza comprensibile, in fondo si parla pur sempre di pilot CW, una rete amata/odiata (anche qui su Itasa) da tanti telespettatori. Destino ha voluto però che, per una volta, l’attesa venisse ampiamente ricompensata e che la sorpresa fosse ancor più grande! Ma come è successo?
Semplice, non penso si tratti di amore reciproco per il fumetto, quanto più di esigenze di mercato e target che stranamente incontrano le aspettative dei fan. Ed è un caso più unico che raro.
Il personaggio di Flash (in Italia ben più conosciuto di Constantine, purtroppo) è, a dispetto di quanto si possa pensare, difficile da adattare: ha archi narrativi molto complessi (esistono più Flash, Barry Allen è solo una delle tante identità viste nel fumetto e ci sono tantissimi viaggi temporali e dimensionali), spesso collegati alle altre serie DC; ha personaggi cattivi molto particolari, “da parodia” se resi male; ma soprattutto ha un protagonista, in questo caso Barry, con una caratterizzazione idealmente a metà fra quella dell’Uomo Ragno di Andrew Garfield e quella di Lanterna Verde. Insomma, ha tutte le carte in regola per risultare un “clamoroso colpo in acqua”. Ma le cose non sembrano essere andate così, e la CW ha saputo dimostrarsi molto attenta e intelligente, riuscendo addirittura ad ottenere la collaborazione di Geoff Johns (l’unico uomo su tutto il pianeta, insieme al collega Mark Waid, ad aver colto il potenziale di un personaggio simile). Il pilot è riuscitissimo e attinge alle migliori cose scritte dal duo qui sopra, il “sense-of-wonder”, come detto da alcuni è palpabile, e colonna sonora ed effetti visivi non fanno altro che rincarare la dose (ma datecene pure ancora!). È davvero uno di quei casi in cui non si bada a spese (come diceva un personaggio giurassico di una saga giurassica).
La summa del discorso? La logica delle trasposizioni è questa. Questa è la Golden Age del cinecomic, il grafico è in salita e gli interessi economici lo seguono a vista d’occhio, avremo sempre più adattamenti dal mondo del fumetto, sia nel cinema che nella televisione, e caso vuole che noi, povero popolino di fan, dovremo adattarci e sperare. Ma, come dice Serra, anche nel caso in cui le cose non vadano secondo i nostri gusti, un piccolo angolino in cui tornare lo abbiamo sempre, liberi da qualsiasi influenza di moda o di trend. Un piccolo angolino che le parole e l’arte hanno saputo rendere confortevole, proprio come l’isola che non c’è.
Aldrighi Marco
lost2010
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