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House of Cards – Incontro con Michael Dobbs

È un mite pomeriggio autunnale romano, se non fosse per la pioggia altalenante che giunge improvvisa come secchiate d’acqua.

Michael Dobbs_Fandango Incontri_House of CardsIn Via dei Prefetti, a due passi da Montecitorio, presso la Fandango Incontri, si tiene l’incontro con Michael Dobbs, lo scrittore della trilogia da cui è nata la celeberrima serie House of Cards. Quanto mai luogo fu più opportuno, a due passi dal cuore del potere politico italiano, visto che su potere e politica sono incentrati tanto il romanzo quanto la serie.

Seduti sotto uno splendido tetto-vetrata della libreria Fandango, blogger e giornalisti attendiamo Dobbs seduti a tavolini di legno o a lunghi tavoli sociali, attorniati da libri e piante sempre verdi. Siamo tanti.

Salve a tutti, grazie per essere venuti, grazie tante!

Dobbs ci “prende alle spalle”, entra dalla porta principale davanti al piccolo palco allestito per l’incontro.

È un pasciuto uomo di 66 anni, very very british. Umorismo made in England e molto pungente, un sorriso che la dice lunga su quante ne ha viste. Dobbs, infatti, è stato consigliere di una certa Signora Thatcher ed in seguito capo di Gabinetto del Partito Conservatore, dal 1979 al 1981. Tutt’oggi è politicamente attivo nel Partito Conservatore britannico. È certo, quindi, che il suo romanzo, scritto nel 1989, e le serie che ne sono nate successivamente prendono spunto dalla realtà più cruda e concreta.

Giancarlo De Cataldo, moderatore dell’incontro, passa subito alle domande e chiede come sia nato il libro e da lì le due serie. Perché, in realtà, House of Cards USA, trasmessa da Netflix, è un adattamento di una prima serie omonima inglese tratta proprio dai romanzi di Dobbs e andata in onda nel 1990.

Dobbs ci svela subito una sorprendente chicca: il romanzo (ed il suo protagonista) è nato da due liti. La prima fu quella furiosa proprio con Margareth Thatcher, che lo spinse ad uscire dal suo ufficio avvilito ed esasperato, tanto da prenotare una vacanza “ricostituente” al mare, vicino Malta, insieme alla moglie. In vacanza, Dobbs lesse un best seller politico dei tempi che trovò veramente orrendo. Sbottando con la moglie e polemizzando su siffatto lavoraccio, la moglie lo rimbrottò dicendogli “Perché non lo scrivi tu un libro, allora, invece di lamentarti?!”. Ed eccoci alla seconda lite. Fu così che Dobbs si mise davanti una penna, un foglio e una bottiglia di vino. Ma alla fine della bottiglia sul foglio c’erano solo due lettere: F. U. Qui Dobbs interrompe brevemente il suo racconto, alza un sopracciglio e dice: “E voi lo sapete cosa vogliono dire in inglese quelle due lettere, no?”. [L’abbreviazione  FU sta per Fuck You. NdA]. La sala scoppia a ridere.

House of Cards_Michael Dobbs

Ma tanto bastò per dare il via alla storia del più cattivo della politica. Sì, perché quelle due lettere sono divenute proprio le iniziali di Francis Urquhart, poi divenuto nella trasposizione statunitense Frank Underwood. Ecco perché le sue iniziali non sono state cambiate. Perché quel cattivo ha preso forma da un momento di rabbia di Dobbs, una rabbia frutto di vicissitudini politiche, meccanismi di potere e contrattazioni giornaliere. Il pane quotidiano di Underwood, insomma. “Quando hai occasione di staccare un braccio al tuo avversario, staccagliene due”, dice Dobbs, citando il motto di Underwood. L’autore aggiunge che deve ringraziare la sua ex moglie per l’input che gli diede.

Poco dopo, nel 1990, continua Dobbs, lo contattò la BBC per la proposta della realizzazione di una serie TV tratta proprio dal suo romanzo. Non poteva crederci. Non lo aveva previsto, come, ad essere sincero, non aveva previsto nemmeno l’idea di terminare realmente il romanzo e che questo sarebbe divenuto un best seller. Ovviamente accettò felicemente.

Dopo la messa in onda della serie UK, Dobbs cominciò a ricevere svariate telefonate di congratulazioni. Lui non faceva che ripetere che quella era una creazione della BBC, che il merito non era suo. Ma non ci fu niente da fare. Dopo la messa in onda dell’ultimo episodio, a mezzanotte, ricevette pure una telefonata da una sua vecchia zia che esordì così: “Come hai potuto permettere a quel bastardo di farla franca?!”, dopo di che gli chiuse il telefono in faccia! La sala scoppia in una fragorosa risata. È così che Dobbs promise di dar seguito al suo romanzo e di dare ad Urquhart quel che si meritava.

Molto tempo dopo, nel 2013, lo chiamò una persona che gli passò al telefono Kevin Spacey e dopo di lui il regista David Fincher. Gli chiesero se gli sarebbe piaciuta l’idea di una trasposizione statunitense del suo romanzo. “E me lo chiedete pure?!”, fu la risposta di Dobbs.

House of Cards_UK vs USAGiancarlo De Cataldo gli chiede, allora, quale differenze veda tra le due serie. Dobbs risponde che le differenze sono sostanziali. La serie inglese, infatti, è fondata sull’umorismo e ride di se stessa, si prende anche in giro. La serie americana, invece, è molto più cattiva e si basa su un netto contrasto tra bianco e nero, tra bene e male. Un’altra grande differenza, aggiunge, è la nascita degli smartphone che, ovviamente, non erano presenti nella serie UK e che hanno fatto decisamente la differenza, divenendo un espediente narrativo forte e determinante nella serie americana. Dobbs tiene a puntualizzare, poi, come non abbia voluto cedere i credits alla BBC per un terzo sequel, poiché gli intenti narrativi si discostavano troppo da ciò che il suo romanzo descriveva.

Fu piacevolmente stupito, invece, da Hollywood, da cui confessa che non si aspettava di ricevere un’attenzione così meticolosa per la fedeltà della serie al suo romanzo. Solitamente, dice, quando si cedono i diritti di un romanzo, quello assume vita propria, è come vendere casa e traslocare. Quella casa verrà abitata da qualcun altro, personalizzata, trasformata. Invece, i creatori di House of Cards USA hanno voluto che Dobbs presenziasse alle riprese, che partecipasse alla discussione di ogni minimo dettaglio. Questo non ha comunque impedito che Frank Underwood prendesse vita propria, ma è proprio così che deve andare. Ed è proprio per questo che, ammette, il personaggio avrà vita per un po’ di anni ancora. Alla domanda sul futuro del protagonista, infatti, Dobbs afferma che F. U. ha ancora molta forza vitale e ciò si deve all’intensa interpretazione di Kevin Spacey, peraltro co-produttore della serie.

Dobbs ci conferma che le riprese della terza stagione di House of Cards si sono concluse la settimana scorsa.

De Cataldo chiede a Dobbs se e quanto qualche politico si fosse risentito del suo ritratto spietato del mondo politico. L’autore ha risposto che si sono offesi solo quelli che sono rimasti delusi dal non essere stati loro la fonte di ispirazione per F. U. Per il resto, Dobbs ha avuto plausi da ogni dove riscuotendo grandi successi. Ciò porta a interrogare l’autore circa la verosimiglianza della narrazione rispetto alla realtà della politica. “Vi svelo un segreto. – risponde Dobbs – Per scrivere o narrare di politica, si prende la realtà vera e propria e la si annacqua solo per renderla credibile. Altrimenti nessuno ci crederebbe”. Il suo humor inglese sta tutto qui, in queste battute a trentadue denti che alludono a meccaniche ben più oscure. Un detto-non detto che lascia intendere molto di più. Dobbs aggiunge che per personale esperienza sa che quando si arriva a certi livelli, spietatezza ed ostinazione sono inevitabili, e così deve essere, è inutile girarci intorno.

Sul perché Frank Underwood abbia sempre un nemico, Dobbs risponde che la politica è conflitto e che dunque la caratterizzazione di un nemico onnipresente è il miglior strumento per rappresentare tale conflitto congenito.

Un giornalista chiede all’autore se sia vera la storia della lettera che avrebbe scritto a Matteo Renzi. Dobbs risponde che sì, è vera. Semplicemente, quando apprese che Renzi aveva acquistato il suo libro, gli scrisse avvertendolo che quello era un libro con finalità di intrattenimento, non un manuale di istruzioni. La sala scroscia in un nugolo di risate.

Quando gli vengono avanzate domande relativamente a Renzi ed alla sua politica, Dobbs spiega come apprezzi il fatto che Renzi tenga molto per sé la sua vita privata, dando alto rilievo a quella pubblica. E questo è sicuramente il suo punto a favore rispetto alla recente condotta di Berlusconi. Circa eventuali consigli da poter elargire al Primo Ministro italiano, Dobbs si limita a dire che in politica ciò che conta non è essere amati, ma essere rispettati. E che per essere efficaci è indispensabile avere chiari i propri obiettivi e intraprendere la strada per raggiungerli, con tutti gli ostacoli che ciò comporta. Spiega, inoltre, che la politica, ovunque, ha un minimo comune denominatore e cioè quello di svilupparsi ed evolversi all’interno di una “cupola” distante dalla vita quotidiana dei cittadini. Il compito dei politici, oggi, è dunque annullare quella distanza con competenza, così da azzerare questa crisi.

In riferimento alla recente sconfitta subita da Obama alle elezioni di medio termine, Dobbs spiega come, a suo parere, Barack Obama abbia pagato la distanza tra l’impatto emotivo delle sue promesse (ricorda il motto Yes We Can e la commozione dei suoi elettori) e ciò che è realmente riuscito a realizzare.

Frand e Claire Underwood_Hose of CardsL’ultima domanda è sul valore metaforico delle sigarette fumate da Claire (Robin Wright) e Frank nella serie statunitense, e quindi sull’alternanza pubblico/privato nella vita di Underwood. Dobbs afferma che quello decisamente è stato un colpo di genio della produzione USA. Nel suo libro c’è solo qualche accenno alla moglie di F. U., mentre la serie TV ha puntato molto sul rapporto matrimoniale tra Claire e Frank, facendo discendere da quel patto, da quella loro intimità, tutto il potere e la forza di Frank. D’altronde, dietro un grande uomo politico c’è sempre una grande donna, così come dietro la Thatcher c’era un grande uomo, suo marito.

E quelle sigarette sono il loro momento di intimità, il momento in cui Frank diventa debole e si mostra per quello che è. Dopo tutto, non è mai riuscito a smettere!

Qui il link ai libri di Michael Dobbs, editi da Fazi Editore.
Cogliamo l’occasione per ringraziare quest’ultima per averci invitato a partecipare alla conferenza.

Valeria Susini

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Lola23

Lunatica, incasinata, perennemente indecisa, una ne faccio e mille ne penso. Quattro elementi chiave della mia vita: Famiglia, Mare, Etna, Scrittura. Le serie TV sono il Quinto Elemento, una vera e propria dipendenza, meglio farsene una ragione. Le mie preferite? Non chiedetemelo! Vabbè, ve ne dico 3: Six Feet Under, The Wire, Treme... Mad Men! Ah sono 4... Ve l'ho già detto che non so decidere?
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