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Comedy made in USA: trasformazione o declino?

Questa vita da addicted seriali raramente ci concede il lusso dello spazio vuoto e, per una o due serie che finiscono, ce n’è sempre qualcuna pronta a cominciare.

Broadcast NetworksDa cultore della comicità a stelle e strisce, con questo articolo ho cercato di mettere nero su bianco un pò di pensieri e riflessioni sullo status della comedy americana, come non mai traboccante di nuovi prodotti, ma quasi orfana di grandi successi. Nell’ultima settimana ho finito di vedere quel concentrato di stranezze che è la prima stagione di Man Seeking Woman, nuova serie di FXX con Jay Baruchel e la seconda stagione di Broad City, la serie rivelazione di Comedy Central, creata da Abbi Jacobson e Ilana Glazer sulla base di una web-series delle due comedian statunitensi. Contemporaneamente ho visto i primi episodi della sitcom targata NBC, One Big Happy, con Elisha Cuthbert e Kelly Brook come protagoniste; la nuova serie di Tina Fey, Unbreakable Kimmy Schmidt, rifiutata dalla stessa NBC, il network che ne ha plasmato la carriera, e atterrata con successo sulla piattaforma streaming Netflix; e l’esordio della sesta stagione di Community, che Dan Harmon e Joel McHale hanno salvato dalla cancellazione affidandola alla piattaforma streaming di Yahoo. Se un ipotetico telespettatore del 1995 potesse squarciare il velo dello spazio-tempo e leggere queste prime righe, penso che il sentimento principale sarebbe quello della confusione. Il panorama televisivo americano di vent’anni fa era molto più semplice di quello odierno, la rivoluzione cable era distante ancora 4 o 5 anni e i canali broadcast offrivano la quasi totalità della produzione televisiva seriale. Nel 1995 Friends aveva appena concluso il suo primo anno di vita e nella lista delle serie più viste tra il 1990 e il 1995 troviamo ai primissimi posti comedy come Cheers, Roseanne, The Cosby Show e Golden Girls.

Il mondo della serialità non è qualcosa di immobile, sempre uguale a sé stesso, ma è un universo in divenire, capace di trasformarsi anche più rapidamente della società in cui vive. il critico televisivo Alan Sepinwall, nel suo libro The Revolution was televised, ci racconta di come il genere drama abbia attraversato un turbolento periodo di trasformazione a cavallo del nuovo millennio, e che la crescita impetuosa di canali come la HBO prima e AMC poi, abbiano cambiato volto all’intero genere. Tanti classici procedurali hanno lasciato spazio a serie caratterizzate da una continuità orizzontale molto più marcata, e i canonici eroi alla Starsky e Hutch hanno ceduto il passo ad antieroi come Tony Soprano o Vic Mackey e a personaggi sempre più ambigui e borderline come Jimmy McNulty o Gregory House. Ora, questa ventata di cambiamento sembra aver rallentato, in attesa forse di una nuova serie capace di rivoltare l’intero paradigma, come a suo tempo fece The Sopranos. La rivoluzione tecnologica e la diffusione capillare di internet hanno accelerato qualsiasi processo di cambiamento fosse già in atto e il genere che più ha risentito di questo impeto rivoluzionario è quello della comedy. La crisi della TV tradizionale ha colpito anche il genere drama, ma se osserviamo la lista dei programmi più visti dell’anno troviamo serie drammatiche come The Walking Dead o Empire, e la longevità di procedurali come NCIS o Bones fa capire quanto alla fine dei conti certe cose non siano cambiate più di tanto. Il mondo della comedy invece è stato rivoltato come un calzino. Nella lista dei programmi più visti del 2014 si trova una sola comedy, e come potrete immaginare si tratta di The Big Bang Theory. È un risultato impietoso, se solo portiamo la mente indietro anche solo di una decina di anni. Solo 11 anni fa, nel 2004, il series finale di Friends venne visto da oltre 52 milioni di telespettatori (il terzo risultato più alto per un programma televisivo non sportivo) e fu un vero e proprio evento culturale di portata nazionale, alla stregua del Super Bowl o delle World Series. Oggi la situazione non potrebbe essere più diversa. The Big Bang Theory si conferma anno dopo anno il solito inarrestabile juggernaut, ma Modern Family sembra aver perso lo slancio delle prime stagioni, mentre Two and a Half Men e How I Met Your Mother hanno raggiunto il capolinea. In sintesi, dopo i ragazzi di Chuck Lorre, c’è il buio più profondo.

FRAMMENTAZIONE DELL’OFFERTA E RIVOLUZIONE TECNOLOGICA

C’è un intero mondo oltre i 5 broadcast network. Anche il più piccolo e oscuro cable network è sempre alla ricerca di una programmazione originale da immettere sul mercato, senza contare la crescita impetuosa delle piattaforme streaming, con Netflix e Amazon sugli scudi e Yahoo e Hulu alla ricerca del colpaccio che gli permetta di raggiungere le rivali. IFC (Indipendent Film Channel) ha appena rinnovato per altre due stagioni il proprio prodotto di punta, Portlandia, la quirky comedy creata da Fred Armisen e Carrie Brownstein con la partecipazione nelle vesti di produttore nientemeno di Lorne Michaels, l’uomo dietro al successo del Saturday Night Live. Rewiew with Forrest MacNeil di Comedy Central ha sfornato un episodio che si trova in ogni top 10 stilata dalla critica statunitense alla fine dell’anno passato. FX ha inaugurato un nuovo canale, FXX, dedicato interamente alle comedy dove troverà rifugio una serie rivoluzionaria come Louie. Youtube prende il posto dei comedy club degli anni Ottanta e Novanta e diventa uno dei principali metodi di reclutamento di nuovi talenti comici (che se vogliamo pensarci è quello che sta accadendo anche in Italia). Il concetto di line-up sembra essere superato. L’esperimento portato avanti negli anni passati dalla NBC che il giovedì trasmetteva un gruppo omogeneo di serie comedy, accomunate da un umorismo sofisticato e intelligente e che era composto da Community, 30 Rock, Parks and Recreation e The Office, e riproposto di recente dalla FOX col suo tentativo di creare un blocco di comedy dedicato al pubblico femminile da trasmettersi il martedì sera, sembra essere stato messo definitivamente da parte. In una situazione come questa, non è solo il nostro ipotetico telespettatore del 1995 a sentirsi confuso, ma ci sono grosse probabilità che anche il telespettatore moderno possa finire col grattarsi la testa preda di atroci dubbi. Nel 2014, i 5 broadcast network hanno ordinato la bellezza di 95 pilot, 5 in meno dell’anno precedente ma ben 12 in più rispetto al 2010. All’attacco sferrato dei nuovi medium, i broadcast network hanno risposto brutalmente, lanciando bombe a grappolo in un laghetto pescoso, ossia puntando tutto sulla quantità. Sparare nel mucchio con la speranza di colpire il bersaglio giusto.netflix La diffusione del DVR, di TiVo, dello streaming legale e della pirateria, sono i pilastri di una rivoluzione che ha cambiato la fruizione dell’intera esperienza televisiva e seriale. La possibilità di vedere la propria serie preferita nei propri tempi e modi, senza il fastidio della pubblicità è il bacio della morte per i broadcast network, tradizionale casa delle migliori comedy (almeno fino a pochi anni fa), e che del flusso di denaro degli inserzionisti avevano fatto la propria principale fonte di introiti. Ma come combattere contro avversari che grazie ai loro servizi in abbonamento possono anche permettersi di guardare con un certo distacco ai dati sui rating? Puntare sulla quantità dell’offerta e sperare di trovare il fatidico biglietto dorato che anziché permetterti di visitare la fabbrica di cioccolato, ti consegna su un piatto d’argento una serie da 16 milioni di telespettatori ogni settimana. Ma perché i broadcast network hanno tutte queste difficoltà a colpire il bersaglio grosso? Cosa è cambiato nel modo di guardare le comedy da parte dei telespettatori?

SOVRA-ESPOSIZIONE DA CONTENUTI E SCARSA ATTENZIONE DEL PUBBLICO

Facebook, Twitter, Tumblr, Televisione, Netflix. Siamo nella cosiddetta società dell’informazione, ma più che di informazione si tratta di un vero e proprio bombardamento, una continua sovra-esposizione a contenuti di qualsiasi tipo dove l’approfondimento e la mancanza di tempo sono i nemici principali. Il tempo è tiranno, e lo spettatore deve necessariamente essere volubile e la sua attenzione volatile. Se lo spettatore vuole vivere pienamente l’esperienza collettiva e sociale che è la fruizione delle serie televisive, non si tratta di una scelta, ma di una necessità. La FOMO, “fear of missing out” (paura di perdersi qualcosa d’importante), è un potente incentivo a rimanere costantemente aggiornato su qualsiasi sviluppo o avvenimento riguardante l’oggetto della propria passione, sia che si tratti della propria squadra del cuore, della serie preferita o di un reality show. Conosco questo sentimento, faccio parte anche io di questo tipo di società, dove il live-tweet costituisce una costola importante della fruizione di un evento culturale, televisivo o sportivo che sia, e riconosco di esserne una vittima consapevole. Per questo motivo lo spettatore può dedicare solo pochi preziosi minuti alla scoperta di nuovi prodotti, per concentrarsi su ciò che ha già catturato l’attenzione della maggioranza. È per questo motivo che il concetto di viralità è diventato così centrale nel mondo della comedy. Il Saturday Night Live, pur attraversando uno dei suoi peggiori momenti a livello creativo, continua a mantenere quasi intatta la propria fanbase. Inside Amy Schumer e Key and Peele sono due sketch show di successo trasmessi da Comedy Central, che raccolgono il plauso della critica e un crescente successo di pubblico che sta proiettando i suoi protagonisti verso palcoscenici più grandi (Keegan Michael Key e Jordan Peele hanno partecipato alla prima stagione di Fargo, mentre Amy Schumer condurrà i prossimi MTV Movie Awards e ha girato un film con Judd Apatow). La chiave del successo di questi progetti è la brevità. Sketch di massimo 5 minuti che possono diffondersi rapidamente grazie al passaparola in rete sono la chiave per andare dritti al cuore dello spettatore distratto da mille altre sirene. Anche il panorama dei Late Night Shows si è dovuto adattare a questa rivoluzione. Jay Leno ha già lasciato le redini del proprio programma su NBC ed è stato sostituito da Jimmy Fallon, mentre David Letterman andrà in pensione a fine stagione. La nuova rivalità che sta nascendo sotto i nostri occhi è proprio quella tra lo stesso Fallon e Jimmy Kimmel. Cosa li accomuna? Il loro grande successo tra i giovani per i loro segmenti virali, come ad esempio le celebrità che leggono i “mean tweets” che li riguardano proposto da Kimmel, o le reunion e parodie di vecchie serie TV o i celebrity lip-sinc contest che sono il marchio di fabbrica dello show di Fallon. L’intervista, che per tanti anni e decenni è stata la pietra angolare di questo tipo di show sembra quasi passare inosservata. La parola d’ordine è sorprendere e, se possibile, farlo in 5 minuti o anche meno. Chi si può accontentare di numeri inferiori, come i cable network o i servizi di streaming, può permettersi di concentrarsi sulla propria fetta di mercato e lì trovare il proprio successo. I broadcast network non possono permettersi questo lusso. Con un pubblico così volubile, quasi impossibile da riconquistare una volta che è stato perso, i network devono andare alla costante ricerca dello slam-dunk, non possono permettersi di allontanarsi troppo dagli schemi preconfezionati. Trovare la ricetta perfetta è difficile; una serie troppo complessa e sofisticata molto spesso ha il risultato di alienare larghe fette di pubblico, come è accaduto a serie come Arrested Development o Happy Endings decisamente troppo autoreferenziali per esplodere come fenomeni di massa, mentre sitcom scialbe e banali come Dads e Friends with Better Lives erano troppo scadenti per sopravvivere a un pubblico maturo come quello del 2015. Friends, Two and a Half Men e The Big Bang Theory sono esempi di successi troppo clamorosi per essere ignorati e la tentazione di provare a replicarli è insostenibile. Si tratta di una di quelle classiche situazione da “prima l’uovo o la gallina”. Non so se è stata l’emorragia di ascolti dovuta alla rivoluzione tecnologica a provocare la frammentazione dell’offerta e la diluizione del talento in centinaia di progetti senza speranza fin dal pronti via, o se è accaduto il processo inverso. So solo che tutto ciò è accaduto. Nel 2015 si producono ancora sitcom come One Big Happy, che nel migliore dei casi si tratta di eye candy nella sua declinazione più pura, grazie alla scelta di Elisha Cuthbert e di Kelly Brook come protagoniste. La bellezza e il talento della canadese e il fisico da modella oversize di Sports Illustrated dell’inglese parlano più chiaro della sceneggiatura del primo episodio. I numeri relativi agli ascolti del pilot sono più che dignitosi, mentre la critica è unanimemente sicura di una rapida e indolore cancellazione. Il tempo consegnerà ai posteri la propria sentenza, ma nel frattempo sono convinto che si tratti dell’ennesima sitcom su base familiare-romantica con la leggerissima variazione sul tema dell’introduzione dell’elemento gay nella coppia, dalla quale invece è assente quello romantico. Si tratta di un canovaccio abusatissimo, sia al cinema con Il matrimonio del mio miglior amico o Sai che c’è di nuovo?, che in televisione nella stessa Friends, dove addirittura si celebrò un matrimonio gay. In poche parole, non siamo esattamente nel territorio dell’innovazione. Venti minuti di visione e tutto sa già di vecchio, di già visto. La percezione è che il genere della multi-cam comedy come la conosciamo oggi abbia già dato il suo meglio con pietre miliari come Friends o Cheers o The Big Bang Theory e che gli sia rimasto ben poco da raccontare.

30 rock

30 Rock, la celebre sede della NBC a New York City

La qualità dell’intrattenimento al giorno d’oggi risiede principalmente nelle single-cam comedy, nella sperimentazione e nella contaminazione tra generi diversi (l’ascesa del genere del mockumentary ne è un esempio, o il fatto che 30 Rock fosse una meta-satira del mondo della comedy e della TV commerciale camuffata da workplace comedy). Il problema è che in questo genere non si trova più l’ingrediente principale per la sua sopravvivenza, il successo di massa. Ecco perché, nonostante tutto, ancora oggi continuano ad essere prodotte così tante serie multi-cam, molto spesso progetti destinati al fallimento già in partenza, nati senza un reale appoggio da parte dei network, carne da macello per il temutissimo Cancellation Bear. L’eterna lotta tra la qualità e l’integrità artistica, e il successo e la consacrazione su base nazionale. In passato esistevano spazi di comunicazione tra queste due dimensioni. Friends e Seinfeld sono due tra le sitcom che più hanno incarnato l’esistenza di un connubio tra elevati standard qualitativi e il successo di massa. Al contrario i broadcast network di oggi si trovano in una situazione per cui il cane continua a correre in cerchio, cercando senza successo di mordersi la coda. Un articolo di Entertainment Weekly di pochi giorni fa riferisce al passaggio di Unbreakable Kimmy Schmidt su Netflix, come la fine di un’era che nemmeno i migliori autori televisivi avrebbero potuto scrivere. Si può invertire questa rotta? Credo di no, come Twin Peaks prima e i Sopranos poi hanno cambiato il modo di narrare una storia, quanto accaduto in questi ultimi anni ha cambiato per sempre il volto della commedia americana. Il problema è che forse i capoccioni dei broadcast network non se ne sono accorti.

Voi che ne pensate? Fatecelo sapere nella sezione commenti!

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talpa10

29 anni, blogger su itasa dall'estate 2014 con una predilezione per i series finale. Sono sempre stato un fedele suddito di HBO ma negli ultimi anni ho trovato rifugio sicuro tra le braccia di FX. Nick Miller e Ron Swanson i miei spiriti guida
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