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Aaron Sorkin su se stesso

Le reazioni della critica televisiva a The Newsroom sono state ambigue: molte lodi ma anche critiche, per mancanza di fantasia ed eccessivo buonismo.

Sicuramente Sorkin ha uno stile molto riconoscibile, nella scrittura, nella direzione, nei soggetti stessi che racconta, ed è il più letterario, forse, fra i produttori e gli sceneggiatori in circolazione. In una recente intervista a NPR, Sorkin ha avuto modo di parlare d Newsroom, del suo lavoro, e della sua vita personale. A proposito di letteratura, ha dichiarato di ispirarsi “a numerosi autori, sopratutto nella scrittura dei dialoghi: Mamet, Pinter, Tennessee Williams. Mi piace scrivere dialoghi che siano divertenti da recitare, anche se poi, nella VitaVera, non parlo mai così. Credo che parte delle critiche che mi muovono dipendano dal fatto che chi le muove mi identifica coi miei personaggi. Ma io non sono così: creo artificialmente il suono di persone intelligenti e competenti che parlano, però io non sono uno di loro”.

The Newsroom

Di nuovo a pagina 6

Ma oltre agli scambi rapidissimi di battute (che fanno smadonnare i nostri traduttori), Sorkin si distingue soprattutto nella costruzione dei personaggi: “mi piace scrivere in modo idealistico e romantico, e credo che se riesci a farlo in un ambiente tradizionalmente considerato cinico come quello del giornalismo, può venirne fuori qualcosa di bello”. E in effetti molti dei suoi personaggi sono dei piccoli eroi (la “missione civilizzatrice” di Will McAvoy), che tentano di cambiare il mondo armati di passione, fede e buon esempio. Ancora Sorkin: “Mi piace scrivere di eroi che non indossano maschere o mantelli, ma che sfidano ogni giorno la vita normale. E mi dico: se questo è quello che fanno, ed è la realtà, perché non raccontarla?”

In effetti, Sorkin ha passato due giorni in compagnia dell’amico Keith Olbermann, noto anchorman americano di fede liberal, proprio durante il disastro della Deepwater Horizon, mentre Olbermann e il suo team preparavano l’edizione serale del notiziario. L’esperienza gli ha aperto gli occhi sulla vita delle redazioni, e da lì l’idea per lo show. Il personaggio di Will McAvoy è ispirato soprattutto a Olbermann, specie per quanto concerne il pessimo carattere, l’integrità nell’approccio alla notizia e la capacità di inimicarsi i vertici aziendali.

Sorkin ha anche parlato del suo passato, e in particolare della dipendenza da stupefacienti (cocaina, non c’erano dubbi) e di come abbia influenzato la sua scrittura: “Facevo uso di cocaina, la sniffavo. E scrivevo dal tramonto all’alba, mi dava sicurezza, tutto quello che scrivevo sembrava geniale, anche se era eccessivamente prolisso, non ci badavo, perché ti senti un vero artista, quando ti droghi e scrivi. Poi cominciai a fumarla, e smisi di scrivere. A quel punto decisi di disintossicarmi, ma la mia più grande paura era non riuscire più a scrivere. Mi chiamò un’altro sceneggiatore e mi disse: “So di cosa hai paura. Non averne”. E aveva ragione: ci vuole un po’ di tempo ad abituarsi a scrivere da sobri, ma ci vuole un po’ di tempo anche per abituarsi a vivere da sobri, dopo 10 anni di cocaina.”

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