News

Ai poster l’ardua sentenza

Spesso ci soffermiamo sui dati d'ascolto delle serie tv per capire se lo show ha successo, fa tendenza, verrà rinnovato, merita di essere seguito. E per i film? Come capire se l'ultima pellicola di un nostro attore/regista preferito ha avuto successo o ha fallito miseramente? Se è il caso di spendere gli euri per il cinema o meno?

Lo studio tratta con i produttori la definizione di un budget per lo sviluppo del film e, salvo contrattempi, quella è la cifra che viene spesa per realizzare materialmente la pellicola: compensi di attori, registi, crew, macchinari, location, effetti speciali, ecc… alcuni soggetti, come i registi e gli attori più affermati, vengono pagati in percentuale sui risultati del film, anche se accade di rado. Oltre a questi costi, lo studio deve sborsare anche una cifra considerevole in promozione. Stiamo parlando di milioni di dollari di pubblicità: le commedie romantiche e i film d'animazione sono i più "costosi" da vendere, perchè il pubblico parte molto poco informato e soprattutto ha uno scarso incentivo ad andare al cinema a vederli (in genere, il figlio o la fidanzata che scassano le balle).
Altre volte, i costi di produzione di un film sono lievitati sensibilmente e, per proteggere l'investimento ed evitare un flop, si investe pesantemente anche nel marketing; altre volte, invece, il prodotto è così scadente che lo si spinge pochissimo (succede anche per la tv) in modo da "limitare i danni" e non gettare benzina sul fuoco del fallimento.

Dopodichè c'è da pagare i distributori: negli USA sono gli studios stessi (le grandi major come Fox, Universal, etc…) a gestire la propria distribuzione e quindi non si presentano problemi a riguardo; ma i film indipendenti e i film stranieri devono appoggiarsi ai distributori, che spesso partecipano dei costi di marketing (a volte li sostengono interamente) ma che pretendono, ovviamente, una quota. In Italia lo scenario è proprio questo: esistono le case di produzione (a.e. RaiCinema); i distributori, che a volte coincidono coi produttori, e a volte no (a.e. DeLaurentiis, che però è anche produttore, oppure Medusa) e che distribuiscono anche i film stranieri; e infine i cinema, che possono essere interamente di proprietà di un distributore, anche se ormai raramente è così. Insomma, un bel casino.

Negli USA, le case di produzione ottengono una fetta molto larga degli introiti dai primi weekend di trasmissione (il primo e il secondo), mentre in quelli successivi la loro quota si riduce in favore dei cinema, secondo percentuali che variano di caso in caso; analizzando i bilanci di alcune major di Hollywood, si vede che la quota che spetta ai distributori varia tra il 50 e il 55%. In Italia, il film viene "preso in affitto" dal distributore/produttore dal cinema per un tot di tempo e, fintanto che le sale sono piene, al gestore conviene pagare l'affitto; non appena l'introito per sala non giustifica più l'affitto della pizza, il film viene rimosso e avanti un altro.

Così, se vogliamo capire se un film è stato o meno un buon investimento per il produttore negli USA, dobbiamo vedere quanto è costata la produzione, stimare il costo del marketing (che in alcuni casi può essere più alto dei costi di produzione stessi, specie se questi sono relativamente contenuti) e poi togliere una fetta per i cinema, fetta che aumenta man mano che il film resta nelle sale, o che le riempie.

Ci sono poi altri introiti: a.e. gli incassi dall'estero, che però sono molto contenuti: quello è terreno di caccia dei "distributori puri", cioè quelli che muovono film, li promuovono in giro per il mondo, (ne curano la traduzione), spesso li marchettano e quindi si tengono il grosso dei soldi; agli studios, cui spetta solo la quota per i diritti di distribuzione, spetta in genere il 10-15% dei ricavi dell'estero.

Introiti ulteriori derivano dalla vendita di merchandising: anche qui, si parla di diritti per lo sfruttamento d'immagine; possono essere molto elevati ed estremamente variegati (pensate a franchise come Lord Of The Rings o Twilight) ma comportano comunque dei costi, soprattutto di protezione del marchio e controllo dei partner, non indifferenti.
Restano le vendite di DVD, Blu-Ray et similia: anche in questo caso la voce di costo più importante non è la produzione (fatta in Outsourcing in Estremo Oriente), ma la distribuzione e la promozione sul punto vendita: la concorrenza è agguerrita per gli spazi, solitamente limitati, presso le principali catene e rivenditori, i quali a loro volta tengono un piccolo margine per sè; anche in questo caso quindi gli introiti sono contenuti.

The following two tabs change content below.
Torna su