È passato un bel po’ di tempo dall’ultimo articolo dedicato a questa rubrica, ma nonostante la lunga assenza, sono tornata per darvi qualche curioso insight sulla serie TV Vikings.
Finora abbiamo parlato di lingue inventate più o meno di sana pianta, dal Dothraki, passando per l”Elfico e il Klingon e so cosa state pensando: “Beh, ma in Vikings nessuno ha inventato niente! Quelle lingue sono davvero esistite!” Avete ragione, ma a volte il confine è davvero sottile e credo che la ricostruzione così accurata di lingue come l’Old English o l’Old Norse sia un processo che richiede, oltre a una vastissima conoscenza storico-linguistica, anche una buona dose di creatività. Ecco il perché oggi vorrei introdurre questo argomento e non sarò sola…
OLD ENGLISH
La nascita della lingua inglese come la conosciamo oggi deriva da un lungo processo di adattamento storico-linguistico, non diverso da molte delle lingue indoeuropee ad oggi conosciute, passando da una scrittura più elaborata e formata da caratteri runici incisi su legno o pietra ad un alfabeto preso in prestito dai Romani, a cui vi aggiunsero alcuni elementi caratteristici delle iscrizioni runiche. Tra il 7° e 8° secolo, l’influenza linguistica derivante dalle incursioni dei vichinghi in Northumbria porta ad un lento ma radicale cambiamento dell’anglosassone, alla perdita di alcune parole e all’adozione di altre derivate dalle lingue scandinave oltre che ad un più vasto e variegato vocabolario di parole e di sinonimi che prima non esistevano. L’Old English è una lingua estremamente complessa e, allo stesso tempo, limitata, dal momento che i documenti rimasti hanno tematiche decisamente formali e settoriali (testi religiosi, legali, poetici e così via), decisamente non colloquiali.
OLD NORSE
Di stampo germanico, il norreno veniva parlato in Scandinavia durante l’età dei vichinghi fino al 1300 e si sviluppa inizialmente dalla lingua proto-norrena nell’VIII secolo, epoca presa in considerazione dalla serie Vikings. Dai documenti scritti ritrovati in epoca alto-medievale, si può sostenere che il norreno e l’anglosassone avessero moltissimo in comune e che la fusione linguistica, avvenuta a seguito delle invasioni vichinghe nel nord dell’Inghilterra, fu quasi una naturale evoluzione dell’antica lingua inglese. I parlanti delle due lingue, presumibilmente, riuscivano a capire porzioni di frasi e parole singole anche senza apprendere la lingua. Questa mutua intelligibilità era, tuttavia, spesso asimmetrica poiché un solo parlante delle due lingue era in grado di capire più facilmente l’altra lingua. Un po’ come potrebbe essere per noi il francese odierno o il latino: possiamo non conoscere bene quella lingua, ma alcune parole ci saranno comunque familiari.
L’INTERVISTA A KATE WILES
Le lingue antiche utilizzate nella ricostruzione storica della serie sono state curate nello specifico da Kate Wiles, specializzata in studi medievali presso l’Institute for Medieval Studies dell’Università di Leeds. Solo per voi (e perché fondamentalmente sono una scimmietta curiosa!) ho contattato Kate per chiederle di condividere alcune curiosità sul suo lavoro e lei ha acconsentito a rispondere a qualche domanda per ItaSA Blog. Ecco l’intervista integrale tradotta:
Edel Jungfrau: Come ci si sente a lavorare ad un prodotto televisivo storico come Vikings? Sei stata contattata da Michael Hirst o da History Channel?
Kate Wiles: Sono contenta dell’impatto che la cultura medievale sta avendo sul pubblico. Ci sono alcuni film e serie TV in uscita ultimamente, ma mi piace pensare che Vikings (e Game of Thrones, ovviamente!) hanno in qualche modo spianato la strada a questi nuovi prodotti e dimostrato che c’è un pubblico che apprezza questa materia. Sono molto orgogliosa del grande lavoro di ricerca per Vikings e dell’attenzione ai dettagli che hanno avuto tutte le persone coivolte.
In realtà sono stata contattata dal consulente storico e produttore esecutivo, Justin Pollard. Abbiamo lavorato insieme precedentemente e lui sapeva come lavoravo. Tutto quello che faccio passa prima da lui.
Edel: È stato difficile “trasformare” una lingua per lo più scritta in una parlata e, di fatto, più colloquiale?
Kate: Questo è uno dei problemi più difficili da affrontare. l’Old English che conosciamo è una lingua scritta da poche persone di alto rango, che non rappresentavano la popolazione anglosassone, e le tipologie di testi che abbiamo oggi hanno un vocabolario ristretto (parliamo di testi religiosi, legali e poetici) con un registro linguistico formale. L’Old English di cui mi occupo non è, invece, quello parlato dalle persone che hanno scritto questi testi (fatta eccezione per Athelstan), perciò servivano traduzioni con un linguaggio diverso. Ho cercato di essere più letterale possibile, evitando un linguaggio metaforico o fortemente poetico come ad esempio le perifrasi. Mi sono trovata anche a giocare con la struttura delle frasi per far sì che si allontanassero in più possibile da costruzioni poetiche.
Tra i tanti problemi più spinosi che ho incontrato ci sono le frasi idiomatiche o quelle incomplete: le persone spesso utilizzano frasi non complete e ho dovuto pensare a come adattare frasi idiomatiche o informali dell’inglese moderno alla lingua d’arrivo. Anche i sinonimi: soprattutto per quelle scene di battaglia in cui c’è bisogno di molte parole che, in sostanza, dicono le stesse cose, come ad esempio “Sparate!”, “Fuoco!”, “All’attacco!” o “Correte!”, “Scappate!”, “Ritirata!”. In questi casi, devo essere meno letterale e tradurre il senso, cercando frasi che colgano il tono delle parole, piuttosto che tradurre parola per parola. Comunque, cerco sempre di fornire le traduzioni letterali per gli attori, per gli sceneggiatori e per chi si occupa dei sottotitoli.
In ultimo, le parole intraducibili: come accennavo prima, il vocabolario rimasto è poco e due problemi che ho incontrato riguardano quelle volte in cui le parole semplicemente non sono pervenute, anche se sappiamo benissimo che esistevano già. Nella prima stagione ho dovuto tradurre questa frase: “Siamo mercanti, vendiamo pellicce”, ma non c’è traccia della parola “pelliccia”. Ci sono parole per le pellicce di determinati tipi di animali o per vestiti particolari, ma non per la parola generica. In questo caso, ho fornito più opzioni da cui poter scegliere quella che poteva andare meglio per la serie. Il secondo problema è di natura culturale: alcuni concetti non ci sono nella cultura anglosassone o, se ci sono, non sono mai stati riportati. In questi casi, si fa riferimento all’Old Norse e ad alcune costruzioni in Old English per creare qualcosa di originale che si spera possa avere un senso per un anglosassone.
Edel: Hai tradotto solo l’Old English o ti sei occupata anche del norreno e del proto-lituano?
Kate: Mi sono occupata soltanto dell’Old English, ma mi sono divertita molto a rintracciare delle persone che fornissero le traduzioni per le altre lingue e a discutere con loro delle varie scelte traduttive. È stato interessante nei casi in cui non c’erano documenti scritti contemporanei e dovevamo ricostruire la lingua.
Edel: Avete fornito delle registrazioni vocali per il cast? Secondo te sono bravi o no a pronunciare le parole in Old English?
Kate: Avevano la traduzione scritta dei dialoghi e per le pronunce abbiamo registrato noi le battute dette ad alta voce. Non ho ancora visto le registrazioni degli episodi, ma i feedback sono positivi! Gli attori, inoltre, lavorano fianco a fianco con dei coach che li aiutano con le battute, non soltanto per le battute normali, ma anche per le nostre traduzioni. In passato ho dovuto modificare le mie traduzioni, quando queste si presentavano in posizioni troppo difficili da pronunciare, perché avessero un suono più naturale e semplice possibile.
Edel: È stato difficile elaborare dei dialoghi che includessero parolacce? Penso serva una buona dose di creatività e conoscenza della lingua per farlo, giusto?
Kate: Mi sono divertita da matti con le parolacce! Nei documenti storici per il norreno ci sono moltissimi insulti che abbiamo utilizzato, ma per l’Old English è molto più difficile trovarne e c’è meno materiale. Credo che la cosa che più si avvicina ad un insulto sia nel Beowulf, il verso in cui Unferth deride e insulta Beowulf. Frasi di questo tipo, però, non possono essere staccate dal contesto e non funzionano da sole perché non sono abbastanza offensive da essere immediatamente riconosciute come tali ad un pubblico moderno. Allora le ho inventate io. Per esempio, in Old English abbiamo parole per definire i figli illegittimi, i bastardi, ma, nel contesto in cui si usano, hanno un ruolo descrittivo e non necessariamente offensivo, perciò ho aggiunto aggettivi peggiorativi per rafforzarli. Letter to Brother Edward di Ælfric è un altro esempio in cui sappiamo che l’igiene era considerata una virtù, mentre il contrario era associato al peccato e al paganesimo (ecco perché gli anglosassoni spesso descrivono i vichinghi come “sporchi”, anche se sappiamo bene che avevano un’igiene personale e una cura di se stessi migliore dei primi!) e allora ho costruito degli insulti basandomi sui concetti di sporco e sporcizia.
Edel: Negli articoli precedenti abbiamo parlato di conlanger come David J Peterson, inventore dell’Alto Valiriano e del Dothraki in Game of Thrones, le lingue elfiche di Tolkien e anche del linguaggio alieno Klingon di Star Trek. Credo che non si possano paragonare queste lingue inventate a quello di cui ti occupi tu, ma allo stesso tempo credo anche che il processo di ri-creazione di una lingua antica non debba essere sottovalutato. Essendo questa una lingua che porta con sé caratteristiche del passato, del presente e del futuro, è a tutti gli effetti una “nuova” lingua antica e che in qualche modo deve essere preservata. Sei d’accordo? Pensi di avere delle affinità con i conlanger?
Kate: Mi affascina molto il mondo dei conlanger e rimango sempre stupita dalla quantità di dettagli e di consistenza interna che vi è dietro. Le lingue di Game of Thrones, poi, sono particolarmente affascinanti: non solo sono strutturalmente complesse, ma imitano lingue vere e proprie e fanno riferimento a elementi della cultura del mondo di Game of Thrones.
Il lavoro che svolgo io con lingue reali, ormai morte, è molto diverso, ma ci sono alcune affinità. Ho già un corpus di parole, ho regole sintattiche e morfologiche già definite ma, come dicevo prima, ci sono alcuni buchi nella lingua arrivata fino a noi. E qui che entra in gioco la creatività: inventare nuove parole e frasi e, a volte, anche modificare le regole linguistiche che conosciamo per rendere l’Old English una lingua parlata e informale, lontana da quella scritta e formale. In questi casi, il lavoro che svolgiamo è molto simile a quello dei conlanger.
***
Il fatto di parlare con la persona che ha curato uno degli aspetti che più mi affascina di Vikings per me è un grande onore. Inoltre, è un aspetto anche affettivo, dal momento che mi sono occupata di adattare per il doppiaggio una versione personale e originale (che però non è stata influenzata dalla versione ufficiale, proposta su Rai4) di alcune scene della serie per la mia tesi di Master di quest’anno, dove le scene in anglosassone e in norreno sono rimaste, e devono rimanere, in originale perché tutto questo lavoro non venga sprecato o dimenticato. Anche nelle versioni doppiate in altre lingue.
Grazie mille a Kate Wiles per la disponibilità e per aver risposto alle mie domande, nonostante avesse dei vincoli con la prossima uscita della terza stagione di Vikings. Thank you, Kate!
Spero che questa intervista sia stata interessante per voi, tanto quanto è stata per me proporvela.
Al prossimo articolo!
Silvia Speranza
Edel Jungfrau
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