Come gli anni scorsi, per inaugurare il nuovo anno, i blogger di Italiansubs hanno scelto di riepilogare il meglio di quello appena concluso. Per questi primi giorni di gennaio pubblicheremo delle Top 10, con argomenti diversi, su quello che più abbiamo apprezzato nel mondo della televisione nel 2017.
Come per i miei Best of del 2014, 2015, e 2016, per aprire le danze ho optato per una generica Top 10 su quelle che ritengo essere le migliori serie andate in onda.
Anche quest’anno è stato difficilissimo sceglierne solamente 10 da inserire nella classifica, tra i titoli rimasti fuori ci sono Mindhunter, It’s Always Sunny, Big Little Lies, The End of the F***ing World, le stagioni finali di Review (US), Man Seeking Woman e Broadchurch, e soprattutto Taboo e Alias Grace, che si sono contese il decimo posto fino all’ultimo secondo.
Purtroppo questa volta sono molte anche le serie che avrei voluto vedere ma che a causa del poco tempo a disposizione ho dovuto rimandare. Non sono riuscito a vedere, e quindi a giudicare, il revival di Twin Peaks, la seconda stagione di The Crown, la terza di Fargo, o nuove serie come The Deuce e The Punisher. Quindi se vi chiederete dove sono queste serie, sappiate che non sono rientrate nel giudizio della mia classifica.
Ne approfitto per augurare a tutti i lettori un felice anno nuovo! Ecco la classifica:
10 – RICK AND MORTY
Ormai è chiaro che le serie animate siano tornate alla ribalta. Tra i promotori della resurrezione di questo genere, c’è senza dubbio Rick and Morty, serie fantascientifica creata da Justin Roiland e Dan Harmon per Adult Swim, ormai arrivata alla sua terza stagione. Dopo un’attesa di due anni, siamo tornati dal geniale scienziato pazzo e dal suo sempre meno idiota nipote, e li abbiamo trovati più in forma che mai. Ogni puntata della terza stagione si è distinta con delle premesse e delle conseguenti realizzazioni pregiate e originali. Tra tutti, emergono in particolare il ricordo della salsa Szechuan di McDonald’s e l’esilarante Pickle Rick, diventati due dei momenti televisivi più caratteristici del 2017; e soprattutto il magnifico episodio The Ricklantis Mixup, in cui gli autori mettono momentaneamente da parte i due protagonisti per concentrarsi sulla cittadella, ovvero il luogo di ritrovo in cui molte versioni alternative di Rick e di Morty vivono insieme, avendo creato una società tutta loro. Questa puntata è uno di quei peculiari momenti in cui Rick and Morty smette di essere solamente una comedy e dà adito alla profondità della sua trama. In soli 20 minuti, gli sceneggiatori riescono a usare il mondo dei Rick e dei Morty per analizzare tutto ciò che c’è di sbagliato nella nostra società, e il risultato è una puntata sublime, con un finale da urlo. C’è una ragione se Rick and Morty è una delle serie di nicchia più apprezzate degli ultimi anni, e si merita senza dubbio di rientrare tra le migliori 10 dell’anno.
9 – AMERICAN GODS
American Gods era una delle serie più aspettate e più promettenti dell’anno scorso, soprattutto grazie all’accoppiata Neil Gaiman, autore del romanzo originale, e Bryan Fuller, co-creatore della trasposizione televisiva. Fortunatamente la prima stagione non ha deluso le alte aspettative. La storia narra le vicende di Shadow, comune mortale rimasto coinvolto nello scontro tra vecchi dei della mitologia classica e gli nuovi dei come globalizzazione, tecnologia e mass media, diventati pericolosi perché troppo venerati dagli uomini. La messa in atto di questa storia è meravigliosamente epica. Tutta la magia di American Gods sta nel carisma dei suoi personaggi secondari (tra cui spiccano il Mr. Wednesday di Ian McShane, il Mad Sweeney di Pablo Schreiber e Media, interpretata da una Gillian Anderson in forma smagliante) e soprattutto nella sua potenza visiva. American Gods, in ogni scena di ogni episodio, è un piacere per gli occhi. Sia nelle scene più ultraterrene, in cui gli autori si sono dati alla pazza gioia per rappresentare le cose più assurde concepibili dalla mente umana; sia in quelle più mondane, in cui si nota un magistrale uso delle luci e dello slow-motion. Anche se, con l’addio di Fuller, il futuro della serie è messo in dubbio, la prima stagione è stata imponente, ed è naturale che venga considerata in questa classifica.
8 – PEAKY BLINDERS
Ormai punto fisso delle mie Top 10, Peaky Blinders si ripresenta tra le migliori serie dell’anno anche con la sua quarta stagione. La serie britannica di Steven Knight continua imperterrita a dimostrare la sua superiorità tecnica e la sua maestria nel gestire un ritmo che passa con estrema facilità da lento ad adrenalinico. A questo si aggiunge anche la capacità di regalare dei colpi di scena quasi sempre riusciti e inaspettati, e la particolare attitudine di diventare sempre più ambiziosa ogni anno che passa. La serie BBC con protagonista la famiglia gangster dei Peaky Blinders avrebbe tranquillamente guadagnato una posizione anche più prestigiosa in questa classifica se non fosse per una scelta narrativa più povera sul finale di stagione. Questo però non ammacca troppo il risultato finale: quello in cui l’opera con protagonista un sempre magnifico Cillian Murphy emerge come una delle migliori serie in circolazione anche alla sua quarta stagione.
7 – HALT AND CATCH FIRE
Al settimo posto di questa Top 10 troviamo Halt and Catch Fire, la serie AMC arrivata alla sua stagione conclusiva. Una delle serie TV più sottovalutate degli ultimi anni, fortunatamente non vittima dei bassi ascolti grazie alla magnanimità del network, che l’ha rinnovata sulla fiducia fino a concedergli un meritato finale. La rivoluzione informatica è ormai arrivata nel pieno degli anni ’90, e i nostri personaggi tentano ancora di essere tra i protagonisti di questa storica esplosione. Il canto del cigno di Halt and Catch Fire è esattamente come ce lo si potrebbe aspettare: una valanga di emozioni. Arrivata ormai alla quarta stagione, l’affetto provato per i protagonisti è altissimo, e in quelli che sono gli episodi più sentimentali della serie è inutile cercare di non rimanere coinvolti. Tra risate e soprattutto lacrime, la protagonista della conclusione di HCF è la nostalgia. Nostalgia di quello che è stato, nostalgia di quello che sarebbe potuto essere. Esempio lampante è una scena di una bellezza struggente nell’episodio finale, ai fan basterà la citazione « You remember our first week at Phoenix? » per capire. Halt and Catch Fire ci ha lasciato con una stagione che è il sunto della serie stessa: tra splendidi dialoghi e monologhi, una regia sopraffina, colpi di scena riuscitissimi e tante, tante emozioni.
6 – THE HANDMAID’S TALE
A concludere la prima metà della classifica troviamo una delle novità più inaspettate dell’anno. La serie Hulu basata sul romanzo di Margaret Atwood parla di un futuro in cui gli Stati Uniti, dopo una guerra civile, vengono riportati agli usi e costumi della società ottocentesca, in cui la parte fertile della popolazione femminile viene percepita come utile solo alla riproduzione e quindi brutalmente sfruttata. The Handmaid’s Tale si è contraddistinta per la sua capacità di rappresentare la disumanità intrinseca negli esseri umani, e l’ha fatto con la crudeltà e la schiettezza necessarie. Anche se forse uno o due episodi in meno avrebbero giovato alla fluidità della visione, la narrazione della serie è volutamente lenta, in modo tale da permettere di immedesimarsi meglio in un racconto che altrimenti sarebbe troppo asettico. Esemplare è stato l’impegno delle attrici Elisabeth Moss, Yvonne Strahovski e Ann Dowd, che hanno saputo interpretare splendidamente i tre diversi ruoli delle donne in questa agghiacciante nuova società. Ma il lavoro che va lodato maggiormente è quello di Colin Watkinson con la sua fotografia, che sfrutta la luce per ricreare l’intimità o il distacco della storia narrata, rendendo inoltre The Handmaid’s Tale una delle serie TV visivamente più belle dell’anno.
5 – THE LEFTOVERS
La seconda stagione di The Leftovers era una delle opere più belle mai realizzate. Quest’anno la serie HBO sui sopravvissuti alla misteriosa sparizione del 2% della popolazione è arrivata alla sua conclusione con la terza. Anche se non raggiunge l’inarrivabile livello della precedente, l’opera di Damon Lindelof e Tom Perrotta riesce a regalarci un’eccellente stagione conclusiva, con una storia inaspettata e a tratti destabilizzante per la sua impostazione quasi anti-climatica. Se possibile, quest’ultima stagione è stata anche più intima delle prime due: si sente da subito che la storia dei protagonisti, interpretati sempre magnificamente da Justin Theroux e Carrie Coon, è arrivata al capolinea, e questo ci ha fatto avvicinare ancora di più a loro, sapendo che presto li avremmo persi. Impossibile non citare poi la colonna sonora di questa magnifica serie. Tanto quanto è impossibile per qualsiasi spettatore non scoppiare in lacrime appena partono le note di “Departure (Reflection)” o “Dona Nobis Pacem 2” del maestro Max Richter, musiche che hanno segnato e contribuito alla realizzazione delle scene più profonde ed emozionanti di The Leftovers, e che ormai fanno parte di ognuno di noi, proprio come questa serie fa parte della storia della televisione.
4 – BLACK MIRROR
Chi mi conosce sa che Black Mirror è da molti anni la mia serie preferita. E l’ho sempre ritenuta come la migliore opera televisiva mai realizzata sin da quando è iniziata, nel 2011. Quindi magari fa molto strano vederla “solo” in quarta posizione quest’anno. La verità è che la serie di Charlie Brooker da quando si è spostata da Channel 4 a Netflix è ancora grandiosa, ma ha perso la sua assoluta perfezione. Questo è probabilmente dato dal numero di episodi realizzati ogni anno: con 6 puntate a stagione invece che 3 è forse normale che non tutte mantengano gli standard della serie e abbassino quindi il livello generale, e che gli autori abbiano meno spazio per concentrarsi sugli episodi migliori, che sono molto riusciti ma che non raggiungono i fasti delle prime stagioni o dell’episodio speciale White Christmas, che nel 2014 ha raggiunto la vetta della mia Top 10 anche da solo. Le debolezze della quarta stagione si notano con le puntate USS Callister e Metalhead: due storie che sanno ben poco da Black Mirror, con la prima che pecca di originalità e schiettezza, e la seconda che manca di profondità e senso di esistere. Se non stessimo parlando di Black Mirror sarebbero due ottimi episodi, ma per gli standard a cui ci ha abituato la serie sono da considerare deludenti. Fortunatamente le altre quattro storie sono superiori, con Arkangel e Crocodile Brooker ha ripreso il suo classico stile, usando la tecnologia come mezzo e pretesto per raccontare i comportamenti sbagliati e a volte anche l’efferatezza degli esseri umani. Hang the DJ e Black Museum sono le due migliori puntate della stagione e sono le rappresentanti della nuova vena più positiva che ha intrapreso la serie negli ultimi anni, sempre usando la tecnologia per descrivere la nostra realtà, ma avendo una morale per i personaggi della storia più che per gli spettatori. Nonostante questo approccio, questi due episodi sono comunque stati in grado di emozionare e colpire. Per questo la quarta stagione di Black Mirror in un’analisi generale è comunque riuscita e mantiene un livello qualitativo superiore alla maggior parte delle altre serie in onda, dispiace solo che da quando è gestita da Netflix abbia perso la sua impeccabilità.
3 – BOJACK HORSEMAN
Con la quarta stagione, BoJack Horseman si conferma il miglior prodotto originale di Netflix. Nel 2017 la serie animata sull’attore cavallo antropomorfo ha deciso di spostare la sua storia dall’individualismo del protagonista a una visione famigliare più ampia. L’autore Raphael Bob-Waksberg sfrutta il ritrovamento di una possibile figlia di BoJack per analizzare l’infanzia del protagonista e in particolare il suo rapporto con la madre Beatrice. Questo ci ha permesso di vivere un punto di visto diverso dal solito, in cui ci viene nuovamente mostrato il tormento che la società è capace di portare alla vita umana, grazie alla storia di Beatrice. Quest’anno la serie è stata anche molto più sperimentale, approfittando dei molti flashback e dei disturbi psicologici dei personaggi per dar vita a una narrazione fortemente onirica. E questo ha permesso agli animatori di sbizzarrirsi, disegnando numerose scene visivamente straordinarie e d’impatto. Anche se forse non raggiunge certe vette emotive della terza stagione, questa quarta serie di episodi è formata da diverse puntate e diverse scene che ci hanno coinvolto e angosciato in maniera viscerale, come solo BoJack Horseman sa fare.
2 – LEGION
Al secondo posto troviamo la serie più attesa nel 2016. L’opera creata da Noah Hawley per FX e basata sul personaggio fumettistico David Haller è rivoluzionaria. Se Drew Goddard nel 2015 con il suo Daredevil aveva dimostrato come anche una trasposizione televisiva di un fumetto poteva avere toni cupi e realistici mantenendo una qualità degna di essere definita tale, Hawley con Legion ha stravolto anche questi canoni, dando vita a una serie televisiva completamente folle, più autoriale, dal genere difficilmente identificabile e da una qualità generale ancora più elevata. Lo showrunner ha sfruttato la schizofrenia del protagonista e l’ha trasportata in ogni aspetto della serie: da una storia del tutto imprevedibile, che si muove in continuazione tra realtà, fantasia, pensieri e piani astrali, tanto che a un certo punto diventa anche complessa da seguire; a un’estetica completamente alienante e sperimentale, che emerge in moltissime scene assolutamente stupefacenti, che siano delle sequenze in cui audio e parlato spariscono senza preavviso o altre trasformate in film muti e in bianco e nero, con intertitoli al posto dei dialoghi. Tra le lodi a questa serie è obbligatoria anche una alla monumentale prova recitativa di Aubrey Plaza, che interpreta un villain in perfetta linea con la pazzia della storia. La prima stagione di Legion pecca solamente di un finale un po’ troppo affrettato, che altrimenti l’avrebbe resa perfetta. In un panorama televisivo sempre più ampio e di conseguenza con sempre più punti in comune, riescono a distinguersi solo le opere più originali, che non hanno paura di rischiare e sperimentare, per questo il Legion di Noah Hawley emerge e si eleva rispetto alla concorrenza, diventando una delle migliori serie TV del 2017.
1 – MR. ROBOT
Non mi sarei mai aspettato di inserire la terza stagione di Mr. Robot nel posto più prestigioso della mia classifica. Le due precedenti stagioni della serie sull’hacker sociofobico Elliot creata da Sam Esmail hanno dimostrato da subito l’originalità e la potenza di quest’opera, ma purtroppo hanno sempre deluso sul finale, con degli episodi conclusivi che per una ragione o per l’altra non soddisfavano le aspettative create e quindi lasciavano con l’amaro in bocca dopo la visione. Invece la terza stagione è riuscita a mantenere il livello alle stelle dall’inizio alla fine. Mr. Robot è una serie che rompe le regole, da un punto di vista narrativo ma soprattutto da uno visivo. Narrativo perché racconta una critica estrema alla società in una maniera che difficilmente si vede nella televisione moderna e perché lo fa tramite il tema informatico trattato con un’accuratezza unica. Visivo perché la regia e la fotografia di Mr. Robot sono note per contraddire spesso i canoni estetici usati da sempre nel cinema, e farlo in un modo che sembra strano ma non scorretto, in linea con il tema stesso della serie che cerca di farci capire che forse è la società ad aver sempre sbagliato. La terza stagione è tutto questo, e il risultato è impeccabile. La parabola di Elliot quest’anno è stata più personale del solito, e questo ha creato più empatia. I celebri monologhi del protagonista rivolti allo spettatore in questa stagione sono potenti e memorabili come sempre, ma ora riescono a colpirci ancora più nel profondo. La disfunzione della società messa in mostra da Mr. Robot la sentiamo sulla pelle, e sentiamo nostro il bisogno di Elliot di risolverne i problemi e di ristabilire equilibrio. Ogni episodio è realizzato con una maestria fuori dal comune, ma il punto più alto di questa stagione televisiva viene raggiunto con la quinta puntata, intitolata runtime-error.r00: Sam Esmail, sia alla regia che alla sceneggiatura, ha dato vita a un capolavoro senza precedenti, un’opera che prende spunto da Rope di Hitchcock e da Birdman di Iñárritu, mettendo in scena una ribellione e una “rapina” in contemporanea nello stesso enorme edificio, il tutto in un apparente piano sequenza con pochissimi tagli nascosti, che danno l’idea di un’unica singola inquadratura dall’inizio alla fine. 45 minuti da cardiopalma, in cui non si riescono a staccare gli occhi dallo schermo e una volta arrivati ai titoli di coda sembra che di minuti ne siano passati solo 10, e ci si rende conto di essersi dimenticati di respirare. Ma questo episodio non è il solo punto alto della stagione: memorabile è anche la puntata successiva, kill-process.inc, in cui il deleterio rapporto tra Elliot e Mr. Robot raggiunge delle vette di brutalità mai viste prima; oppure l’ottavo episodio dont-delete-me.ko, che crea una bellissima contraddizione con l’intensità e il caos delle puntate precedenti prendendosi 45 minuti per tornare a respirare con un racconto incredibilmente intimo e poetico.
Mentre molte serie TV rimangono ancorate al presente, utilizzando degli stili e dei temi ormai già abusati da diversi anni, opere come Legion e Mr. Robot dimostrano di saper andare oltre, elevandosi rispetto al resto del panorama televisivo e non rimanendo attaccati ai canoni narrativi ma scegliendo di distruggerli e crearne di nuovi, sedendosi sulla vetta in attesa che il resto del mondo si adegui.
Luigi Dalena
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