Curiosità

Romney ucciderà Elmo?

Il candidato repubblicano vuole tagliare i fondi alla PBS. Breve viaggio nel servizio pubblico americano.

La PBS (Public Broadcasting Services) è un’emittente americana che su ItaSA non sentite nominare spesso, sebbene sia la più diffusa e conosciuta a livello nazionale. Tecnicamente non è nemmeno un’emittente ma piuttosto un’organizzazione no profit che distribuisce programmi televisivi di pubblica utilità. Esiste dal 1970 e solo quest’anno ha vinto 9 Emmy per la produzione di notiziari e documentari.

Scopo principale dell’organizzazione è quello di fornire informazioni gratuite, obiettive ed esaurienti, ai cittadini americani, e in questo svolge una funzione essenziale per la democrazia. Le sue affiliate coprono il 99,7% di tutto il territorio nazionale, più di ogni altra emittente, ed è stata per molti anni ai vertici di gradimento come l’istituzione americana più affidabile e apprezzata.

Quelli della PBS, bisogna dirlo, non è che facciano molto: il programma televisivo non viene realizzato da loro, ma dalle singole emittenti locali (chiamate “affiliati”), o in alcuni casi vengono acquistati da case di produzione specializzate. Se PBS approva il contenuto, il programma viene acquistato e successivamente rivenduto a tutti gli altri affiliati nel paese, generalmente con vincolo di ritrasmissione. Ciò significa che l’emittente locale deve tenere libera una fascia del palinsesto ben precisa (e frutto di continue contrattazioni) e trasmettere in quella fascia i contenuti PBS secondo tempi e modalità precise; negli altri orari, la programmazione è libera, e in genere vengono prodotti o ritrasmessi contenuti di carattere locale, con un focus centrato sulla comunità (un po’ come accade per le nostre tv private).

Negli anni PBS ha veicolato alcuni dei programmi televisivi educativi e d’informazione migliori del Paese: Frontline (una serie di documentari attiva da quasi 30 anni), Nova (approfondimento scientifico, di anni ne ha 38 e viene ritrasmesso in quasi 100 paesi del mondo), NewsHour (il tg di approfondimento) e Masterpiece, una selezione dei migliori adattamenti da romanzi, racconti, opere teatrali, ma anche drammi in costume e di genere (giallo, thriller). Quest’ultima antologia ha contato fra i presentatori attori come Gillian Anderson, Alan Cumming, Laura Linney e David Tennant. Nella cornice di Masterpiece vengono attualmente trasmesse anche serie tv scripted come Downton Abbey e Prime Suspect.

Da Sesame Street alla metanfetamina

Ma forse PBS è amata dagli americani soprattutto per i suoi programmi per l’infanzia. L’inossidabile Sesame Street, ormai alla sua 43esima stagione, è stato visto da generazioni di americani: almeno 77 milioni degli attuali statunitensi vi sono cresciuti, e oltre il 95% dei bambini in età prescolare ne ha visto almeno un episodio. Nella sua storia, Sesame Street ha vinto 143 Emmy e addirittura 8 Grammy. La programmazione per l’infanzia è una delle più curate, in diretta competizione coi canali cable specializzati: i titoli includono Teletubbies e The Magic Bus, mentre altre serie vengono acquistate dal Canada e soprattutto dal Regno Unito, dove PBS vanta una solida partnership con BBC.

Sorprendentemente, il modello di business di PBS è solido. Ottiene dal governo federale americano solo il 10-15% dei fondi necessari al proprio sostentamento; gli altri arrivano attraverso gli “acquisti” delle emittenti pubbliche locali, donazioni di privati cittadini, partnership con le aziende e le istituzioni, oppure con altre associazioni simili. Una parte dei proventi è raccolta anche tramite la vendita e l’analisi dei dati sull’audience.

Tuttavia, il sistema non è esente da critiche. Innanzitutto per la miriade di  affiliate che a livello locale ritrasmettono i contenuti PBS: si tratta di emittenti pubbliche finanziate dai singoli stati, contee o città, espressione di ONG o di università, sparse sul territorio nazionale, che spesso si sovrappongono e che sarebbero fuori mercato se non fossero supportate da risorse pubbliche. Il sistema in effetti simula l’affiliazione che esiste anche nel mercato del privato, in cui i grandi network cedono i propri contenuti originali alle emittenti locali in cambio dei ricavi pubblicitari generati durante la fascia concessa; ma nel caso del privato, è il mercato a regolare l’iniziativa privata evitando che si generino conflitti fra emittenti. Nel caso PBS, ciò non avviene.

D’altro canto, la stessa funzione di PBS è ritenuta da alcuni ormai superata: l’intrattenimento è ormai appannaggio delle tv private e l’informazione abbondante, raggiungibile oltre che con i numerosi canali via cavo (sempre più diffusi nelle case degli americani) anche attraverso altri mezzi, come il satellite o internet. Un’altra opinione è che PBS riuscirebbe probabilmente a sopravvivere anche senza gli aiuti pubblici: nell’ultimo confronto televisivo fra i candidati alla presidenza, il repubblicano Mitt Romney ha proposto di tagliare i fondi federali alla PBS (per cui tra l’altro lavora il moderatore del confronto, Jim Lehrer), sostenendo che lo Stato non può permettersi di “prendere in prestito i soldi dalla Cina” per finanziarne la programmazione.

La CEO dell’emittente ha risposto con un comunicato alle affermazioni di Romney, segnalando che, se pure PBS sarebbe in grado di sopravvivere al taglio di finanziamenti, probabilmente ciò sarebbe fatale a numerose delle affiliate. D’altro canto il costo dell’emittente sulle tasche degli americani è risibile: 1,35 dollari pro capite l’anno. E quasi il 70% degli americani sarebbe contrario a tagliare i fondi federali

Forse, però, è possibile un compromesso: una riforma centrale delle affiliate, tale per cui si istituirebbe un monopolio a livello di singolo stato con una concessione precisa a ciascuna affiliata, consentirebbe di aumentare l’efficienza del sistema e semplificherebbe la vita agli spettatori. La proposta ha incontrato tiepidi consensi: per i repubblicani è un controllo eccessivo sul libero mercato, per i democratici non salverebbe le numerose affiliate dalla scomparsa o dal ridimensionamento.

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