Ascolti

TV verità, TV spazzatura

Un recente articolo uscito su Variety ha scatenato qualche polemica in merito alla rilevanza dei reality sulla tv americana, dal mero punto di vista dei rating. In breve si sostiene che, sebbene i palinsesti si reggano ancora pesantemente su questo tipo di format, di fatto i rating si stanno deteriorando a favore delle serie tv, i cui risultati sono decisamente più incoraggianti.

Prendendo, a.e., il target 19-49 (che secondo il CEO di Fox “è l’unico che ci interessa”) fra le migliori venti premiere dell’anno l’unica ad essere un reality show è Dancing With The Stars, che pure ha fatto molto peggio rispetto all’anno scorso. Secondo l’articolo, parte del problema è che i palinsesti delle tv, pur contando “pochi” reality, di fatto assicurano loro larghe fette della propria programmazione (nel caso della ABC si parla del 23% per DWTS!). Di conseguenza, pur con gli ottimi risultati di matricole come Cougartown, Modern Family e FlashForward, ABC si trova complessivamente indietro rispetto all’anno scorso, proprio a causa del calo del suo reality di punta. Che pare fisiologico: lo stesso era accaduto, qualche anno fa, ad American Idol, vera e propria miniera d’oro per la Fox prima dell’inevitabile collasso per anzianità; e forse parte del problema è proprio un mancato ricambio generazionale per questo tipo di prodotti (oltreoceano, si pensi, Real World è alla 23° stagione, Survivor alla ventesima, il BigBrother l’hanno spostato in estate giusto per non cancellarlo, e l’elenco continua) che dopo lo “smash!” delle prime stagioni, spesso vanno incontro a una violenta caduta verticale, e vivacchiano di rendita per qualche altra stagione, lasciando i capoccia delle televisioni ad affannarsi per riempire il palinsesto improvvisamente vuoto.

D’altra parte, la maggior parte delle emittenti preferisce i prodotti scripted (cioè le serie, a copione “prefissato”) a quelli unscripted (cioè i reality show tipo GF e la tv verità tipo Cops) perché in genere costano meno (JJ Abrams escluso) e, almeno in autunno, assicurano maggiore fedeltà; in particolare le commedie sono apprezzate, perché si prestano bene alla reiterazione stagionale, e fruttano molto attraverso i contratti di syndacation (cioè la vendita, dopo la trasmissione della prima visione, del prodotto ad altre emittenti, generalmente via cavo).

Eppure è troppo presto per suonare la marcia funebre della tv spazz… dei reality. Innanzi tutto perché il processo di invecchiamento dei prodotti televisivi sembra colpire anche le serie. “CSI sta scendendo, Desperate sta scendendo” mugugna un anonimo esecutivo (epperforza, mi togli Gil Grissom, cosa ti aspettavi, un boom di ascolti?!). A parte NCIS e The Big Bang Theory, argomenta, tutte le serie tv stanno facendo meno della passata stagione.

Forse un po’ esagerato, ma c’è del vero. Diverse reclute stanno mostrando risultati incoraggianti, ma ci vorrà del tempo prima che crescano e non è detto che i numeri possano solo salire. Il bello dei reality, invece, è che fanno il botto fin dalla prima stagione. E assicurano una certa continuità e longevità, oltre a permettere di coprire diverse slot orarie e quindi spalmare i costi di produzione. Senza contare gli introiti accessori per la vendita di gadget e dischi, lo sfruttamento dell’immagine, i tour e i concerti, ecc…
Andate a chiedere alla Fox se preferiscono l’House di oggi o l’American Idol di qualche anno fa. E scappate prima che Murdoch vi tiri dietro un decoder Sky.

Fonti: Variety.com, tvbythenumbers.com

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