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The Hour – una perla nel Tamigi

TheHourPosterThe Hour è una piccola perla, di quelle che ti catturano gli occhi e il cuore e che accompagnano bei momenti, come un ottimo libro. È estate, magari si ha più tempo a disposizione e la voglia di spolpare una serie tutta di fila, senza aspettare una settimana per le serie attualmente on air. E quindi eccolo, The Hour, pronto a soddisfare i palati dei degustatori più esigenti. Sì, perché siamo di fronte a una miniserie in perfetto stile british, dettagliata, elegante, suadente, interessante, pensata, posata e audace al tempo stesso. La serie è stata creata e scritta da Abi Morgan, sceneggiatrice, tra l’altro, dei film Shame e The Iron Lady.

Se volete dei termini di paragone per capire di che genere si tratti, possiamo accostare The Hour a The Newsroom per certi versi, come per il lavoro di squadra all’interno di una redazione sempre sull’onda del sarcasmo, e a Mad Men per altri, primi tra tutti le ambientazioni e l’ottima cura dei dettagli e dei costumi.

Siamo nel 1956, in una Londra fosca come le vicende che l’approfondimento giornalistico di un’ora, The Hour, intende raccontare, senza mezzi termini o compromessi. A capo del notiziario il mentore Clarence Fendley mette la produttrice Bel Rowley, anche chiamata Moneypenny dal suo collega giornalista, nonché migliore amico, Freddie Lyon.  Da subito si nota un particolare affiatamento tra i due, del quale, però, sembra accorgersi soltanto uno. Ed ecco che subito si aggiunge il terzo polo, Hector Madden (Dominic West, star di The Wire), a formare un (im)perfetto triangolo amoroso, fatto di rancori, sfottò, incomprensioni ed equivoci. Come se non bastasse, Bel ha scelto ancora una volta di cadere preda di un uomo non disponibile, perché “leggermente” sposato.

The Hour, Bel, Hector, FreddieMa lo sfondo onnipresente di questo triangolo è il ben più rilevante scenario storico del 1956 con notizie di ribalta come la rivolta d’Ungheria e la crisi di Suez, che vide per la prima volta URSS e USA venire a patti per scongiurare un conflitto catastrofico. La crisi di Suez, infatti, si scatenò a seguito dell’opposizione dell’Egitto all’occupazione del Canale di Suez da parte di Francia, Israele e Inghilterra. L’URSS decise, allora, di sostenere l’Egitto. La risoluzione della crisi, fortunatamente, giunse con l’intervento degli Stati Uniti che imposero a Francia, Israele e Inghilterra di ritirarsi dal Canale. E proprio sull’onda di tale minaccia, Londra venne invasa da propagande governative su misure preventive e di sicurezza che comprendevano la visione di documentari dimostrativi su come vivere e proteggersi all’interno di rifugi anti-atomici (rifugi la cui costruzione, guarda caso, in qualche modo andava a riempire abbondantemente le tasche di certi soggetti non troppo limpidi, dopotutto).

In tutto ciò la produzione e la redazione di The Hour, in particolare grazie all’ostinazione inarrestabile di Freddie Lyon, si mettono in testa di sfidare i pilotaggi governativi nella presentazione delle notizie del giorno e di raccontare le cose come stanno, scavando e svelando gli scomodi retroscena delle principali vicissitudini del Paese e delle relazioni internazionali. Il tutto con il carico di conseguenze che ne deriverà, tra misteri, omicidi, spionaggio, controspionaggio, minacce e inseguimenti.

La particolarità che rende unico The Hour è la perfetta mescolanza tra un intreccio avvincente e la perfetta costruzione dei personaggi, studiati e descritti nei minimi dettagli con tutti i loro pregi e difetti.

The Hour - FreddieLa star dell’intera serie, a mio personalissimo modo di vedere, è proprio Ben Whishaw che interpreta Freddie Lyon, un giornalista impaziente, ambizioso, intollerante a qualsiasi tipo di mistificazione della verità, onesto fino all’eccesso, votato alla professione. Whishaw è in grado di recitare perfettamente il ruolo del matto svitato come del professionista competente e affidabile.

Romola Garai interpreta Moneypenny, o Bel, la produttrice sempre in mezzo ai due fuochi della verità giornalistica e delle linee guida del network, la BBC; pronta a giocarsi il lavoro, dopotutto, per il piacere di quei dieci minuti in cui riesce a mandare in onda la verità, nient’altro che la verità.

Dominc West, come già detto, lo conosciamo per la sua magnifica interpretazione di Jimmy McNulty in The Wire. In The Hour, invece, interpreta Hector Madden, l’affascinante anchorman che tutte le reti si contenderanno, sebbene parta con una scarsissima esperienza da giornalista. E sarà la scuola di The Hour a far uscire il reporter che è in lui, tra lotte interiori e sconfitte personali.

the hour - newsroom

Attorno al triangolo di Bel, Freddie e Hector, girano poi storie secondarie ma non meno avvincenti, con altrettanti misteri che si infittiscono sempre più e collegati con lo scenario storico del primo cinquantennio del ‘900 europeo.

Perché vedere The Hour, quindi? Perché è bello, ben fatto, profondo e pure informativo. Insomma, c’è sempre da imparare e non è detto che non si possa farlo godendo di un ottimo prodotto televisivo.

La serie ha guadagnato 4 nomination agli Emmy (poiché, pur essendo una produzione inglese della BBC, in USA è stata trasmessa da BBC America) e 4 nomination ai BAFTA. Agli Emmy 2013 ha vinto il premio per migliore sceneggiatura di una miniserie, premio andato, ovviamente, alla creatrice Abi Morgan.

In origine il progetto prevedeva tre stagioni, ma la dura legge degli ascolti l’ha fatta fuori dopo le prime due. Infatti la politica della BBC prevede che, perché una serie venga rinnovata, debba raggiungere almeno 1,75 milioni di telespettatori, mentre la seconda stagione ne raggiunse solo 1,24.

Ma non temete, perché, onorando uno svolgimento impeccabile e una cura dei dettagli invidiabile, anche il finale avrà il suo quid, lasciandoci in pieno stile The Hour, tra la nebbia e l’ottimismo.

the hour bbc castUna menzione la merita assolutamente l’intro, che trovate in fondo all’articolo, tanto della prima quanto della seconda stagione, con una grafica intrigante che accenna immediatamente agli elementi del mistero e dell’enigma, accompagnato da una musica le cui note centellinate sembrano quasi porre delle domande scomode. Ma forse è solo una mia impressione.

Questo gioiellino ha ricevuto una critica fenomenale da ogni dove, segnando dei picchi con The New Yorker, il Los Angeles Times e con The Atlantic, che ha sottolineato come “The Hour non è il Mad Men inglese, è meglio”. Ora, io non mi spingerei così in là, anche perché Mad Men occupa una posizione inestirpabile nella mia mente e perché è connotato da una scrittura che non ha subito una minima caduta per sette stagioni di fila, cosa che non possiamo ipotizzare per The Hour, purtroppo arrestato alla seconda. Ma sicuramente posso dire che questo prodotto narrativo è perfetto sotto ogni singolo punto di vista, impeccabile, equilibrato, avvincente, strutturato e signorile. Ovviamente, lasciatemi esprimere una punta di snobismo, non è per tutti, non è da polverone mediatico e lo ha dimostrato la sua cancellazione, ahimè. Ma noi qui abbiamo palati sopraffini, no?

Chi di voi ha già visto questo gioiellino? Cosa ne pensate? E per chi non lo avesse ancora visto, eccovi i sub, amorevolmente offerti dai traduttori di ItaSA!

Ecco a voi il trailer

Ed ecco l’opening stupendo

Valeria Susini

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Lola23

Lunatica, incasinata, perennemente indecisa, una ne faccio e mille ne penso. Quattro elementi chiave della mia vita: Famiglia, Mare, Etna, Scrittura. Le serie TV sono il Quinto Elemento, una vera e propria dipendenza, meglio farsene una ragione. Le mie preferite? Non chiedetemelo! Vabbè, ve ne dico 3: Six Feet Under, The Wire, Treme... Mad Men! Ah sono 4... Ve l'ho già detto che non so decidere?
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