Masters of Sex

Masters of Sex. La società attraverso il sesso

Il sesso non è semplicemente una questione riproduttiva, lo sappiamo, ma non è nemmeno solo una questione di piacere: è una grammatica universale nella quale si intrecciano complesse sintassi di potere, linguaggi, ruoli, autorappresentazioni e rivendicazioni.
Tutto questo è messo in scena in modo magistrale e autoriale in Masters of Sex, una delle serie sorpresa del 2013, che sicuramente farà Masters of Sexincetta di premi nel 2014, a giudicare dalle prime nomination. Masters of Sex, prodotta da Showtime e creata da Michelle Ashford, è una bel prodotto innanzitutto perché porta conoscenza e informazione e fa luce su una serie di fenomeni di cui poche persone erano a conoscenza, se non realmente interessate. Il tema è la meccanica del sesso e, soprattutto, la consapevolezza che di essa si aveva solo 56 anni fa in un paese considerato il pioniere dell’emendamento, della novità e del progressismo, gli States. Sì, sappiamo che gli States sono anche la terra delle grandi contraddizioni, evidenziate dal contrasto nord/sud, metropoli/periferie, dove si scontrano visioni emancipate della vita con visioni conservatrici e spesso retrograde (politica dell’aborto, matrimoni gay, ambientalismo, ecc.); ma ammetto che, almeno per me, è stato abbastanza sorprendente constatare a che livello di ignoranza poltrisse gran parte della gente americana nel 1957, persino in ambito scientifico e universitario.

Ulisse in Masters of SexInsomma, è proprio grazie a William Masters e a Virginia Johnson se oggi sappiamo che esistono quattro fasi dell’atto sessuale (eccitamento, plateau, orgasmo e risoluzione), che le donne fingono (e non perché sono frigide, ma probabilmente perché non sono appagate a sufficienza dai propri partner), che le donne provano piacere intensamente tanto quanto gli uomini (se non di più) e, per giunta, in modi diversi e combinati e che quindi, ancora una volta, le donne possono raggiungere l’orgasmo in modo autonomo, facendo benissimo a meno della figura maschile (scandalo!). In breve, ammettiamolo, c’è tanta gente ancora oggi che sconosce questi argomenti o che preferisce non affrontarli in nome di una fantomatica decenza.

La cosa fenomenale di questa serie è che essa ci racconta non solo la scoperta della legittimità del piacere femminile, ma soprattutto l’importanza che questa ebbe per le donne stesse che, in un certo qual modo, cominciarono ad “uscire allo scoperto”, potendo dichiarare prima di tutto a se stesse che il piacere del sesso, l’eccitazione, il godimento, erano qualcosa che meritavano. La ricerca diffuse i suoi effetti ben al di là della comunità scientifica, scardinò ruoli sociali, paradigmi e stereotipi che avevano sempre posto al centro dell’universo sociale e familiare l’essere maschile e la sua potenza patriarcale.

master of sex posterLe ricerche di Masters e Johnson prepararono il terreno all’apertura mentale degli anni ’60 e ai movimenti femministi degli anni ’70. Quando Masters e Johnson iniziarono le proprie ricerche, nel segreto della stanza numero 5 della Washington University, a St. Louis, Missouri, in ambito di sessuologia era ancora comunemente accettata la teoria di Freud secondo cui l’orgasmo clitorideo sarebbe stato peculiare delle adolescenti, mentre si sarebbe poi trasformato in orgasmo vaginale nell’età adulta, quindi estremamente dipendente dalla penetrazione maschile. Nemmeno a dirlo, una teoria fortemente maschilista che incolpava le donne per la propria insoddisfazione sessuale. Quello che invece i due ricercatori gridarono, prima alla comunità scientifica e poi al mondo intero, fu che le donne avevano orgasmi multipli, vaginali e anche clitoridei, che la gente anziana faceva sesso, e pure selvaggiamente, e molto altro ancora. Sostanzialmente, quindi, non aprirono le porte a un nuovo mondo, ma semplicemente ne portarono alla luce uno vecchio e da sempre nascosto. E quanto consegue da tutto ciò è potere, come sempre succede con la diffusione dell’informazione e della conoscenza. Un potere che, ovviamente, scatena timori, reazioni, opposizioni, soprattutto nella comunità maschile detentrice di un sapere dato per scontato e considerato unico e inconfutabile, anche se e quando si parli di donne. Quello che Masters fa, invece, è interpellare proprio il suo oggetto di studio, una donna. Una donna promotrice dell’emendazione delle donne, sfacciata, sicura di sé e consapevole di ogni centimetro del proprio corpo, così come delle sue reazioni.

La determinazione di Johnson unita alla meticolosità, mista a freddezza analitica, di Masters, fa di questa serie un puzzle di elementi storici, informativi e psicologici.

Masters and Johnson(Da qui in poi SPOILER) Durante la serie emergono (non privi di ambiguità come siamo già abituati con Mad Men) tratti psicologici provenienti dal background di ognuno dei personaggi. Ed è così che cominciamo a carpire qualche segreto sugli abusi subiti da Bill ad opera del padre durante la sua infanzia. Abusi che gli provocano il ritorno di un sonnambulismo nei momenti di maggiore stress, ossia durante la gravidanza della moglie Libby, che reclama il suo senso di responsabilità tanto impeccabile sul lavoro quanto fallimentare in famiglia. Appare gradualmente evidente che Masters, interpretato da un ottimo Michael Sheen, è un uomo in fuga da un passato che lo tormenta quotidianamente e che cerca di reprimere con tutte le sue for, ma che torna prepotentemente a galla sotto forma di mille tratti: freddezza, apparente distacco emotivo, ossessività sul lavoro, noncuranza nelle relazioni, egocentrismo, narcisismo, boria (vi ricorda qualcuno di nome Don Draper?). Johnson, interpretata da Lizzy Caplan, è invece donna, e già per questo parte svantaggiata e con una irreprimibile voglia di mettere a frutto le proprie capacità, di migliorarsi, di aiutare soprattutto altre donne come lei ad alzare la testa e a capire che là fuori c’è posto anche per loro, non solo dietro ai fornelli o alle lavatrici, ma dietro scrivanie, in sale operatorie, in conferenze.

Dai due profili narrativi dei protagonisti si dipanano, poi, diversi filoni socio-narrativi che probabilmente troveranno approfondimento nella prossima stagione, come ad esempio l’omosessualità nel suo indissolubile connubio con il senso di colpa (di origine sia familiare che sociale). Il rettore dell’università, Barton Scully, è sposato da numerosi lustri con Margaret, la quale a una ragguardevole età non conosce l’orgasmo e non si spiega perché suo marito non faccia sesso con lei sin dal concepimento della loro figlia ormai maggiorenne. Vedremo Scully pensare di sottoporsi a sedute di elettroshock per superare il “problema” e diventare “normale”, cioè desiderare le donne. Tra gli altri filoni troviamo anche il tema dell’infedeltà maschile perpetrata nei confronti delle donne come prassi addirittura lodevole. Ci troviamo di fronte a matrimoni combinati, insoddisfazioni coniugali, confusioni e tante, troppe recriminazioni.

Masters of Sex castIn questo, Masters of Sex si rifà molto a Mad Men, pietra miliare delle serie televisive ambientate nel passato e che ha fatto dell’introspezione psicologica il proprio must. Ritroviamo la stessa narrazione distesa e mai sincopata o accelerata. La serie si prende il tempo che le serve per mettere in evidenza ogni singolo dettaglio, ogni sguardo di un solo secondo che possa svelare un universo. I dialoghi sono anch’essi pregnanti e ricchi di sfumature, forse non ancora al livello di Mad Men dove i dialoghi e le ambiguità annesse sono piccole opere letterarie, ma siamo sulla buona strada.

Come in Mad Men, quello che salta all’occhio immediatamente è che Masters of Sex è un capolavoro in cui è del tutto assente l’eroe americano che salverà il mondo. E se è per questo, non abbiamo nemmeno l’anti-eroe, figura che ha fatto il successo (meritatissimo) di Breaking Bad e (molto meno meritato) di Dexter. In Masters of Sex troviamo le persone e i loro travagli intimi, nel bel mezzo di uno scombussolamento sociale che sfocerà nelle svolte epocali dei venti anni successivi. La narrazione risulta avvincente senza auto che saltino in aria, senza emergenze planetarie o imminenti attacchi terroristici. Tutto merito di una Lizzy Caplan formidabile e spumeggiante, in grado di irradiare della propria luce l’intero show e di portarlo e vette narrative veramente meritevoli. Merito, a dir la verità, di tutto il cast davvero eccezionale. Non si trova un solo attore deprecabile, come spesso invece avviene in serie TV ben fatte e che vengono macchiate, se non affossate, da performance scadenti.

Real Masters and Johnson(Attenzione: SPOILER sui prossimi sviluppi) La serie è tratta dalla biografia di Thomas MaierMasters of Sex: The Life and Times of William Masters and Virginia Johnson”; tuttavia, ovviamente, nella serie ricorrono elementi “romanzati” necessari allo sviluppo della trama stessa. In effetti la vera storia dei due ricercatori fu diversa, a partire dagli esperimenti durante i quali i soggetti indossavano delle buste di carta in testa, per finire con la vera relazione sentimentale intercorsa tra i due. È vero, infatti, che essi stessi presero parte agli esperimenti sessuali come coppia, innescando un coinvolgimento che fu ben altro che professionale, ma è pur vero che non fu tutto rose e fiori e che Johnson, nonostante abbia poi sposato Masters, dichiarò di non averlo mai veramente amato, ma di aver sempre amato il fatto di essere sposata. I due, infatti, si sposarono nel ’71, ma divorziarono poi nel ’92, quando Masters chiese il divorzio a Johnson proprio alla vigilia di Natale, perché innamoratosi di una vecchia fiamma con cui poi rimase sposato fino alla sua morte avvenuta nel 2001. La stessa Johnson, inoltre, non visse un’esperienza professionale tanto fluida e senza ostacoli, ed il fatto che fosse una donna la penalizzò non poco durante la sua vita. Subì rigorosi giudizi morali dai suoi contemporanei e pagò salati costi sociali per le ricerche che portò avanti. Insomma, erano pionieri e di sicuro una donna che sapesse quello che voleva non era così ben accetta come lo sarebbe stata nella post-rivoluzione sessuale. Morta quest’anno, 2013, all’età di 88 anni, Johnson confidò al proprio biografo di portare in serbo svariati rimpianti, primo fra tutti quello di aver trascurato i propri figli. Per non parlare dell’ambiguità che aleggia sopra il coinvolgimento sessuale che ebbe con Masters, circa il quale, con le moderne leggi sulle molestie sessuali in ambito lavorativo, ci sarebbero stati non pochi problemi. Ciò che traspare dalla biografia, soprattutto, è un generale pentimento di Johnson per il suo coinvolgimento con Masters.

Ma quella è la storia vera. Tornando alla nostra serie, non si può che dare un voto complessivamente ottimo per la recitazione, la scrittura, il ritmo e la fotografia dell’intera narrazione. Come già detto, è una serie che ha imparato molto da Mad Men, ma possiamo senza dubbio dire che è un’ottima allieva.

E voi cosa ne pensate?

Fonti: The New Yorker (1) e (2); Time (1) e (2)

Valeria Susini

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Lola23

Lunatica, incasinata, perennemente indecisa, una ne faccio e mille ne penso. Quattro elementi chiave della mia vita: Famiglia, Mare, Etna, Scrittura. Le serie TV sono il Quinto Elemento, una vera e propria dipendenza, meglio farsene una ragione. Le mie preferite? Non chiedetemelo! Vabbè, ve ne dico 3: Six Feet Under, The Wire, Treme... Mad Men! Ah sono 4... Ve l'ho già detto che non so decidere?
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