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True Detective: l’importanza di chiamarsi Errol Childress

Intervista all’attore interprete di uno dei villain più riusciti degli ultimi tempi, nella serie TV True Detective.

Una serie TV in cui i protagonisti non sono soltanto buoni e gli antagonisti soltanto cattivi. Non sono solo quello, almeno. In True Detective abbiamo scoperto un mondo reale in cui le cose non sono, per forza di cose, nè sempre bianche nè sempre nere, ma sono invece lo yin e lo yang nella loro complessità. I protagonisti, in questo caso, sono servitori della legge con una vita complicata, una mente complicata e dalle questioni personali spesso spinose. Di sicuro non sono mai solo buoni o solo cattivi. Nella stessa maniera, anche il villain di questa stagione non è categorizzabile facilmente. Che sia uno psicopatico assassino, questo è certo, ma le parole di chi lo conosce molto meglio di tutti ci fanno capire quanto fragile sia la psicologia di un uomo disturbato e che in fondo, molto in fondo, certe cose derivano da un passato che non si è chiesto. Nella pazzia di un assassino come Errol c’è una sorta di innocenza e ingenuità, legata indissolubilmente alla lucidità e alla consapevolezza pur sempre parziale delle sue azioni.

Glenn Fleshler si racconta a Vulture, parlando del suo ruolo della serie TV HBO True Detective e di come ci si senta ad essere associato a Errol nella realtà di tutti i giorni. Per i più, era un attore pressoché sconosciuto o poco conosciuto per aver recitato già in Boardwalk Empire nei panni di George Remus. Da un giorno all’altro si ritrova ad essere uno degli psicopatici più terrificanti della TV e a ricevere sguardi particolari ogni qual volta porta il figlio al parco giochi. Perché se è vero che un attore protagonista, l’eroe di turno o il maledetto col cuore buono e il suo compagno sono celebrati e riconosciuti ovunque, spesso capita che l’attore che interpreta il villain di turno sia temuto e visto con un occhio diverso, pur sapendo razionalmente che quello è solo un personaggio fittizio. Se avete amato questa stagione, dovete leggere quest’intervista nell’ottica di un attore che parla del suo personaggio in una maniera talmente profonda da renderlo quasi reale. Le sofferenze, la follia e la crudeltà sono le cose che più hanno influenzato Glenn Fleshler e che fanno davvero riflettere su come un attore si prepari ad interpretare un ruolo così forte, complesso e disturbato. Senza altri indugi, ecco l’intervista. Buona lettura!

Raccontaci come ci si sente a svegliarsi una mattina ed essere il cattivo più cattivo della TV.

Semplicemente una giornata come tante nella vita di Glenn Fleshler. Ho recitato tante volte la parte del cattivo. Spesso mi è stato detto che ho l’aria spaventosa, ma in realtà sono un uomo come tanti che pensa a portare i propri figli al parco giochi. Per un periodo piuttosto lungo è stato frustrante perché non potevo parlare con nessuno di questo ruolo mentre, nelle ultime settimane, ho ricevuto messaggi e email piuttosto particolari.

Hai ricevuto subito tutti i copioni della serie?

Non subito, no. Continuavo a tornare dal ragazzo che se ne occupa e gli chiedevo di darmi il copione cinque e il sette e così via perché, in fondo, ogni evento si rifletteva sulla psicologia del mio personaggio. Credo di aver letto i copioni dell’intera stagione almeno due volte e ho sempre intuito che fosse uno show eccezionale per quanto spesso, in serie TV di questo tipo, non si possa mai intuirne la sorte.

Sapevi di dover recitare la parte del cattivo sin da subito? In che modo sei entrato nel personaggio di Errol?

Sì, già dal momento dell’audizione. Da settembre 2012 ho passato un anno e mezzo a pensare a questo personaggio, rileggendo il copione e cercando tutte le informazioni che potessero servirmi. Nic [Pizzolatto] ai tempi non mi aveva detto molto riguardo al Re Giallo e a Carcosa, così ho iniziato a googlare ogni cosa, trovando ogni sorta di video-game sull’argomento. Ero completamente all’oscuro di tutto, ma lui mi disse di non preoccuparmi. [Nic] mi ha detto una cosa davvero utile, in seguito: la mia [di Errol] mente è come una spaventosa casa degli specchi, un labirinto di orrori risultato di decenni di abusi. Da lì, ho iniziato a preoccuparmi un po’ meno della storia in toto e mi sono concentrato sui singoli momenti, per farli diventare più personali possibile. Mi ricordo di aver passato notti intere sveglio a pensare a questo tizio, mentre mia moglie e mio figlio dormivano serenamente, e io tornavo a letto il lacrime pensando alle sofferenze e agli orrori nella visione d’insieme.

Ho poi passato del tempo a pensare ai dettagli, vedere film menzionati nello script e anche Andy Griffith Show. Il tutto è servito per perfezionare la mia interpretazione. In più, Cary Fukunaga [direttore della serie, NdR] era preoccupato che venisse interpretato come un attore “classico” farebbe, una sorta di imitazione del personaggio. Essendo stato io stesso un’imitatore, ne so qualcosa e lo è anche Errol, in qualche modo: un ragazzino con problemi ad esprimersi, nato da consanguinei e turbato da abusi sin dalla tenera età. Un ragazzone che probabilmente ha passato la vita a vedere e rivedere vecchie videocassette anni ’50-’60, un rifugio personale e inaccessibile che lo ha tenuto incollato in un’altra epoca. Inoltre, nel copione originale vi era menzione di “palatoschisi” [una malformazione del palato che crea difficoltà nel linguaggio].

Errol è più uno psicopatico raffinato o un bambinone efferato e spietato?

Credo sia un mix di entrambi. È un elemento chiaramente instabile mentalmente, danneggiato, ma capace di entrare in contatto con miti differenti. Nello stesso tempo è un uomo adulto, segnato da abusi sessuali e ritualistici. A costo di sembrare McConaughey, la sua mente è un labirinto complesso e complicato. La sua vita, il re Giallo e così via. È pazzesco.

Dalle tue parole, sembri provare compassione per lui.

Beh, è parte del lavoro. Mi sono dovuto immedesimare in lui e non posso giudicarlo. Insieme ad Ann Dowd abbiamo scovato una particolare intesa tra questi due fratelli che vivono insieme in un epoca diversa da tutto il mondo, in una casa immersa nel marciume. Due fratelli cresciuti, lasciati da soli a guardare vecchi film e a condurre una vita perversa. Non è stato Errol a creare tutto questo e si capisce quando, alla fine del settimo episodio, dice: “La mia famiglia e’ qui da molto, molto tempo.”, ad indicare un ciclo infinito di violenza. Non voglio dire che sia puramente una vittima degli eventi, ma sicuramente è il prodotto di quel ciclo infinito. Dalle cicatrici sul suo viso capiamo che non ha avuto una vita facile, il che non giustifica le sue azioni, ma le rende comprensibili così come, ad esempio, i suoi cambiamenti repentini da un personaggio all’altro o il suo nascondersi in piena vista. La sua mente è capace di ragionare, ma in una maniera completamente atipica.

È stato difficile girare la scena di preliminari tra te e tua “sorella”? O vi siete affidati alle idee del regista?

In questi casi, è sempre un po’ un salto nel vuoto perché non avevamo molte indicazioni esatte sul come girarla e si è evoluta in corso d’opera. Io e Ann Dowd avevamo un idea e il tutto è il risultato del nostro personale contributo alla natura dei personaggi. Cary [Fukunaga] disse: ” Non me l’aspettavo”, colpito positivamente da quello che Nic aveva scritto e dalla nostra interpretazione. So che a Nic non interessavano molto i serial killer, ma ha comunque preso queste scene molto seriamente; mi ricordo di averlo visto spesso rileggere gli ultimi due episodi, talmente sconvolto da questi due personaggi da dover entrare a fondo nella loro psicologia. Perciò, penso che alla fine siano stati contenti di come abbiamo contribuito a rendere la scena.

Errol e sua sorella sembrano amarsi davvero.

Forse sì, ma è davvero molto complicato. Lei è sopravvissuta con lui in quella casa per così tanto tempo. In un modo o nell’altro, il loro rapporto ha funzionato fino ad allora e, per quanto anormale sia la loro vita, sono sopravvissuti insieme alle follie della loro famiglia.

Dunque, sei contento di aver ottenuto la parte di Errol?

Assolutamente sì. Sono contento che le persone siano affascinate dallo show perché è un prodotto talmente rivoluzionario che sono orgoglioso di averne fatto parte. In un certo senso e sotto molti punti di vista, tutto il lavoro che ho fatto in 25 anni di carriera mi ha portato ad interpretare questo ruolo e a questo show. Ne vado fiero e sono contento che ora sia completo e visibile, nello stesso tempo sono felice di poter andare avanti e lavorare su altri personaggi in futuro.

A distanza di un po’ di tempo dal season finale, metabolizzati gli eventi di questa serie e ragionato sulla complessità dei temi trattati cosa ne pensate di True Detective e di Errol? Siete contenti del finale o vi aspettavate altro? Se doveste continuare voi la storia, come proseguireste? Fatecelo sapere nei commenti. All prossima!

Fonte: vulture.com

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Edel Jungfrau

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Traduttrice/dialoghista per professione, blogger appassionata di makeup e serie TV. Più di ogni cosa, preferisco le serie drammatiche e i period drama: più sono cruente e sconvolgenti e più mi piacciono, ma datemi un manzo vichingo con la barba e farete di me una bimba felice. Blogger dal 2012, spietata correttorA di bozze dal 2014 e traduttrice dal 2015, amo Italiansubs come una seconda famiglia e odio in maniera viscerale la parola "disturbante". Non esiste, deal with it.
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