Siete rimasti soddisfatti dal finale di LOST? Delusi? L’avete capito? A due anni dal finale si parla ancora di questa serie, mi pare evidente quindi che gli autori abbiano fatto un lavoro eccellente.
L’idea di scrivere questo articolo mi è venuta per due motivi, il primo è che oggi è il 23 maggio (causa imprevisti pubblico l’articolo pochi minuti dopo la mezzanotte) e il secondo è che ieri ho visto un’intervista a Damon Lindelof.
23 maggio, ovvero il giorno di The End, due anni fa salutavamo LOST, con la certezza che ItaSA fosse stata parte di un vero e proprio fenomeno, culminato con la messa in onda del finale in contemporanea con gli Stati Uniti.
Ieri vedendo questa intervista a Lindelof mi sono reso conto che in tanti non sono soddisfatti dal finale perché non l’hanno capito e probabilmente non hanno capito nemmeno molte altre cose di LOST. Nell’intervista rilasciata a On The Verge Lindelof deve confrontarsi con un intervistatore deluso dal series finale, credo che le sue risposte giustifichino il mio essere un fanboy di LOST.
Non avevate le risposte. Il finale è stato deludente: si ha questa sensazione di non sapere che senso abbia avuto tutta la storia e che fosse solo il modo più semplice per chiuderla.
Sapere che la gente voleva le risposte che non avete dato non è qualcosa che ti tormenta?
Qui Lindelof spiega che “tormentare” non è la parola corretta, questo presupporrebbe che abbia dei rimorsi, e non ne ha, benché questo sembri molto presuntuoso rifarebbe la stessa cosa. All’inizio c’era anche J.J. Abrams, poi il cammino è stato condiviso da Carlton Cuse e da tanti altri scrittori, ma in quanto co-creatore Lindelof si assume tutta la responsabilità del finale: è esattamente quello che voleva. L’unico rimpianto che ha è quello di aver detto inizialmente, durante un’intervista, “le risposte arriveranno”, cosa che non si è più ripetuta da metà della terza stagione, quando hanno saputo quando sarebbe finito LOST. Fino a quel momento c’era una certa dose di improvvisazione, cosa necessaria quando non si sa quante cose avrai l’occasione di raccontare.
Da quando ha saputo che LOST sarebbe finito con la VI stagione, Lindelof ha sempre affermato che a chi guardava la serie per conoscere le risposte a tutti i misteri non sarebbe piaciuto il finale, a quel punto il quadro generale della serie era definito.
Qui arriviamo a un concetto chiave del pensiero di Lindelof su LOST: non è che non gli interessasse tutta la mitologia della serie, ma siccome la scena peggiore della storia dei racconti con dei misteri è quella dell’Architetto che spiega a Neo il perché e il per come di The Matrix la sua decisione è stata: teniamocene alla larga come dalla peste bubbonica. Possiamo dargli torto? The Matrix per me si chiude con “Wake Up” dei Rage Against The Machine alla fine del primo film, credo che pochi non concordino con me.
Come dice Lindelof stesso tra l’Architetto e LOST probabilmente c’è il giusto mezzo: l’Architetto è troppo, LOST è troppo poco, la scelta sul dove sbilanciarsi è caduta sul “troppo poco”, con un risultato sicuramente migliore di quello del “troppo”, visto il tipo di racconto che è LOST.
Non è la prima volta che Lindelof cita capolavori della fantascienza per descrivere il suo stato d’animo nei confronti della mitologia di LOST: spesso diceva di non voler mai raggiungere il livello che Star Wars raggiunse con i midichlorian come spiegazione della Forza. Piuttosto che rispondere a certe domande, è meglio lasciarle senza risposta.
In un certo senso ha anche ragione: lo ricordiamo tutti Across the Sea (la storia di Jacob e di Man In Black), l’episodio di Lost che più ha diviso il fandom, vero? Proprio in questa intervista, Lindelof spiega come, tra tutti gli episodi di LOST, questo fosse quello a cui era meno attaccato emotivamente: era un vero e proprio download di informazioni, senza nessun legame con i personaggi su cui aveva lavorato 6 lunghi anni.
Lindelof tra l’altro nell’intervista si rende persino disponibile a rispondere a qualsiasi domanda, non dando una risposta che rovinerebbe il mistero della serie, ma indirizzando il suo interlocutore nella giusta direzione, come a dire: gli indizi ci sono, cercateli e datevi una risposta da soli, LOST non vi offre la pappa pronta. Credo sia proprio questo il motivo per cui siamo qui a parlarne a distanza di anni.
A questo punto l’intervistatore esce con la perla che ho sentito dire un numero imprecisato di volte, a distanza di due anni non mi stupisco più, ma continuo a non capire come sia possibile che la gente non riesca a capire i concetti base del finale.
Forse in fin dei conti quello che mi ha deluso non è stata la mancanza di risposte, ma il fatto che le risposte fossero: tutto ciò che è accaduto non aveva alcun significato. Tutto questo non è successo.
Io credo che Lindelof, guardando il suo interlocutore, abbia pronunciato le parole “In che senso non è successo?” sapendo perfettamente qual era il senso del discorso: tutto questo non era reale.
Bravissimo Lindelof a rimanere quasi impassibile e non battersi la mano sulla fronte.
No!
- Era tutto reale.
- L’aereo è caduto.
- La botola è implosa.
- Jack chiude l’occhio e muore.
- Tutto ciò che è accaduto sull’Isola è reale.
Sono gli avvenimenti della VI stagione durante i “flash-sideways” a non essere accaduti nella realtà.
In questo preciso momento Hurley e Ben, con l’aiuto di Walt, sono realmente al comando dell’Isola. (Avete visto The New Man In Charge, vero?)
L’intenzione del team di LOST era quella di esplorare l’idea di purgatorio, in senso letterale e figurato. Questo concetto era così evidente sin dall’inizio che tra gli spettatori si era diffusa la convinsione che l’Isola fosse il purgatorio e che fossero tutti morti, nonostante tutto lo staff continuasse a ripetere che così non era.
La serie parla di giudizio, ma non il giudizio di una qualche divinità ma della capacità di auto giudicarsi, l’idea era che se i personaggi fossero stati in grado di perdonarsi la serie sarebbe finita. Il titolo non è LOST (“perduti”) perché queste persone sono su un’isola ma perché hanno perduto la via.
Il fatto che ABC abbia, per qualche bizzarro motivo, scelto di mandare in onda le immagini dei rottami del volo Oceanic 815 mentre scorrevano i titoli di coda è fuorviante, ma è stata una scelta del network, non degli autori, che si sono subito affrettati a precisare che LOST finiva prima dei titoli di coda e che quelle immagini non avevano alcuna attinenza con la storia.
Per aiutare lo spettatore a comprendere cosa fosse successo gli autori si sono premurati di farlo spiegare anche a Christian Shephard: è tutto reale, è accaduto tutto quanto, è solo che in quel luogo i concetti di spazio e tempo non hanno significato.
Lindelof sottolinea quale sia il concetto base di LOST: persone tra loro sconosciute, con una vita disastrosa alle loro spalle trovano conforto nel fare gruppo con gli altri sopravvissuti allo schianto sull’Isola, il senso di LOST non è certo “Migliaia di anni fa su un’isola una donna dà alla luce due gemelli, ecc.”. Il fatto che queste persone trovino una via d’uscita dalla miseria delle loro vite in questo modo è molto new age, dice Lindelof, ma è esattamente la storia che gli autori volevano raccontare.
In ultimo Lindelof spiega due concetti molto semplici che, tuttavia, spesso non vengono compresi. Le domanda che spesso sono state rivolte a Lindelof e soci sono state:
1) Ve lo inventate man mano che andate avanti?
La risposta che vuole la gente è: “No, abbiamo già tutto in mente, sappiamo già dove andremo a parare”.
2) Quanto conta la risposta dei fan?
La risposta in questo caso dev’essere “Tantissimo.”
Il fatto è che invece le vere risposte sono:
1) “C’è un piano, quando questo piano non funziona lo cambiamo”.
Non si può pensare che un autore abbia in mente la seconda stagione di una serie mentre sta scrivendo la prima, non ha idea nemmeno se verrà rinnovata.
2) “Contate, ma la vostra reazione l’abbiamo già avuta noi mesi fa scrivendo il copione”.
Quando la serie è in TV i fan avvertono gli autori che c’è un iceberg lì davanti e che devono evitarlo, ma la rotta è già stata impostata e non può essere cambiata al volo.
Nikki e Paulo non vi piacevano? Erano già condannati prima ancora che poteste lamentarvi.
Con questo concludo, non mi sono preoccupato di sintetizzare troppo perché se siete fan di LOST siete sicuramente arrivati fino a qui e a questo punto, che vi sia piaciuto o meno il finale, avete un’idea più chiara di ciò che avevano in mente Lindelof, Cuse e gli altri.
Se ancora non siete convinti aspettate ancora una decina d’anni, vedrete che qualcuno vorrà fare un qualche remake di LOST e, se questo qualcuno sarà tanto audace quanto lo è stato Moore nel rifare Battlestar Galactica, il finale sarà completamente diverso, chissà se sarete soddisfatti di quello…
Nel salutarvi vi faccio due domande, le due domande chiave:
1) Cosa disse il pupazzo di neve all’altro pupazzo di neve?
2) Qual è il nome di Man In Black?
A questa domanda abbiamo una risposta, se ve la foste persa eccola a voi:
See ya in anotha life, brothers!
[Un grazie speciale a Quasark che mi ha dato una mano mentre scrivevo questo articolo]
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