Una breve descrizione di come nasce, come si sviluppa e come muore un episodio pilota americano.
Lo chiamano “elevator pitch”, cioè letteralmente “proposta da ascensore”, perché la sua esposizione dovrebbe durare quanto la corsa di un ascensore, dalla hall ai piani alti di uno dei grattacieli di Manhattan: trenta secondi almeno, due minuti al massimo. Una breve descrizione di mezza pagina, per convincere il presidente, il vicepresidente e il responsabile della programmazione di uno dei grandi network a volerne sapere di più su questa strana storia che vorresti trasformare in uno show televisivo.
Ogni anno, in estate, sceneggiatori, produttori e registi con un’idea per un nuovo show redigono i loro “elevator pitch” e li spediscono alle emittenti: sopratto le 5 broadcast (ABC, CBS, NBC, Fox e CW), ma anche le innumerevoli cable (USA, TNT, HBO, Showtime, SyFy, ABC Family, MTV, ecc…) e da qualche tempo anche la rete, come Netflix e Amazon. Le emittenti più importanti arrivano a ricevere fino a 500 “concetti” diversi ogni anno, che però vengono rapidamente sfrondati, usando come discrimine soprattutto le slot libere: in base a quanto si è liberato nel corso della stagione precedente, ogni network ha a disposizione un certo numero di slot per i drama e per le commedie; in base alla direzione artistica e commerciale che si vuole dare, propenderà più per i drammi familiari, i teen drama, la fantascienza, l’horror, le soap. In questa fase essersi fatti un nome è importante: i concetti inviati da persone con esperienza, agganci estesi, uno studio solido alle spalle e magari altri show attivi presso lo stesso emittente sono vie privilegiate per essere fra i 70 elevator pitch che, a inizio autunno, verranno convertiti in script, cioè sceneggiature, attraverso una richiesta specifica all’autore.
Le prime bozze complete degli script sono disponibili già a novembre, e prima di Natale dev’essere consegnata la versione finale. A questo livello, l’autore sta ancora “lavorando gratis”; lo script è di sua proprietà e se non piace può proporlo ad un’altra emittente, o ritentare la fortuna l’anno successivo, magari con qualche riscrittura. Se invece va tutto bene, potrebbe essere fra i 20 script che ottengono l’ordine per un episodio pilota. Non è così facile, ovviamente: i gusti dell’emittente raramente sono quelli dell’autore, e può darsi che vengano richiesti cambiamenti importanti, l’aggiunta di personaggi che siano di gradimento a determinati target, riconsiderare l’ambientazione per raccogliere vantaggi fiscali promossi dalle film commission; addirittura affiancamenti da parte di sceneggiatori o autori con più esperienza, di fiducia, cui affidare la riscrittura o la produzione. Non tutti gli autori accettano le ingerenze e preferiscono rivolgersi altrove; altri accettano, correndo il rischio di compromettere il risultato finale: le storie sono castelli di carte e troppe modifiche rischiano di far crollare tutto.
Per i 20 piloti promossi (spesso equamente divisi fra commedie e drama) i lavori cominciano a gennaio, e per i mesi successivi Hollywood è in subbuglio: una vera e propria corsa ad assumere produttori, registi, truccatori, costumisti, e naturalmente contattare tutte le agenzie di rappresentanza (a Hollywood le più importanti sono 5) per i provini. La caccia ai mestieranti è così selvaggia che i più importanti (produttori, registi) sono “prenotati” fin dalla fase dello script, anche per discutere da subito dettagli artistici del pilota. Nel frattempo, i responsabili del casting possono arrivare a provinare fino a 1000 soggetti diversi per un solo ruolo, come è accaduto nel caso di Friends. Non è raro che i produttori lavorino con attori che già conoscono, o che alcuni membri già confermati del cast “facciano entrare” altri colleghi amici. La produzione viene organizzata, e gli sceneggiatori cominciano a scrivere anche le puntate successive (in genere la seconda e la terza) per avere un percorso tracciato e mostrare all’emittente dove si vuole andare a parare.
L’ordine del pilota può avere significati molto diversi, a seconda del tipo di contratto a cui è legato. Put pilot significa che il pilota viene ordinato e acquistato dall’emittente (la quale, però, si riserva il diritto di “promuoverlo” a serie, e casomai trasmetterlo come episodio solitario); “Cast-Contingent Pilot” è un ordine che però è dipendente dalle scelte di cast fatte: in questi casi viene richiesta alla produzione prima la lista del cast e, se questo è di gradimento all’emittente, il pilota viene ordinato. “Penalty pilot” significa che l’emittente acquista il pilota e, se decidesse di non promuoverlo a serie, si impegna a pagare una penale agli autori e allo studio di produzione, penale che può arrivare anche a svariati milioni di dollari. Una formula ancora più favorevole è lo “straight to series”, cioè un ordine immediato per un certo numero di episodi, tale per cui il pilota è solo il primo step per la creazione della serie vera e propria. Nel mondo della tv via cavo questa è una modalità piuttosto frequente.
Non sempre c’è la volontà o la possibilità economica di impegnarsi nella produzione di un pilota, il cui costo può essere molto ingente. Per questo negli ultimi anni si sono affermate alcune soluzioni di comodo: il backdoor pilot è un pilota strutturato in modo tale da poter essere l’inizio di una serie o un film a sè stante; spetta poi all’emittente decidere se ordinare episodi aggiuntivi. Le demo invece sono appunto “dimostrazioni” della serie, recitate senza trucco, costumi, scenografia (o utilizzando la scenografia di un’altra serie) per abbassare il più possibile i costi; vengono usate soprattutto nelle commedie, per capire la bontà della sceneggiatura e il calibro degli attori.
Poco prima di maggio, i piloti devono essere pronti per il vaglio ufficiale dell’emittente. Sono coinvolti i principali vertici dell’azienda, che forniscono spunti e idee sulle possibili modifiche del pilota, tenendo presenti marketing, strategia dell’emittente ed esperienze passate. Un passaggio quasi obbligato è quello dei test d’ascolto e dei focus group, in cui vengono presi gruppi di 6-8 persone, che rappresentano gli spettatori ideali dello show, e si analizza il livello di gradimento e interesse della serie, andando spesso nello specifico su cosa funziona e cosa no; si tratta di una soluzione di marketing “dal basso all’alto” che raramente è ben vista da produttori e sceneggiatori, perché tende a eliminare gli elementi innovativi e creativi e appiattisce le serie intorno allo standard “atteso” dagli spettatori.
Dei 20 piloti ordinati, in genere ne vengono ordinati fra i 4 e gli 8, quelli più convincenti e coi migliori risultati sui test di ascolto. Ai più promettenti vengono promessi 2 bites, due morsi, cioè una programmazione autunnale, idealmente da settembre a gennaio, e una primaverile, da marzo a maggio. Ad altri meno fortunati viene promesso un solo “morso”, quasi sempre in fase mid-season (gennaio-marzo), più raramente a inizio o fine stagione (come accaduto con Touch o Scandal l’anno passato): convincere il pubblico a metà o fine stagione è difficile, perché gli spettatori hanno già organizzato il proprio palinsesto personale, e perché la programmazione in quei periodi è spesso disordinata per la presenza di eventi speciali (finali sportive, eventi glamour), mentre la bella stagione causa un leggero calo degli ascolti: ciò comporta spostamenti frequenti di fascia oraria, e il dover competere coi serratissimi series finale della concorrenza.
Torniamo indietro: i piloti promossi a serie vengono presentati in un ciclo ordinato di conferenze stampa a metà maggio, chiamato Upfront, il momento in cui ciascuna emittente presenta agli inserzionisti e ai media il palinsesto per l’autunno successivo. Gli upfront innanzitutto sciolgono gli ultimi dubbi circa rinnovo/cancellazione delle serie esistenti, comunicano cambi di strategia sulle fasce orarie e quasi sempre sono l’occasione per vedere trailer o presentazioni dei nuovi show.
La promozione dei piloti a serie avviene attraverso un ordine standard di 13 episodi; l’emittente si riserva di ordinarne altri (il nuovo ordine è chiamato in genere back 9 pickup, perché il secondo ordine consiste quasi sempre di 9 episodi aggiuntivi) oppure di ordinare solo le sceneggiature, una mossa che da un lato comunica la buona volontà di continuare col rapporto, ma che d’altra parte è anche una “esplorazione creativa” dell’emittente per capire se il team dietro la serie ha un piano chiaro di sviluppo per la narrazione. In generale le serie broadcast hanno una lunghezza che varia fra i 22 e i 24 episodi a stagione, mentre quelle cable variano dai 10 ai 13 episodi, con l’eccezione del canale USA che ha cominciato negli ultimi tempi a fare ordini di 16 o 18 episodi.
E i piloti rifiutati? La maggior parte finisce nel dimenticatoio, perdite nette per lo studio che li ha prodotti. Altri vengono trasmessi come storie autoconcludenti, magari con qualche ripresa in più e un adattamento al finale. Altri ancora vengono riproposti ad altre emittenti, magari via cavo, o più spesso l’anno successivo. Se volete farvi due risate, a questo indirizzo sono stati raccolti alcuni piloti britannici e americani che non hanno mai raggiunto le nostre case. Fra televangelisti alieni e e sitcom con protagonista Adolf Hitler ed Eva Braun, troverete anche un giovanissimo Leonard Nimoy in una specie di La Zona Grigia ante-litteram. Roba da far impazzire il Comic-Con.
Fonti: Wikipedia, Deadline, Variety
SLM
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