Louie Louie Louie Louie.
Louie Louis Louie Loueye.
Louie Louie Louie Louie.
Louie Louie you’re gonna cry.
E in teoria il testo si dovrebbe ripetere ma in questa stagione, ad eccezione del primo episodio, abbiamo avuto una sigla monca.
L’articolo che segue contiene spoiler su tutta la quinta stagione di Louie.
Louie è una serie decisamente particolare e fuori dal comune.
Notare bene: non si usa il termine “comedy” ma un decisamente più vago “serie”, dato che definirla una comedy sarebbe riduttivo, specialmente in funzione di alcune svolte stilistiche prese nelle ultime stagioni. Louie è una serie particolare per svariati motivi: è una serie ibrido, non esattamente riconducibile ad alcun genere specifico, e questo rende il parlarne decisamente ostico quanto stimolante.
Louis C.K. non segue le regole altrui ma le sue regole, ammesso che ne abbia. Questo lo si può notare già dalla sigla appena menzionata, a volte presente, a volte dimezzata, a volte totalmente assente, senza un particolare motivo. La struttura delle stagioni è un elemento impossibile da non prendere in considerazione dato che la serie sembra non rimanere mai ferma ma è in costante movimento; cambia, si evolve e involve col passare del tempo. Le prime due stagioni ci hanno introdotto al mondo di Louie, alla sua comicità basata per lo più su situazioni scomode riconducibili alla vita di tutti i giorni, senza però far mancare di tanto in tanto una certa dose di riflessione sul mondo e sulle particolari persone che lo abitano, con la visione di Louis C.K., o Louie che dir si voglia. Con la terza, l’umorismo, pur essendo sempre una parte preponderante della serie, fa un piccolo passo indietro e lascia quindi maggior spazio a una parte che, se proprio dobbiamo definirla, sarebbe “drama”, introducendo anche le puntate continue e non proponendo più quindi solo episodi autoconclusivi ma anche episodi a due, se non persino a tre parti, com’è il caso per le splendide tre parti di Late Show.
La quarta stagione fa un ulteriore passo avanti e quasi elimina le puntate autoconclusive, concentrandosi invece su puntate che narrano una determinata storia in modo continuo. Ben sei parti di Elevator, il ritorno di Pamela nella vita di Louie in tre parti e il doppio episodio flashback In The Woods della durata di un film: tutti lavori esemplari che rendono la quarta stagione di Louie una vera e propria chicca nella chicca, il vero gioiellino dell’intera serie. Questo dimostra a chiunque ne dubitasse che Louis C.K. è persino in grado di rivoluzionare totalmente la struttura della sua serie, dando vita a storie di una certa lunghezza che possono anche discostarsi quasi totalmente dal tono umoristico per il quale è maggiormente conosciuto, concentrandosi su un livello di cinematografia esemplare e una qualità di “drama” che persino molte serie strettamente di quel genere gli invidierebbero.
Si passa quindi alla quinta stagione che ritorna alle origini con episodi che, ad eccezione del doppio finale, sono tutti autoconclusivi e con uno stile meno “profondo” rispetto alle puntate precedenti ma che comunque sia non si può più ridurre a semplice comedy. Da notare anche la durata della stagione, inferiore rispetto alle precedenti. Nel giro di un anno Louie – dopo le iniziali tre stagioni da tredici episodi ognuna – passa dalla sua stagione più proficua (quarta stagione di quattordici episodi) a quella più “povera” (quinta stagione di otto); povera ovviamente non per contenuti ma solo per mera dimensione.
Un elemento che ha da sempre contraddistinto Louie, sia la serie che il personaggio di cui si parla in essa, è la notevole… sfortuna. Una sfortuna che spesso e volentieri raggiunge livelli grotteschi. Questo elemento ricorrente di Louie lo ritroviamo in molte puntate di questa stagione, già a partire dalla prima: inizialmente con l’accesso all’appartamento sbagliato e poi col rapporto sessuale con una madre surrogata che causa la rottura delle acque e che porta il parto a non essere naturale, scatenando le ire di Marina. Sfiga a parte, un altro elemento che ci accompagna per tutta la stagione è la paura di Louie di essere diventato un “cazzone noioso“; timore espresso che, dopo essersi confidato con il suo terapista, lo fa addormentare. C’è inoltre un altro elemento ricorrente: oltre a quelli citati abbiamo, infatti, l’immancabile comicità che si potrebbe definire “grottesca” con episodi quali l’urgente bisogno di Louie di defecare, la donna che lo pesta per la strada senza una vera ragione, il comico non divertente che diventa celebre grazie ai suoi discutibili consigli e praticamente qualunque cosa coinvolga suo fratello Bobby.
Oltre alle parti per lo più comiche, come già menzionato, sono però da citare anche le parti più profonde e riflessive, con relativi ottimi dialoghi che si possono trovare nelle interazioni con Pamela, da sempre un tasto dolente per Louie. Lui vorrebbe una relazione più ufficiale e definitiva, un qualcosa da portare avanti nel futuro, ma questo desiderio non è corrisposto dalla stessa Pamela che, in À La Carte, pur concedendo delle piccole soddisfazioni a Louie, mette in chiaro senza mezzi termini che ciò che lei cerca è un rapporto aperto, non chiuso da un vincolo ufficiale che finirebbe, a suo parere, per rovinare la bellezza di ciò che c’è tra loro. Un rapporto che non solo va gustato esclusivamente nel presente senza preoccuparsi del futuro ma anche un qualcosa di non “esclusivo”, con relativa libertà di desiderare e giacere con chiunque a proprio piacimento. Una posizione al quale Louie, suo malgrado, deve piegarsi.
Nell’episodio Bobby’s House, dopo il pestaggio che Louie ha subito dalla donna, si ritorna sul tema Pamela e il rapporto prende una piega grottesca (sembra proprio che sia una parola ricorrente quando si parla di questa serie). Accade un vero e proprio riversamento dei ruoli, al quale segue un fugace momento in cui si può scorgere una specie di contorto romanticismo tra i due, che non fa però desistere Pamela dal rivelare il suo desiderio di riportare la loro relazione a una semplice amicizia dopo aver constato una volta per tutte che Louie non è soddisfatto del tipo di rapporto che hanno (malgrado lui stesso voglia convincersi che sia così). In Sleepover c’è però un passo indietro di Pamela che chiama Louie e, con un po’ di riluttanza, ammette che gli manca e i due condividono un momento romantico/squallido che termina con un tentativo fallito di fare sesso via telefono. Louie è felice di questo momento avuto con Pamela ma è inconsapevole che questa si trovava nel bel mezzo di un’appuntamento. Molto cupamente, questa è anche l’ultima volta che il rapporto Louie/Pamela viene trattato in questa stagione.
Delle parole a parte si meritano due episodi in particolare. Cop Story parte con la contrapposizione tra Louie e la giovane proprietaria di un negozio che viene accusata dal protagonista di non prestare attenzione ai clienti. Una lamentela però presto smascherata dalla stessa proprietaria che svela il vero motivo dell’insoddisfazione di Louie: l’insofferenza di quest’ultimo verso i giovani, verso il nuovo che avanza che andrà a sostituire proprio le persone come lui, la paura quindi di essere ormai parte del passato. Si passa poi a parlare di Lenny, un poliziotto che è quasi diventato cognato di Louie e che apparentemente non potrebbe essere più diverso: senso dell’umorismo sgradevole e, in generale, una fastidiosità che lo contraddistingue in ogni minima interazione che ha con altre persone, Louie in particolare. In realtà però Lenny è cosciente di questi suoi difetti e non fa nulla per cambiare: un po’ la stessa cosa che si potrebbe dire per Louie, costantemente insoddisfatto della sua situazione ma sempre poco propenso a fare qualcosa per cambiarla. Louie ritrova la pistola persa da Lenny, il quale rappresenta a tutti gli effetti l’unica cosa buona che gli è rimasta nella vita, e ne segue un abbraccio tra i due che, per la regola degli happy ending, solitamente starebbe a significare che questo sarà l’episodio che lo porterà a cambiare il suo modo di fare e la sua vita. Ma nel mondo di Louie, purtroppo, non è tutto così semplice. Questo abbraccio conclude un episodio che è un’autentica perla per la stagione e per la serie in generale. L’episodio è a tratti divertente ma soprattutto drammatico e colmo di riflessioni sulla vita e su coloro che fanno poco per migliorare la propria.
Untitled invece si potrebbe descrivere semplicemente con un nome: David Lynch. È infatti evidente che si tratta di un vero e proprio omaggio al controverso genio regista che ha persino partecipato alla puntata Late Night Part 3 della terza stagione. Descrivere lo stile onirico di Lynch sarebbe impossibile quanto futile: solo chi lo conosce può capire. Al tempo stesso, conoscendolo, si dovrebbe sapere che le sue sequenze, per quanto possano apparire casuali e prive di scopo a chi fruisce dei suoi lavori per la prima volta, non sono mai tali e anzi spesso e volentieri nascondono vari significati nascosti; lo stesso si potrebbe di Louie. Il timore di non comprendere più le figlie, il timore di possibili esperienze e influenze che potrebbero pregiudicare il loro futuro, la paura di non riuscire più ad essere apprezzato mentre fa una delle poche cose che portano un pizzico di gioia nella sua vita (cioè il comico), la consapevolezza di non essere incline ad aiutarsi per migliorare la propria condizione di vita e così via. Insomma, la classica puntata che, a seconda dei gusti, può essere considerata un autentico successo o un sonoro fallimento.
Si arriva quindi al finale in due parti The Road. Nella prima parte c’è una maggior concentrazione verso l’umorismo grottesco, nella seconda la cupezza prende il sopravvento. Rientrano infatti nel parametro comico di Louie momenti quali l’autista fin troppo socievole e quasi irritante, le sistemazioni pessime in motel di ultima scelta, la bambina che perde la madre e che poi causa a Louie la perdita del suo bagaglio. Non manca comunque una certa dose di cupezza che quasi sfocia nella depressione nel quale ormai riversa il personaggio: quando questi rifiuta ogni sorta di rapporto sociale col suo autista, mette in chiaro i suoi confini; si mostra chiuso, quasi misantropo, ne ha abbastanza di questo mondo che ormai gli dà quasi solo infelicità e di rado gioia. In The Road part 2 questi aspetti vengono decisamente accentuati e l’umorismo deve farsi da parte. Non mancano anche riflessioni che prescindono dal personaggio di Louie, quali la superficialità che contraddistingue i teenager di oggi, la gioia che delle piccole bugie innocenti possono dare ma a prevalere è sempre il lato introverso di Louie, che in questa puntata si mostra in modo diretto col conflitto che ha con Kenny, il comico col quale condivide l’appartamento. Louie e Kenny in teoria fanno una vita simile: entrambi sono comici e hanno superato i loro anni migliori, entrambi hanno più figlie (o almeno così dice Kenny) ma il modo col quale si approcciano alla vita è totalmente diverso. Kenny vuole ancora divertirsi, beve di mattina, sta in compagnia di ragazze decisamente più giovani di lui e trova esilaranti le battute sulle scorregge. È proprio questo il nocciolo della questione: Kenny confronta Louie riguardo il modo col quale si approccia a lui e al resto del mondo, la sua totale chiusura verso chiunque e qualunque cosa non faccia parte della sua sfera emotiva definendolo, infine, “stronzo”. Louie inizialmente si difende mettendo in discussione le sue dubbie abilità da comico ma poco dopo crolla e rivela in modo chiaro il totale disagio che prova verso la vita e, ora, anche verso l’arte della comicità, svelando anche che trova le battute sulle scorregge molto divertenti. Segue l’umorismo nero di Louie: dopo che i due si sono ubriacati, Kenny cerca di defecare sul water in cui Louie sta vomitando ma cade di testa e muore. La piccola gioia di raccontare una bugia a sua figlia e uno sguardo alla strada che fa da titolo a questi due episodi non cancella però la depressione dilagante e il dissociarsi verso il mondo e le altre persone che contraddistinguono ormai la serie e il personaggio di Louie.
Una stagione quindi meno consistente e decisamente meno coesa delle ultime ma non per questo meno valida a livello di contenuti. Louis C.K. è un artista della comicità ma anno dopo anno si conferma anche un’artista nel raccontare delle storie che esulano dal suo campo di professione. Si spera che potremo ammirarlo fare entrambe le cose ancora per molto, molto tempo.
attitude
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