Downton Abbey

Downton Abbey: il passaggio del tempo

Con il consueto special natalizio si è definitivamente conclusa Downton Abbey. Sei stagioni per sei anni, ambientati però in ben 13 anni di storia. Si parte dall’affondamento del Titanic per poi toccare numerosi altri eventi storici che influenzano più o meno la vita dei nobili e dei non così nobili di Downton Abbey. Ma il finale sarà stata una degna conclusione di questo racconto di nobiltà, del passaggio del tempo e, con esso, degli inevitabili cambiamenti che ne conseguono?

L’articolo contiene spoiler su tutta la serie, in particolare sulla sesta stagione e sull’ultimo episodio. Non leggete oltre se non avete ancora visto tutti gli episodi e non volete rovinarvi la sorpresa.

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Come detto, la serie parte col reale affondamento del Titanic, avvenuto nell’aprile del 1912; l’evento ha un grande impatto – seppur indiretto – su Downton Abbey e su tutti coloro che ne fanno parte. Infatti, tra le vittime della tragedia figura James Crawley, il primo cugino del Conte di Grantham Robert Crawley (Hugh Bonneville) ed erede di Downton Abbey. La triste dipartita impone che l’eredità passi al parente più prossimo, che risulta essere l’avvocato Matthew Crawley (Dan Stevens), decisamente poco propenso ad ereditare una dimora tanto sfarzosa e ad adottare i metodi di vita che vi sono richiesti.

Inizialmente la storia è incentrata sulla difficoltà di Matthew nell’accettare quello stile di vita nobile che lui non sente suo e sul suo rapporto con la prima figlia dei Crawley, Mary (Michelle Dockery); quest’ultima prova risentimento vero Matthew a causa del suo diritto ereditario e lo vede come un usurpatore, oltre che indegno di tale eredità. È subito evidente, difatti, la contrapposizione tra i due diversi stili di vita e le virtù diametralmente opposte tra Matthew e Mary; ma c’è anche una complicità che, nel giro di tre stagioni, li porterà a diventare marito e moglie. Purtroppo sarà per poco a causa di un incidente automobilistico che porterà alla morte di Matthew nel finale della terza stagione.

Vari altri archi narrativi che possiamo notare sin da subito e che si protrarranno fino alla fine della serie sono la rivalità/complicità tra la Contessa Madre di Grantham, Violet Crawley (Maggie Smith), e la madre di Matthew, Isobel Crawley (Penelope Wilton), rapporto che evolverà enormemente nel corso della serie; l’odio quasi perpetuo di Mary nei confronti della meno apprezzata sorella Edith (Laura Carmichael); varie altre storie che coinvolgono sia i cosidetti personaggi “Upstairs” (ovvero coloro che occupano il piano superiore di Downton, i nobili) e i personaggi “Downstairs” (ossia coloro che risiedono di sotto, la servitù), rappresentati in particolare dall’ex commilitone di Robert e suo nuovo valletto John Bates (Brendan Coyle) e dal maggiordomo Charles Carson (Jim Carter). Quest’ultimo è un vero e proprio simbolo delle istituzioni e della storia di Downton, colui che più di tutti, persino degli stessi nobili, si oppone al passaggio dei tempi e ai notevoli cambiamenti che esso impone, cercando in tutti i modi di mantenere in vita le tradizioni e le restrizioni alle quali egli è abituato.

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Chiaramente, come ogni serie che si rispetti, nel corso delle varie stagioni molti personaggi ci lasciano e altri arrivano, in particolare la dipartita più dolorosa per i fan, insieme a quella del già menzionato Matthew, è sicuramente quella di Sybil Crawley (Jessica Brown-Findlay), la figlia più giovane di Crawley che, prima di tutti, anticipa i cambiamenti in arrivo, arrivando addirittura a sposare l’ex autista di Downton Tom Branson (Allen Leech), gesto chiaramente inusuale se non addirittura blasfemo per i tempi.

Sybil riesce ad anticipare quello che sarà il leitmotiv dell’intera serie e delle ultime stagioni in particolare. Infatti è impossibile non notare come, specialmente la sesta e ultima stagione, siano all’insegna del cambiamento ormai imminente che colpirà tutti – nobili e servitù – e al quale i personaggi non potranno resistere ma semplicemente adattarsi.

Si passa quindi al christmas special/series finale, da qui in poi non leggete assolutamente se non avete concluso la serie!

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Avevamo lasciato i vari personaggi di Downton Abbey, dopo l’ottavo episodio della sesta stagione, in un momento agrodolce. Mary era riuscita a mettersi alle spalle la drammatica morte di Matthew e aveva sposato Henry Talbot (Matthew Goode) nonostante avesse paura di perderlo in un incidente automobilistico, come fu col primo marito. Se una delle figlie Crawley è riuscita a trovare il suo tanto agognato happy ending, l’altra è rimasta “condannata” all’immagine di colei che sembra non poter mai essere in grado di raggiungerlo, quella Edith che aveva perso il suo matrimonio ormai certo a causa della stessa Mary. Grazie a questo evento si arrivò al confronto fra sorelle – atteso sin dall’inizio della serie – al termine del quale le due non sono di certo arrivate ad avere un rapporto invidiabile ma sono riuscite a sotterrare l’ascia di guerra, trovando quella stabilità che non hanno mai avuto. In mezzo a tutto ciò, ci fu il fin troppo tralasciato tentativo di suicidio di Thomas Barrow (Rob James-Collier) e varie altre storie minori; davano l’idea di storie tappabuchi per riempire il tempo in eccesso.

Si arriva quindi a questo series finale nel quale, al contrario di buona parte della serie, si mette evidentemente da parte Mary, quasi sempre al centro dell’attenzione nel corso delle sei stagioni passate, e ci si concentra invece sulla figlia più bistrattata dei Crawley, Mary, sul quale è incentrato tutto questo series finale, che si potrebbe riassumere in un happy ending per tutti, meno Carson. È evidente sin dai primi minuti di visione dove andranno a parare le cose, in particolare il matrimonio tra Edith e Herbert Pelham (Harry Hadden-Paton) che deragliò a causa delle gelosie di Mary e la sua rivelazione riguardo Marigold, figlia ormai non più tanto segreta del quale Pelham ignorava l’esistenza.

Si potrebbe definire quasi fastidiosa la nonchalance col quale si glissa senza troppa difficoltà su tutti i vari problemi dei personaggi: Edith e Herbert che ricuciono il rapporto e decidono nuovamente di sposarsi in tempo record, la madre di Pelham che si rivela essere decisamente meno problematica e insidiosa di quanto potesse sembrare, il cambio di lavoro di Henry che fa scomparire le paure di Mary, Robert che accetta la nuova occupazione di Cora (Elizabeth McGovern) e mette da parte la gelosia, la malattia del nuovo marito di Isobel che viene messa da parte per garantire anche a loro il più felice dei finali.

season2_characters_slideshow_violet_01Malgrado la frase espressa proprio nel christmas special da Lady Violet – la vera e propria anima della serie – riguardo la “versione inglese dell’essere felici”, questo lungo speciale dà proprio l’idea di essere una corsa all’happy ending, che possa esso sembrare genuino o forzato; un’eccessività di buonismo che neanche si addice troppo allo spirito della serie nella quale di certo non sono mancate le freddure, in primis proprio le morti di Sybil e Matthew.

L’unico esito non propriamente positivo è quello che viene riservato a Carson, che rivela una malattia a causa della quale egli stesso si definisce “finito”. Tale finale però è mitigato dalla presenza della moglie Elsie (Phyllis Logan) e dall’accordo col nuovo maggiordomo Thomas riguardo la possibilità di fare ancora sporadicamente parte di Downton Abbey, posto senza il quale Carson probabilmente non sarebbe riuscito a vivere. Questo unico finale non totalmente positivo è forzato dalla necessità di trovare un modo per sostituire proprio Carson con Thomas, altrimenti destinato a una vita di infelicità e rammarico al quale invece sfugge tramite questa nuova sistemazione che gli consentirà di diventare proprio il “Carson” dei nuovi lord di Downton Abbey.

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Un finale che guarda molto al futuro, e che si propone di affrontarlo nel miglior modo possibile, ma che effettivamente riflette ben poco la vita reale nel quale l’happy ending è tutto meno che così facile e sicuro. Non un finale da bocciare totalmente ma neanche da reputare un successo; probabilmente è “l’opzione sicura” scelta da Julian Fellowes e dai suoi collaboratori per garantire una conclusione che lasciasse soddisfatti più spettatori possibili. È così quindi, con una nota forse eccessivamente buonista e melensa, che salutiamo Downton Abbey, i nobili, la servitù e tutti quei personaggi che ci hanno accompagnato per sei anni e che si sono evoluti, o che sono persino regrediti in alcuni casi, in nostra compagnia.

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Blogger su itasa dall'estate del 2015, sito scoperto grazie alle mie prime serie TV. Solo negli ultimi anni mi sono totalmente convertito alle serie subbate, cercando costantemente di far fare altrettanto ad amici, conoscenti, e magari anche semi-sconosciuti. A livello televisivo il mio non plus ultra è Breaking Bad. Poco originale, dite? Come si suol dire: "if it ain't broke, don't fix it".

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